Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28826 del 08/04/2013


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 28826 Anno 2013
Presidente: AGRO’ ANTONIO
Relatore: DI SALVO EMANUELE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PROFITI GIUSEPPE N. IL 22/08/1961
avverso la sentenza n. 2519/2010 CORTE APPELLO di GENOVA, del
13/06/2011
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 08/04/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. EMANUELE DI SALVO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. f—ti 41
che ha concluso per

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Data Udienza: 08/04/2013

Udito, per la parte civile, l’Avv
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1. Profiti Giuseppe ricorre per cassazione , tramite il difensore , avverso la
sentenza della Corte d’appello di Genova in data 3-6-11 , con la quale è stata
confermata la sentenza di primo grado emessa, in data 28-4-2010, dal Gup del
Tribunale di Genova, in ordine al delitto di cui agli artt 110 e 353 co 2 cp
perchè,quale Direttore Centrale delle Risorse Umane, Finanziarie e Strumentali
della Regione Liguria, in concorso con Di Donato Alfonso , Direttore
amministrativo e Direttore generale f.f. della Asl 2 Savonese ; Alessio Roberto,
legale rappresentante della Alessio spa, e l’intermediario Fedrazzoni Claudio ,
colludeva al fine di assicurare comunque alla spa Alessio l’aggiudicazione
dell’appalto dei servizi di ristorazione dell’Asl 2 di Savona . Successivamente, pur
in pendenza di contenzioso giudiziario , nell’ambito del quale il Tar Liguria ,
accogliendo il ricorso della ditta Pedus Dussmann , aveva annullato la
deliberazione del Direttore Generale della ASL del 25-1-2007 di aggiudicazione
definitiva del servizio oggetto di gara alla spa Alessio , il Profiti e il Donato si
impegnavano a riformulare la gara di appalto , apponendo clausole tali da
favorire comunque l’aggiudicazione alla spa Alessio.ln Genova e Savona negli
anni 2006-2007.
2. Il ricorrente deduce , con una serie di censure che rientrano in un quadro
concettuale sostanzialmente unitario , vizio di motivazione della sentenza
, poiché essa afferma il coinvolgimento del Profiti nella prima fase della vicenda
—dal momento in cui è stato emesso il bando di gara fino al momento
dell’aggiudicazione — nonostante quest’ultimo fosse stato escluso da Fedrazzoni ,
da Alessio e da Di Donato e non vi sia , al riguardo , alcuna prova in atti. Né si
comprende in qual modo dalla partecipazione del Profiti alla seconda fase della
vicenda si possa inferire un suo intervento nella prima. Anche le conversazioni
telefoniche intercorse tra Fedrazzoni ed Alessio- in particolare, la n. 240 del 2-32007 e la n. 807 del 21-3-2007- confermano che i due si rivolsero al Profiti
soltanto dopo che la società Pedus , contestando l’aggiudicazione della gara,
aveva fatto ricorso al Tar. Né la sentenza precisa quali condotte penalmente
rilevanti avrebbe posto in essere il prof. Profiti nel periodo intercorrente tra il
bando di gara e I’ aggiudicazione. Ma anche per quanto attiene alla seconda
fase, non si comprende cosa abbia fatto di illecito il Profiti poiché ormai la gara
era terminata e non era perciò possibile “turbarla”. Gli interventi dell’imputato
erano volti esclusivamente a verificare la possibilità , per l’Alessio , di ricorrere
alle vie legali per ottenere il riconoscimento delle sue pretese e a sollecitare i
responsabili della ASL a mantenere aperti i contatti con l’Alessio, che minacciava
di avanzare richieste di risarcimento danni, imputando alla Asl errori nel bando
di gara.E non si trattava , come ritiene la sentenza impugnata , soltanto dei danni
conseguenti all’unico giorno in cui aveva espletato il servizio ma anche dei danni

