Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28829 del 03/12/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 28829 Anno 2016
Presidente: BONITO FRANCESCO MARIA SILVIO
Relatore: CASA FILIPPO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
PRESTI VINCENZO N. IL 19/04/1927
avverso l’ordinanza n. 612/2014 GIUD. SORVEGLIANZA di
AGRIGENTO, del 18/03/2015
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FILIPPO CASA;

Data Udienza: 03/12/2015

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con ordinanza resa in data 18.3.2015, il Magistrato di Sorveglianza di Agrigento ha
dichiarato inammissibile l’istanza di remissione del debito proposta “per la seconda volta” da
PRESTI Vincenzo.
Precisa il Magistrato emittente che, per il medesimo debito nei confronti dello Stato
(ammontante ad euro 561.344,99 per spese processuali e di mantenimento in carcere), il

20.1.2012, divenuto definitivo in seguito al rigetto del ricorso in cassazione proposto
dall’interessato.
Pertanto, sul punto si era formata l’autorità di cosa giudicata. D’altro canto, la diversa
decisione della Suprema Corte invocata dal condannato concerneva la distinta posizione di un
coimputato.
2. Avverso la suddetta ordinanza ha proposto ricorso il PRESTI, tramite il difensore,
denunciando vizio di motivazione e violazione di legge.
Secondo la prospettazione difensiva, nella sostanza, il principio di preclusione
processuale non operava per le nuove istanze fondate su presupposti di fatto o motivi di diritto
prima non dedotti. Nel caso concreto, rispetto alla situazione di fatto esistente al periodo di
presentazione della prima istanza, le condizioni economiche del ricorrente erano di gran lunga
peggiorate, il che rappresentava, senza dubbio, un fatto nuovo che il Magistrato aveva
completamente ignorato.
3. Il ricorso va dichiarato inammissibile in relazione ad entrambi i motivi dedotti.
Quanto al primo, con cui si denuncia vizio della motivazione, occorre ricordare che, a
norma della L. 26 luglio 1954, n. 354, art. 71 ter, avverso le ordinanze del Tribunale di
Sorveglianza e del Magistrato di sorveglianza il ricorso per cassazione può essere proposto
esclusivamente per violazione di legge.
Con riferimento ai provvedimenti emessi dal Tribunale di Sorveglianza, tale limitazione è
da ritenere non più operante per effetto dell’art. 236, comma 2, norme di attuazione del
vigente c.p.p., secondo cui “nelle materie di competenza del Tribunale di Sorveglianza
continuano ad osservarsi le disposizioni della L. 26 luglio 1975, n. 354, diverse da quelle
contenute nel capo 2^ bis, del titolo 2 della stessa legge”, capo nel quale è appunto compreso
l’art. 71 ter. (Sez. U, n. 31461 del 27/6/2006 Passamani, Rv. 234147).
La deroga, prevista dall’art. 236 norme att. c.p.p., comma 2, con specifico riferimento
alle “materie del Tribunale di Sorveglianza”, non è, tuttavia, estensibile ai provvedimenti
emessi dal Magistrato di sorveglianza nelle materie di propria competenza, rispetto ai quali
permane la limitazione normativa della ricorribilità in cassazione esclusivamente per violazione
di legge.
2

PRESTI aveva avanzato identica istanza in data 29.12.2010, respinta con provvedimento del

Il secondo motivo di ricorso è inammissibile per aspecificità.
Nella sentenza di questa Corte (Sez. 1, n. 42163 del 10/10/2012), in forza della quale
correttamente il Giudice di merito ha ritenuto operante la preclusione processuale, le condizioni
economiche del ricorrente venivano definite tutt’altro che “disagiate”, “essendo egli titolare di
un reddito da lavoro, proprietario di una abitazione, di un magazzino e di due particelle di
terreno”.
Il fatto nuovo che la difesa valorizza per superare detta preclusione consisterebbe in un

prima istanza di remissione di debito, circostanza, tuttavia, solo genericamente allegata e non
dimostrata nella sede di merito.
4. Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue di diritto la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad escluderne
la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento a favore della Cassa
delle ammende di una somma di denaro che pare congruo determinare in euro 1.000,00, ai
sensi dell’art. 616 c.p.p..
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e al versamento della somma di euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 3 dicembre 2015

Il Consigliere estensore

Il Presidente

peggioramento delle condizioni economiche esistenti al momento della presentazione della

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