Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28840 del 08/04/2013


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 28840 Anno 2013
Presidente: AGRO’ ANTONIO
Relatore: DI SALVO EMANUELE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
BRUNO ROBERTO N. IL 06/11/1951
avverso l’ordinanza n. 1148/2012 TRIB. LIBERTA’ di ROMA, del
09/01/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. EMANUELE DI
SALVO;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott. 5LL L14 tt-t-A

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Uditi difensor Avv.;

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Data Udienza: 08/04/2013

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1. Bruno Roberto ricorre per cassazione avverso l’ordinanza del Tribunale del
riesame di Roma , in data
28-12-12 , che ha confermato il decreto di
sequestro preventivo ,emesso dal Gip del Tribunale di Roma il 30-11-2012,
preordinatamente alla confisca ex art 322 ter cp , di due immobili, ubicati in
Roma e in Golfo Aranci , fino alla concorrenza di euro 1.323.000 euro , in
ordine al delitto di corruzione propria . L’ipotesi accusatoria è che Ambrosio
Giuseppe , capo di gabinetto del Ministro delle Politiche Agricole , si sia
prodigato in favore del Bruno per l’aggiudicazione del bando di gara “Frutta
nelle scuole ” , per un importo di euro 1.323.000 , in cambio di una utilità
consistita in uno stage di 3 mesi presso la srl “Young e Rubicam Roma” , a
favore di De Pace Flaminia , figlia della seconda moglie di Castiglione Ezio, già
capo di gabinetto del Ministro.
2. Il ricorrente deduce, con il primo motivo , violazione dell’ad 319 cp e vizio di
motivazione poiché il Tribunale non ha tenuto conto dei rapporti amichevoli
intercorrenti tra L’Ambrosio e il Bruno, sin dal 1993; dell’assoluta estraneità
del Castiglione , per nulla conosciuto dal Bruno , e di De Pace Flaminia
all’appalto aggiudicato alla Young e Rubicam ; dei contenuti delle
conversazioni intercettate , da cui si evince che il Bruno voleva mantenere
solo per ragioni di correttezza una serie di contatti ; e infine dell’impossibilità,
per l’Ambrosio, di interferire nella gara , essendo state le buste già
presentate e non essendo egli membro della commissione aggiudicatrice. Non
si vede poi quale interesse nella vicenda potesse avere l’Ambrosio ,che si è
limitato a fare da tramite fra il Bruno e il Castiglione, per consentire alla figlia
della seconda moglie di quest’ultimo di effettuare uno stage , del valore
economico di 900 euro , del tutto irrisorio rispetto al valore dell’appalto . Si è
trattato pertanto esclusivamente di una cortesia , del tutto svincolata dalle
vicende relative alla gara d’appalto.
2.1. Con il secondo motivo, si deduce violazione dell’art 322 ter poiché il
Tribunale, pur riconoscendo che il valore dei beni sequestrati eccedeva il
profitto del reato, ha confermato il sequestro, ritenendo che, allo stato ,
non vi fossero elementi per determinare il quantum del profitto . Ciò è
illegittimo , sussistendo un principio di prova secondo cui quest’ultimo è
pari ad un decimo del valore dell’appalto e comunque di gran lunga
inferiore ad esso.
Si chiede pertanto annullamento dell’ordinanza impugnata.

RITENUTO IN FATTO

CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il secondo motivo di ricorso è fondato. Risulta dal provvedimento
impugnato che è stato disposto il sequestro preventivo ,
preordinatamente alla confisca ex art 322 ter, , di beni immobili fino
alla concorrenza di un importo pari al valore dell’appalto.
Correttamente il Tribunale afferma che il profitto assoggettabile a
può identificarsi con l’importo complessivo dell’incarico avuto in
affidamento , dovendosi necessariamente considerare , oltre alle
spese effettivamente sostenute, anche l’attività svolta a favore della
P.A. Il giudice a quo rileva inoltre l’assenza di precisi e documentati
elementi inerenti al vantaggio patrimoniale conseguito dal privato ,
al netto dei parametri appena indicati. Non trae però le dovute
conseguenze di tale architettura logica. Orbene , questa Corte ha
già avuto modo di pronunciarsi, al riguardo, nel senso che l’asserto
secondo cui la nozione di profitto, nell’ottica delineata dall’ad 322
ter cp , in presenza di un contratto di appalto ottenuto con la
corruzione di pubblici funzionari ,

si identifica con il valore del

rapporto sinallagmatico instaurato con la PA è

senz’altro

incompatibile con una corretta ermeneutica della norma in disamina
( Sez VI 29-4-2009 n. 17797, rv. n. 243319 ;Sez VI , 14-10-2009 n.
46215, rv. n. 246495 ) . A tale proposito , Sez. Un. 2-7-2008 n.
26654 ( rv. n. 239926) ha condivisibilmente stabilito , con specifico
riferimento al disposto dell’art 322 ter cp , che il profitto è da
definirsi come beneficio aggiuntivo di tipo patrimoniale
direttamente correlato al reato. E le Sezioni Unite hanno precisato
che tale nozione generale di profitto può subire un
ridimensionamento allorchè il reato si inserisca nel quadro di
un’attività non illecita ma perfettamente lecita, come quella
imprenditoriale . Infatti , nelle ipotesi in cui il comportamento
penalmente rilevante non coincida con la stipula del contratto in sé
( c.d. reato-contratto) ma vada ad incidere unicamente sulla fase di
formazione della volontà contrattuale o su quella di esecuzione ( c.d.
reato in contratto) è possibile enucleare aspetti leciti del rapporto,
ragion per cui il corrispettivo di una prestazione regolarmente