RITENUTO IN FATTO

CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il ricorso è fondato. In tema di sindacato del vizio di motivazione , infatti , il
compito del giudice di legittimità non è quello di sovrapporre la propria
valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta dai giudici di merito ,
bensì di stabilire se questi ultimi abbiano esaminato tutti gli elementi a loro
disposizione , se abbiano fornito una corretta interpretazione di essi , dando
esaustiva e convincente risposta alle deduzioni delle parti , e se abbiano
esattamente applicato le regole della logica nello sviluppo delle argomentazioni
che hanno giustificato la scelta di determinate conclusioni a preferenza di altre (
Sez un.13-12-95 Clarke , rv 203428). Nel caso di specie , dal plesso
argomentativo costituito dalla saldatura tra gli apparati motivazionali delle
sentenze di primo e di secondo grado non si evince con chiarezza quale sia
stato l’iter logico —giuridico esperito dai giudici di merito per pervenire
all’asserto relativo alla sussistenza di un sostrato probatorio idoneo a valicare la
soglia del ragionevole dubbio e a supportare adeguatamente la declaratoria di
responsabilità . Il giudice a quo muove infatti dal corretto presupposto secondo
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conseguenti alle spese sostenute per rendere la sua struttura idonea alle
prestazioni necessarie , del danno all’immagine , del lucro cessante e via
dicendo. Né può annettersi credibilità alle dichiarazioni della teste Ruggero ,
che ha riferito per lo più quanto confidatole da Fedrazzoni , verso il quale
peraltro ella non nutre certo buoni sentimenti, a seguito dell’ interruzione della
loro storia sentimentale. Anche laddove riferisce di avere personalmente
sentito il Profiti dire al Fedrazzoni che “come al solito, avrebbero aperto prima
le buste” , la teste non è attendibile poiché l’imputato non ha mai ricoperto
incarichi tali da consentirgli di aprire le buste contenenti le offerte dei
concorrenti. Nella telefonata del 21-6-2007 , poi , il Profiti rappresenta al
Fedrazzoli che ormai sulla vicenda era intervenuta una pronuncia del giudice e
non erano quindi più esperibili ulteriori iniziative a favore dell’Alessio. Del resto,
mai la sentenza è riuscita ad attribuire al Profiti suggerimenti o indicazioni
all’Alessio o al Fedrazzoni in ordine ad iniziative illegali. Per quanto attiene poi al
tentativo, da parte del Profiti , di corrompere il Giudice Bianchi, del Tar Liguria,
basti pensare che il Profiti nemmeno conosce con esattezza il cognome del
magistrato. Ad ogni modo , qualunque cosa possa essere stata fatta dopo
l’aggiudicazione della gara , o nel corso del processo di fronte al giudice
amministrativo, essa non rientra nella fattispecie astratta di cui all’art 353 cp .
Si chiede pertanto annullamento della sentenza impugnata.

cui tutto ciò che avviene dopo l’aggiudicazione della gara è penalmente
irrilevante. Si tratta dunque di stabilire se siano state poste in essere, da parte
del Profiti , condotte di rilievo penale nella fase antecedente all’aggiudicazione.
Orbene , al riguardo , risulta dalla sentenza impugnata che , prima
dell’aggiudicazione della gara , non è stata riscontrata alcuna condotta illecita
da parte del Profiti onde la fondatezza dell’ipotesi accusatoria , relativa alla
perpetrazione di comportamenti penalmente rilevanti in tale prima fase della
trasporre la problematica sul terreno della prova logica. Si tratta infatti di
inferire da un fatto noto ( l’interessamento del Profiti nella fase successiva
all’aggiudicazione ) un fatto ignoto (la sussistenza di comportamenti illeciti , da
parte sua , nel segmento della vicenda antecedente all’aggiudicazione), sulla
base di regole di comune esperienza , secondo lo schema del sillogismo
giudiziario ,previsto dall’ad 192 co 2 cpp ( Cass. 21-12-1999, Widman , rv. n.
215343) . Quest’ultima norma , infatti, pur non esigendo che gli indizi siano
necessariamente più di uno , richiede che gli stessi siano gravi , precisi e
concordanti , allorchè nessuno di essi isolatamente considerato consenta di
risalire al fatto ignoto ( Cass 26-4-1996, Piscopo , rv. n. 206960). D’altronde, il
metodo di lettura unitaria e complessiva dell’intero compendio probatorio, da
adottarsi nella prospettiva della valutazione della prova indiziaria , non si
esaurisce in una mera sommatoria degli indizi e non può perciò prescindere
dall’operazione propedeutica che consiste nel valutare ogni prova indiziaria
singolarmente , nella propria valenza epistemica e nel grado di precisione e
gravità, per poi valorizzarla , ove ne ricorrano i presupposti, in una prospettiva
globale, tendente a porre in luce le connessioni tra i vari elementi indiziari e il
convergere di essi nella medesima direzione dimostrativa ( Sez. Un. 12-7-2005,
n. 33748, Mannino , rv. n. 231678) «Tale convergenza- e dunque l’inferenza dal
fatto noto al fatto ignoto- avviene per il tramite delle c.d. “massime di
esperienza”. Come è noto, una massima di esperienza è un giudizio ipotetico a
contenuto generale , indipendente dal caso concreto , fondato su ripetute
esperienze ma autonomo da esse, e valevole per nuovi casi ( Cass Sez. VI 7-32003, n. 31706 , Abbate , rv n. 228401). Si tratta dunque di generalizzazioni
empiriche, tratte, con procedimento induttivo, dall’esperienza comune , che
forniscono al giudice informazioni su ciò che normalmente accade, secondo
orientamenti largamente diffusi nella cultura e nel contesto spazio-temporale in
cui matura la decisione. Dunque, nozioni di senso comune
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vicenda , può essere raggiunta solo per via induttiva. Tale asserto vale a

