Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 2888 del 19/12/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 2888 Anno 2014
Presidente: GENTILE MARIO
Relatore: PEZZELLA VINCENZO

SENTENZA

sul ricorso proposto da Macrì Giuseppe n. a Crotone il 04/03/1953;

avverso la ordinanza del Tribunale del riesame di Catanzaro in data 23/05/2013;
visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Gastone Andreazza;
udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale F. Salzano, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

RITENUTO IN FATTO

1. Il Tribunale di Catanzaro, in sede di giudizio di rinvio da annullamento della
Corte di cassazione, ha rigettato l’appello cautelare proposto avverso l’ordinanza
del 13/07/2012 con cui era stata rigettata l’istanza volta ad ottenere la
dichiarazione di inefficacia della custodia cautelare in carcere per decorso dei
termini di cui all’art. 303, commi 1, lett. c), e 2 e dell’art. 304, comma 6, c.p.p.
Il Tribunale, richiamando il principio dettato dalla Corte nella sentenza di
annullamento secondo cui in caso di formazione del giudicato sulla responsabilità
dell’imputato deve ritenersi applicabile, ai fini della determinazione dei termini

Data Udienza: 19/12/2013

massimi di durata, non già la disciplina dei cosiddetti termini di fase, bensì, ai
sensi dell’art. 603, comma 1, lett. d), seconda parte, c.p.p., quella relativa ai
termini complessivi di cui all’art. 303, comma 4, c.p.p., ha rilevato ictu °cui/ la
mancata decorrenza dei termini massimi di custodia cautelare patita
dall’imputato.

sostiene che il termine nella specie applicabile, da raddoppiare per gli effetti
dell’art.304, comma 6 c.p.p., sarebbe quello, previsto dall’art.303, comma 1,
lett. c) n.2, c.p.p., di anni uno con conseguente intervenuta cessazione di
efficacia della misura essendo trascorsi oltre due anni dalla sentenza di condanna
in primo grado.
Con un secondo motivo contesta inoltre che l’ordinanza impugnata, di ripristino
della misura della custodia cautelare, potesse avere immediata efficacia
esecutiva, come invece dichiarato dal Tribunale.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3.

Il primo motivo è manifestamente infondato, venendo proposti assunti

contrari alla corretta interpretazione degli artt. 303 e 304 c.p.p..
Come questa Corte ha già chiarito nella sentenza di annullamento con rinvio del
29/02/2013, il termine applicabile nella specie è quello, in relazione alla pena
edittale prevista per il reato di cui all’art.74 del d.P.R. n. 309 del 1990 sul quale
si è già formato il giudicato (avendo la sentenza di annullamento del 03/02/2012
della pronuncia della Corte d’Assise d’Appello di Catanzaro in data 06/04/2011
coinvolto unicamente il punto della esclusione o meno della circostanza
aggravante di cui all’art.7 del d. I. n. 152 del 1991), di anni sei alla stregua della
disposizione, riguardante la disciplina dei termini massimi di custodia comunque
non superabili, ex art. 304 comma 6, c.p.p., e non già, come invece sostenuto
dal Difensore, di anni due.
Infatti, è ius receptum nella giurisprudenza di questa Corte il principio per cui, a
seguito di annullamento con rinvio limitatamente alla determinazione della pena
della sentenza di appello conforme a quella pronunciata in primo grado, deve
ritenersi che sull’affermazione di responsabilità dell’imputato si sia formato il
giudicato, con la conseguenza che i termini di custodia cautelare cui deve farsi
riferimento sono, appunto, ai sensi dell’art. 303, comma 1, lett. d), c. p. p.,
quelli stabiliti per la durata massima delle misure cautelari dal quarto comma
2