confisca- e cioè il vantaggio conseguito dal privato corruttore- non

eseguita dall’obbligato ed accettata dalla controparte, che ne trae
comunque una concreta utilitas , non può costituire una
componente del profitto del reato perché trova titolo legittimo
nella fisiologica dinamica contrattuale e non può ritenersi sine causa
o sine iure. In conclusione , la relazione sinallagmatica impone di
distinguere, sulla base di specifici e puntuali accertamenti, il
che rappresenta il profitto confiscabile , dagli introiti connessi ad
una corretta erogazione di prestazioni , comunque espletate in
favore dell’Amministrazione , pur nell’ambito di un rapporto
inquinato , nella genesi o nell’esecuzione , dall’illecito . Dunque il
profitto, nel sequestro preventivo funzionale alla confisca ex art 322
ter cp , è costituito dal vantaggio economico di diretta e immediata
derivazione causale dal reato ed è concretamente determinato al
netto dell’effettiva utilità eventualmente conseguita dal
danneggiato , nell’ambito del rapporto sinallagmatico ( Sez VI 1311-2008 n. 42300 , rv. n. 241332). Ne deriva che, nella specifica
ipotesi di contratto di fornitura di beni o di servizi in favore della
pubblica amministrazione , viziato all’origine da illiceità penale, il
privato che adempia agli obblighi contrattuali ha diritto al relativo
corrispettivo e occorre pertanto verificare attentamente , onde
evitare un’ingiusta duplicazione del sacrificio economico imposto al
soggetto responsabile dell’illecito, se l’Amministrazione pubblica
abbia tratto una qualche utilità dalla prestazione del privato.
Laddove poi dalle risultanze degli accertamenti espletati non
dovessero emergere elementi significativi in ordine ai profili appena
delineati , il giudice di merito è tenuto a trarne le conseguenze il
tema di illegittimità del sequestro preventivo adottato
funzionalmente alla confisca ex art 322 ter cpp, in mancanza di
adeguato supporto giustificativo.
4. La disamina di tali profili è del tutto estranea al tessuto
motivazionale del provvedimento impugnato, il quale si limita ad
una laconica asserzione relativa ad una asserita preclusione, in sede
di riesame, all’espletamento di operazioni di quantificazione del
profitto. Al contrario, il giudice di merito è tenuto ad analizzare
accuratamente i tre snodi nevralgici attraverso cui si articola il
3

vantaggio economico direttamente derivante dall’illecito penale ,

PQM
ANNULLA L’ORDINANZA IMPUGNATA E RINVIA PER NUOVO ESAME AL TRIBUNALE DI ROMA.

Così deciso in Roma, all ‘udienza dell’8-4-12.

procedimento di applicazione della confisca di valore : 1 ) la previa
individuazione, nella loro oggettiva consistenza, dei beni costituenti
“profitto” o “prezzo” del reato, di cui sia impossibile la diretta
ablazione; 2) la loro stima economica ; 3) l’identificazione , nel
patrimonio del reo , di beni di corrispondente valore ( c.d.
tantundem) Il primo dei predetti passaggi implica che neppure nel
caso della confisca per equivalente possa prescindersi dalla
preliminare esigenza di una rigorosa delimitazione causale del
nucleo storico di profitto o prezzo, strettamente correlato al reato (
Sez. Un. 25-6-2009 n. 38691), il quale deve pertanto essere certo
nella sua obiettiva esistenza ed entità ( Sez V, 3-7-2002 n. 32797 ,
rv. n. 222741) . Essendo infatti la value confiscation improntata ad
una logica di residualità , l’individuazione, a monte, del profitto
illecito assicura il supporto materiale a cui poter commisurare il
controvalore confiscabile , laddove risulti impraticabile l’ablazione
diretta.
5. Non è d’altronde sostenibile che il provvedimento cautelare reale
abbia una latitudine applicativa più ampia di quella del
provvedimento ablatorio emesso all’esito del giudizio di cognizione
poiché è la disciplina della confisca a cristallizzare l’oggetto del
vincolo reale interinale , ciò comportando un’anticipazione al
momento dell’adozione del sequestro preventivo di tutte le
questioni inerenti all’applicazione del provvedimento definitivo ( Sez
Un. 27-3-2008 n. 26654 rv. n. 239926).
6. L’ordinanza impugnata va dunque annullata , con rinvio al Tribunale
di Roma per nuovo esame, alla stregua dei principi sin qui esposti.
Questo epilogo decisorio rende ultroneo l’esame del primo motivo
di ricorso

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