fatto uso nella ricostruzione del fatto , purchè la valutazione delle risultanze
processuali sia stata compiuta secondo corretti criteri di metodo e con
l’osservanza dei canoni logici che presiedono alle forme del ragionamento e la
motivazione fornisca una spiegazione plausibile e logicamente corretta delle
scelte operate • Il controllo di legittimità del ragionamento giudiziale deve
dunque investire non soltanto la coerenza logica ab intrinseco delle
argomentazioni giustificative e cioè la congruenza interna della motivazione ,
ma anche la base giustificativa della premessa maggiore del sillogismo giudiziario
, la cosiddetta “giustificazione esterna” . Alla Corte di cassazione è quindi
attribuito il compito di controllare la razionalità degli asserti giustificativi inerenti
ai dati probatori assunti dal giudice di merito come base del ragionamento, alle
inferenze formulate ed ai criteri che supportano il risultato conclusivo. La Corte
regolatrice non può certamente sostituire una propria legge di copertura a
quella postulata dal giudice di merito ma deve verificare, sotto il profilo della
logicità della motivazione, la razionale plausibilità dell’argomentazione, al fine
di controllare la validità delle inferenze che la compongono e di giustificare, in
termini di coerenza logica, la statuizione conclusiva.
Ne deriva che la doglianza di illogicità può essere proposta laddove vengano
adottate , come premesse , delle affermazioni scarsamente plausibili; oppure
qualora si scelga una ipotesi ricostruttiva del fatto intrinsecamente incoerente
ovvero connotata da un alto coefficiente di opinabilità oppure contrastante con
altre ipotesi caratterizzate da un elevato grado di plausibilità logica, sì da
relegare l’ipotesi prescelta in un ristretto ambito probabilistico o da collocare
l’assunto accusatorio al di sotto del limite del ragionevole dubbio
4. Nel caso in disamina, il giudice a quo non esplicita le linee della giustificazione
esterna del decisum , non indicando quale massima di esperienza egli abbia
utilizzato per addivenire alla conclusione che il Profiti abbia posto in essere
condotte penalmente illecite nel segmento della vicenda antecedente
all’aggiudicazione. A tal fine, rileva la Corte territoriale che le telefonate
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enucleate da una pluralità di casi particolari , ipotizzati come
generali , siccome regolari e ricorrenti , che il giudice in tanto può utilizzare in
quanto non si risolvano in semplici illazioni o in criteri meramente intuitivi o
addirittura contrastanti con conoscenze e parametri riconosciuti e non
controversi .Al riguardo , si è chiarito , in giurisprudenza ,che il controllo di
legittimità inerente alla giustificazione esterna non può estendersi fino al
sindacato sulla scelta delle massime di esperienza delle quali il giudice abbia