2. Ha proposto ricorso l’imputato a mezzo del difensore; con un primo motivo

dello stesso articolo, e non invece quelli di fase rapportati alla pena in concreto
irrogata (tra le altre, Sez. 6, n. 4971 del 15/01/2009, Mancuso, Rv. 242915;
Sez. 4, n. 17037 del 14/02/2008, Alviano, Rv. 239609).
Ne consegue che, attesa la data di decorrenza della misura del 07/04/2008
riportata anche nella sentenza di annullamento del 29/02/2013, correttamente il
Tribunale del riesame, facendo applicazione di detti principi, nuovamente ribaditi
nella sentenza di annullamento con rinvio del 29/02/2013, non ha ritenuto

4. Il secondo motivo, anche a prescindere dalla individuazione delle conseguenze

che una non corretta attribuzione di efficacia esecutiva al provvedimento
impugnato possa determinare sulla presente decisione, è comunque infondato.
Questa Corte ha più volte affermato che l’ordinanza con la quale il tribunale del
riesame, a seguito di annullamento con rinvio disposto, su ricorso del P.M., dalla
Corte di cassazione, confermi l’originaria ordinanza di custodia cautelare che in
un primo tempo, in accoglimento della richiesta di riesame, era stata annullata
dal medesimo tribunale, è immediatamente esecutiva, e determina il ripristino
dello stato di custodia anche in caso di nuova proposizione di ricorso per
cassazione, non estendendosi, per analogia, a tale ipotesi, l’effetto sospensivo
previsto dall’art. 310, comma 3, c. p. p. ed operando invece la regola generale di
cui all’art. 588, comma 2, c.p.p., secondo cui le impugnazioni contro i
provvedimenti in materia di libertà personale non hanno effetto sospensivo (tra
le altre, da ultimo, Sez. 5, n. 39029 del 16/09/2008, Bruni, Rv. 242316; Sez.6,
n. 20479 del 12/05/2005, Laagoub, Rv. 232264; Sez.1, n. 8722 del 03/12/2003,
Malorgio ed altro, Rv. 228158; Sez. 1, n. 5163 del 21/10/1998, Nicolosi, Rv.
211890; Sez. 6 n. 1454 del , 2/04/1996, PM in proc. Mastrangelo, Rv. 205463).
Tale principio, in quanto fondato su una necessaria circoscritta interpretazione di
una norma (l’art. 310, comma 3 cit.) di valenza eccezionale rispetto al principio
generale espresso dall’art. 588, comma 2, cit., è da ritenersi preferibile rispetto
ad altro espresso da una unica pronuncia, rimasta isolata (Sez. 6, n. 2312 del
15/05/2000, P.M. in proc. Reccia, Rv. 220542), che ha valorizzato,
essenzialmente, accanto al generale principio del

favor libertatis, quello di

economia processuale, senza tuttavia considerare, appunto, il rapporto
espressamente posto dal legislatore, e sintomatico di una precisa scelta
interpretativa, tra norma eccezionale e norma generale (quest’ultima, anzi,
ispirata, in caso di impugnazioni avverso provvedimenti restrittivi, ad esigenze
evidentemente diverse dal

favor libertatis).

3

cessata la efficacia della misura stessa.

Ritiene pertanto questa Corte che anche nel caso in questione, di conferma, da
parte del Tribunale, di ordinanza di rigetto di istanza volta a sostenere la
cessazione di efficacia della custodia cautelare in carcere, e tanto più non
essendo mai stata in discussione la legittimità dell’ordinaria applicativa della
custodia in carcere quanto unicamente la questione del superamento dei termini
di legge, di detto principio debba essere fatta applicazione, così come,

5. Il rigetto del ricorso determina la condanna del ricorrente al pagamento delle
spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
La Corte dispone inoltre che copia del presente provvedimento sia trasmessa al
Direttore dell’Istituto Penitenziario competente, a norma dell’art.94, comma 1
ter, disp. att. c.p.p..
Così deciso in Roma, il 19 dicembre 2013

Il Con

liere st.

Il Presidente

correttamente, ha ritenuto l’ordinanza impugnata.

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