Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28922 del 17/05/2016


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 28922 Anno 2016
Presidente: NOVIK ADET TONI
Relatore: BONI MONICA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
MOTTA RENATO N. IL 07/04/1960
avverso l’ordinanza n. 4383/2015 TRIB. SORVEGLIANZA di ROMA,
del 21/07/2015
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MONICA BONI;

Data Udienza: 17/05/2016

Ritenuto in fatto
1.11 Tribunale di sorveglianza di Roma con ordinanza in data 21/7/2015
rigettava il reclamo, proposto dal condannato Renato Motta avverso il
provvedimento del Magistrato di sorveglianza di Roma dell’1/6/2015 di rigetto
della sua istanza di concessione del beneficio della liberazione anticipata,
riscontrando la non corretta condotta tenuta dal condannato nel periodo
successivo alla revoca della custodia cautelare e la trasgressione del divieto di

pena detentiva, l’inoltro di messaggi insistenti e minacciosi. Tali condotte venivano
stimate come indicative della mancata adesione all’opera rieducativa e
dell’assoluta insensibilità alla carcerazione subita, quindi rilevanti anche se
compiute in epoca successiva ai semestri per i quali il beneficio era stattrichiesto.
2. Avverso detta ordinanza propone ricorso per cassazione l’interessato a
mezzo del suo difensore per dedurre i vizi di inosservanza della legge penale e
violazione dell’art. 54 della legge n. 354 del 1975, nonché di omessa e
contraddittoria motivazione, in quanto il Tribunale non ha condotto una
valutazione della condotta tenuta dal richiedente riguardante i singoli semestri,
ma globale, ha errato nel ritenere sussistenti plurime violazioni di una misura che
non gli imponeva il divieto di contattare i familiari, mentre aveva inviato i
messaggi incriminati perché sentitosi abbandonato dalla figlia e nel tentativo di
ricucire i loro rapporti e ricomporre l’unione familiare, nonché per rientrare
nell’abitazione familiare e non essere costretto a vivere con i genitori.
Inoltre, la motivazione dell’ordinanza è contraddittoria perché non illustra quale
legame sussista tra i messaggi telefonici inviati e le condotte per le quali è stato
giudicato responsabile e non tiene conto dell’insegnamento della giurisprudenza di
legittimità, che impone di valutare eventuali condotte criminose e la loro gravità al
fine di verificare i presupposti di concessione della liberazione anticipata.

Considerato in diritto.
Il ricorso è inammissibile perché basato su motivi non consentiti nel giudizio di
legittimità.
1.E’ noto che la norma di cui all’art. 54 della L. n. 354 del 1975 postula quale
requisito per l’accesso alla liberazione anticipata la dimostrazione della
partecipazione del condannato all’opera di rieducazione e la sua concessione,
concreto riconoscimento di tale partecipazione, è finalizzata ad agevolare il suo
reinserimento nel contesto sociale. La valutazione della sussistenza di tale
presupposto deve avvenire secondo i criteri dettati dalla disposizione di cui all’art.

1

contattare le vittime del delitto di maltrattamenti, per il quale stava espiando

103 del regolamento di esecuzione, comma 2, introdotto con D.P.R. 30 giugno
2000, n. 230, ossia in riferimento al duplice profilo dell’impegno dimostrato dal
detenuto “nel trarre profitto delle opportunità offertegli nel corso del trattamento e
al mantenimento di corretti e costruttivi rapporti con gli operatori, con i compagni,
con la famiglia e la comunità esterna”. In tal modo si è richiesta la conduzione sul
piano oggettivo di un’indagine sul comportamento esternato dal detenuto in
riferimento, sia all’adesione all’opera rieducativa, sia alla natura ed alle modalità di

