Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 2886 del 07/12/2012


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 2886 Anno 2013
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: AMORESANO SILVIO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
1) ESSAKET FOUZIA N. IL 20/09/1978
2) FATIHI MOHAMED N. IL 01/01/1982
avverso la sentenza n. 378/2012 GIP TRIBUNALE di VERONA, del
11/04/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. SILVIO AMORESANO;

Data Udienza: 07/12/2012

1) Con sentenza in data 11.4.2012 il GIP del Tribunale di Verona applicava, con la
diminuente del rito, la pena concordata tra le parti ex art. 444 c.p.p. di anni 2, mesi 8
di reclusione ed curo 10.000,00 di multa a Fatihi Mohanmed e di anni 1, mesi 8 di
reclusione ed euro 6.000,00 di multa a Essaket Fouzia per i reati di cui agli artt.73
bPR 309/90, 337 c.p.582-585 c.p. rispettivamente ascritti.
Ricorrono per cassazione entrambi gli imputati, con separati ricorsi ma di contenuto
identico, denunciando il vizio di motivazione in ordine alla mancata applicazione
dell’art.129 c.p.p. ed alla ritenuta congruità della pena.
2) I ricorsi sono manifestamente infondati.
2.1) Va premesso che l’applicazione della pena su richiesta delle parti è un meccanismo
processuale in virtù del quale l’imputato ed il pubblico ministero si accordano sulla
qualificazione giuridica della condotta contestata, sulla concorrenza di circostanze,
sulla comparazione delle stesse, sull’entità della pena, su eventuali benefici. ba parte
sua il giudice ha il potere-dovere di controllare l’esattezza dei menzionati aspetti
giuridici e la congruità della pena richiesta e di applicarla dopo aver accertato che non
emerga in modo evidente una della cause di non punibilità previste dall’art.129 *pio.
c.p.p. Ne consegue che, una volta ottenuta l’applicazione di una determinata pena ex
art.444 cpp, l’imputato non può rimettere in discussione profili oggettivi o soggettivi
della fattispecie perché essi sono coperti dal patteggiamento.
2.2) Quanto alla motivazione in ordine alla mancata applicazione dell’art.129 c.p.p.
questa Corte ha costantemente affermato che occorre una specifica indicazione
‘soltanto nel caso in cui dagli atti o dalle deduzioni delle parti emergano concreti
elementi circa la possibile applicazione di cause di non punibilità, dovendo invece
ritenersi sufficiente,in caso contrario, una motivazione consistente nella enunciazione
anche implicita che è stata compiuta la verifica richiesta dalla legge e che non
ricorrono le condizioni per la pronuncia di proscioglimento ex art.129 c.p.p. 0 (ex multis
sez.un.27.31992- bi Benedetto; sezun.27.9.1995 n.18-Serafino).
Il &IP ha effettuato lo necessaria verifica, evidenziando che non ricorrevano i
presupposti per applicare l’art.129 c.p.p., tenuto conto di tutte le acquisizioni
probatorie specificamente indicate.
2.3) Infine, in ordine alla pena, ha rilevato il GIP che essa, tenuto conto dell’art.27
comma 3 Cost. e dell’entità del fatto, appariva congrua.
E, secondo la giurisprudenza di questa Corte, “In mancanza di elementi
macroscopicamente rivelatori di incongruità, per eccesso o per difetto, il giudizio in
ordine alla ritenuta congruità della pena patteggiata nei limiti di cui all’art.27 comma
terzo Costituzione può dirsi adeguatamente motivato, quando il giudice si limiti ad
esplicitare la propria valutazione in tal senso, allorchè risulti dal contesto dell’ intera
decisione che, nella valutazione complessiva, egli ha tenuto presenti quegli elementi

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OSSERVA

che possono assumere rilevanza determinante, come le circostanze del reato e la
condizione personale dell’imputato” (cfr.Cass.sez.6, ord. n.549 dell’11.2.1994).
Sicché “Nella motivazione della sentenza applicativa della pena richiesta dalle parti
appare sufficiente il rilievo che detta pena, ricompresa nei limiti di legge inderogabili,
è congrua: ciò dimostra l’avvenuto controllo da parte del giudice di tale rilevante
elemento dell’accordo intervenuto tra imputato e P.M. e la valutazione favorevole
operata ai fini dell’art.27 comma terzo Cost.” (Cass.sez.1 n1878 del 28.3.1995).
3) I ricorsi debbono, quindi, essere dichiarati inammissibili, con condanna dei
ricorrenti al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad
escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento
della somma che pare congruo determinare in curo 1.500,00 ciascuno ai sensi
dell’art.616 c.p.p.
P. Q. M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese
processuali, nonché al versamento alla cassa delle ammende della somma di curo
1.500,00 ciascuno.
Così deciso in Roma il 7.12.2012

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