intercettate attestano uno stretto rapporto fra Fedrazzoni e Profiti ; che
l’Alessio ha asserito che Fedrazzoni gli aveva presentato il Profiti prima della gara
e che egli aveva capito subito che vi era tra i due un forte legame, determinato
da interessi comuni ; che L’Alessio ha specificato che Fedrazzoni gli aveva detto
che Di Donato era uomo di Profiti e che, essendo una persona di scarso spessore
caratteriale , avrebbe potuto facilmente essere influenzato da quest’ultimo in
Di Donato, da parte del Profiti , il giudice di secondo grado cita il contenuto della
telefonata del 23-3-2007 e l’episodio relativo alla prima delle cene svoltesi
presso il ristorante “Leo Passami L’olio”. La Corte territoriale richiama poi le
dichiarazioni della Ruggero riguardo all’assicurazione del Profiti al Fedrazzoni
relativamente alla preapertura delle buste e la telefonata n. 240 del 2-3-2007 in
cui Fedrazzoni ed Alessio si accordano per organizzare un’ altra cena con il
nostro amico.
Si tratta di un apparato argomentativo che non attinge la soglia dell’univocità
dimostrativa , a fronte della constatazione , di cui la Corte d’appello è
costretta a prendere atto , secondo cui non risulta ” direttamente
monitorata” alcuna condotta del Profiti in termini di collusione con gli altri
imputati , preordinatamente all’alterazione del regolare svolgimento della
gara .Ma soprattutto l’iter logico esperito dal giudice di merito non tiene
conto dell’orientamento giurisprudenziale che ha tracciato un netto
discrimen tra massima di esperienza e mera congettura : nella prima, il dato
è connotato da un elevato grado di corroborazione correlato all’esito positivo
delle verifiche empiriche cui è stato sottoposto e quindi la massima può
essere formulata sulla base dell’id quod plerumque accidit. La congettura
invece si iscrive nell’orizzonte della mera possibilità sicchè la massima è
insuscettibile di riscontro empirico e quindi di dimostrazione. Pertanto, nella
concatenazione logica di vari sillogismi , in cui si sostanzia la motivazione ,
possono trovare ingresso soltanto le massime di esperienza , ad esclusione
di ogni congettura ( Cass 22-10-1990, Grilli , Arch n. proc. pen. 1991, 469).
Nel caso in disamina, il ragionamento del giudice di secondo grado non si
fonda su massime di esperienza , secondo la nozione poc’anzi precisata , ma
valorizza piuttosto una congettura ,e cioè un’ipotesi non fondata sull’id quod
plerumque accidit , insuscettibile di verifica empirica, e che si sostanzia in
una pretesa regola generale che risulta però priva di plausibilità ( Cass , Sez
VI, 7-3-2003, cit. )

modo a lui favorevole. E ,a conferma delle potenzialità di condizionamento del

5. Non può pertanto affermarsi che i giudici di secondo grado abbiano preso
adeguatamente in esame tutte le deduzioni difensive né che siano pervenuti
alla conferma della sentenza di prime cure attraverso un itinerario logicogiuridico immune da vizi , sotto il profilo della correttezza logica, sulla base di
apprezzamenti di fatto esenti da connotati di contraddittorietà o di manifesta
illogicità e di un apparato concettuale coerente con una esauriente analisi delle
risultanze agli atti ( Sez. un. 25-11-’95, Facchini, rv203767).
sub iudice , un eventuale giudizio di rinvio, per la natura indiziaria del processo
e per la puntuale e completa disamina del materiale acquisito e utilizzato nei
pregressi giudizi di merito, non possa in alcun modo colmare la situazione di
vuoto probatorio storicamente accertata , l’annullamento va disposto senza
rinvio (Sez. un. 30-10-2003, Andreotti , Cass. pen. 2004,811;Sez. un. 30-10-2002,
Carnevale , Cass. pen 2003, 3276). Occorre dunque annullare la sentenza
impugnata senza rinvio per non aver commesso il fatto.

PQM
ANNULLA SENZA RINVIO LA SENTENZA IMPUGNATA PER NON AVER COMMESSO IL
FATTO

Così deciso in Roma , all ‘udienza

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5. La sentenza impugnata va dunque annullata. D’altronde, ove, come nel caso

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