istituzionali e dagli altri detenuti e col mondo esterno, rappresentato dai familiari o
da altre relazioni significative.
Sotto il primo aspetto viene in rilievo l’impegno in concreto dimostrato dal
detenuto nell’accogliere le proposte di attività trattamentali senza sia richiesto che
le finalità rieducative siano già state conseguite con il completamento dell’opera di
risocializzazione (Cass. sez. 1, n. 12746 del 7/3/2012 rv. 252355, Rumieri): la
lezione interpretativa offerta sul punto da questa Corte ha già indicato che in
assenza di attività trattamentali, perché non offerte dall’istituto penitenziario, debba
essere considerato ogni altro elemento comportamentale, dal quale poter desumere
una revisione critica da parte del detenuto delle passate condotte e l’evoluzione
della sua personalità con l’abbandono di logiche e scelte di vita devianti (Cass. sez.
1, n. 2304 del 9/4/1996, rv. 204923, Ronch; sez. 1, n. 6204 del 12/11/1999, rv.
214832, Gstein; sez. 1, n. 17229 del 27/2/2001, rv. 218745, PG in proc. Fidanzati).
Inoltre, anche per la concessione della liberazione anticipata, come per gli altri
benefici di cui al capo 6° della L. 26 luglio 1975, n. 354, l’apprezzamento giudiziale
resta discrezionale, ma da giustificare in modo specifico, circa i presupposti richiesti
dall’ordinamento e le considerazioni in termini di opportunità dell’adozione del
provvedimento in merito all’esistenza di un serio processo, già avviato, anche se
non ultimato, di allontanamento da condotte delinquenziali e di recupero alla
socializzazione, in modo da far escludere a livello prognostico un’eventuale
reiterazione di fatti illeciti.
2. L’ordinanza impugnata ha fatto corretta applicazione dei superiori principi e
con motivazione incensurabile nella presente sede di legittimità, siccome
rispondente ai canoni della logicità, della non contraddizione ed aderente alle
risultanze probatorie acquisite, ha specificamente rilevato come il ricorrente avesse
tenuto un comportamento inframurario corretto formalmente, ma appena uscito dal
circuito penitenziario aveva compiuto plurimi tentativi di contattare l’ex moglie e la
figlia con messaggi telefonici insistenti e larvatamente minatori sino ad avere
esplicitato in un caso minacce di morte in danno dei figli della prima, essersi
avvicinato alla figlia nei pressi dell’Università in altra occasione ed avere
prospettato il possesso di un’arma quando gli era stato fatto presente il divieto di
2

mantenimento dei rapporti con l’ambiente carcerario, composto da figure

rientrare nell’abitazione, comportamenti per i quali aveva subito l’aggravamento
della misura coercitiva applicatagli col divieto di avvicinarsi alle persone offese e di
comunicare con le stesse. Il percorso argomentativo che sorregge la decisione
impugnata si è avvalso di precisi dati di fatto ed è dunque immune dai vizi
denunciati, essendo rispettoso del dettato normativo e dei principi di diritto
elaborati da questa Corte circa la corretta e giustificata valorizzazione di condotte
petulanti, intrusive e moleste, se non criminose, considerate in concreto e nella loro

n. 3829 del 23/9/1994, rv. 199460, Di Mari).
2.1 Inoltre, l’ordinanza impugnata dà conto in modo efficace ed insuscettibile
di diversa considerazione delle ragioni per le quali si è condotta la valutazione
complessiva del comportamento tenuto dal Motta non confinata ai soli semestri
indicati nella richiesta sicchè la conclusione raggiunta risulta ampiamente e
logicamente giustificata. Per contro, l’impugnazione prospetta una diversa e
riduttiva ricostruzione degli atteggiamenti assunti dal ricorrente, di cui si tenta di
prospettare la liceità o la riconduzione a giustificazioni che questa Corte non può
apprezzare perché attinenti a profili di merito, preclusi al proprio giudizio.
Il ricorso va dunque dichiarato inammissibile con la conseguente condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in ragione dei profili di colpa
insiti nella proposizione di impugnazione di tale tenore, della somma che si stima
equa di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali ed al versamento della somma di 1.000,00 euro alla Cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, il 17 maggio 2016.

effettiva gravità (Cass. sez. 1, n. 17427 dell’1/2/2011, rv. 250311, Palazzo; sez. 1,

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