Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28822 del 28/06/2016


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 28822 Anno 2016
Presidente: ROTUNDO VINCENZO
Relatore: DE AMICIS GAETANO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
DIULIGHER MAXIM nato il 11/05/1983

avverso la sentenza del 18/02/2016 della CORTE APPELLO di VENEZIA
sentita la relazione svolta dal Consigliere GAETANO DE AMICIS;
Fette/sentite le conclusioni del PG FRANCESCO MAURO IACOVIELLO
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Data Udienza: 28/06/2016

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RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza emessa in data 18 febbraio 2016 la Corte d’appello di
Venezia ha dichiarato sussistenti le condizioni per accogliere la domanda di
estradizione proposta dalla Repubblica di Ucraina nei confronti di Maxim
Diuligher, in esecuzione del mandato di arresto provvisorio a fini estradizionali
emesso in data 21 gennaio 2015 per il reato di traffico di stupefacenti ex artt.

2. Avverso la su indicata decisione ha proposto ricorso per cassazione il
difensore, Avv. Vittorio Manfio, che ha dedotto due motivi di doglianza il cui
contenuto viene qui di seguito sinteticamente illustrato.
2.1. Con il primo motivo si deduce la mancanza della motivazione riguardo
alla dedotta violazione degli artt. 700-705, comma 1, cod. proc. pen., avendo la
difesa lamentato la mancanza, tra i documenti allegati alla domanda di
estradizione, di elementi in concreto idonei a fondare la sussistenza del requisito
dei gravi indizi di colpevolezza. La Corte distrettuale, sul punto, si è limitata ad
elencare le prove a carico del ricorrente, come meramente indicate, ma non
allegate con la trasmissione della relativa documentazione nella richiesta di
estradizione avanzata dalle Autorità ucraine, senza svolgere, dunque, neppure
quel vaglio minimo richiesto ai fini della delibazione.
2.2. Con il secondo motivo, inoltre, si deducono violazioni di legge e vizi
della motivazione riguardo al rispetto dei diritti fondamentali ex art. 705, comma
2, lett. a) e c), cod. proc. pen., per non avere la Corte d’appello rifiutato la
consegna a fronte della produzione documentale offerta dalla difesa, che
attestava la nazionalità russa della madre del ricorrente, con il conseguente
pericolo che egli, essendo filo-russo ed in forza dell’attuale conflitto russoucraino, possa essere sottoposto, in sede di esecuzione della pena, a trattamenti
disumani e degradanti, ovvero a forme di lavoro forzato, come pure hanno dato
conto i rapporti annuali di organizzazioni come “Amnesty International”.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è parzialmente fondato e deve pertanto accogliersi entro i limiti
e per gli effetti qui di seguito esposti e precisati.

2. La prima doglianza non è fondata, prospettando censure in ordine alla
presenza, ovvero all’incidenza probatoria, di atti processuali la cui valutazione

1

305 e 307 cod. pen. ucraino.

deve essere propriamente effettuata dinanzi alle Autorità giudiziarie del Paese
richiedente.
Nel caso in esame, infatti, la Corte distrettuale si è uniformata al quadro di
principii delineato da questa Suprema Corte (Sez. 6, n. 9758 del 30/01/2014,
dep. 27/02/2014, Rv. 258810), secondo cui, nell’ambito del regime di consegna
disciplinato dalla Convenzione europea del 13 dicembre 1957, l’Autorità
giudiziaria italiana è tenuta ad accertare, con una sommaria delibazione, che la
documentazione allegata alla domanda sia in concreto idonea ad evocare, nella

elementi di prova a carico dell’estradando, essendole in ogni caso preclusa la
diretta valutazione degli indizi di colpevolezza esposti nella documentazione.
Sulla base di tali premesse, e avuto riguardo alla natura processuale
dell’estradizione in esame, è agevole rilevare come nella motivazione della
sentenza impugnata, sia pure con sintetici passaggi argomentativi, si dia logica
giustificazione dell’esito del vaglio delibativo effettuato in merito al contenuto e
all’oggetto della richiesta, in quanto basata su una precisa indicazione della
natura del fatto, delle relative circostanze di tempo, di luogo e di azione, oltre
che delle fonti di prova da cui le stesse sono state desunte.
Nè, peraltro, è necessario, a tal fine, che alla richiesta di estradizione siano
allegati tutti gli atti di indagine, tenuto conto che, in generale, l’art. 700, comma
2, lett. a), cod. proc. pen. prescrive che alla domanda sia allegata una relazione
sui fatti addebitati alla persona interessata, con l’indicazione del tempo e del
luogo di commissione di quei fatti, e che, in particolare, l’art. 12, comma 2, lett.
b), della Convenzione di estradizione contempla una disposizione analoga,
parlando di “esposto” dei fatti: relazione che è sufficiente sia contenuta anche
nel testo della domanda medesima, purché la relativa descrizione dei fatti
consenta, come avvenuto nel caso in esame, la verifica,

in parte de qua,

dell’assenza delle condizioni ostative per l’estradizione (così, tra le altre, Sez. 6,
n. 25182 del 16/06/2010, Prusik, Rv. 247778)

3. Per quel che attiene, di contro, al secondo motivo di ricorso, assumono
carattere decisivo ed assorbente le doglianze prospettate con riferimento
all’incidenza, sulla effettiva sussistenza dei presupposti per l’accoglimento della
domanda estradizionale, delle attuali condizioni di detenzione nelle strutture
carcerarie dello Stato richiedente, non avendo la Corte d’appello compiutamente
esaminato la documentazione dalla difesa del ricorrente prodotta, né il contenuto
dei più recenti rapporti informativi elaborati da organizzazioni non governative di
riconosciuta affidabilità sul piano internazionale (quali, ad es., “Amnesty
International” e “Human Rights Watch”), con specifico riguardo alle connotazioni,
2

prospettiva del sistema processuale dello Stato richiedente, l’esistenza di

sistematiche o meno, delle prospettate violazioni in tema di pene o trattamenti
inumani o degradanti.
Occorre dunque valutare se tale rischio sussista, basandosi su elementi
oggettivi, attendibili, precisi ed opportunamente aggiornati in merito alle
condizioni di detenzione vigenti nello Stato membro richiedente e comprovanti la
presenza di carenze sia sistemiche, o comunque generalizzate, sia limitate ad
alcuni gruppi di persone o a determinati centri di detenzione (arg. ex Sez. 6, n.
23277 del 01/06/2016, Barbu).

della Corte distrettale tutte le risultanze offerte da fonti conoscitive qualificate,
come le decisioni giudiziarie internazionali, e in particolare quelle della Corte
EDU, le decisioni giudiziarie dello Stato membro richiedente, nonché le decisioni,
le relazioni e gli altri documenti predisposti dagli organi del Consiglio d’Europa,
ovvero da quelli appartenenti al sistema delle Nazioni Unite.
Una volta accertata la sussistenza di un rischio concreto di trattamento
inumano o degradante, in conseguenza delle condizioni generali di detenzione
nello Stato richiedente, l’Autorità giudiziaria di esecuzione, anche attraverso il
ricorso allo strumento della richiesta di informazioni complementari a norma
dell’art. 13 della su citata Convenzione europea di estradizione del 1957, dovrà
svolgere un’indagine mirata, volta cioè a stabilire se, nel caso concreto,
l’interessato alla consegna sarà sottoposto, o meno, ad un trattamento inumano
o degradante.
3.1. Occorre altresì considerare, alla luce di una pacifica linea interpretativa
tracciata da questa Suprema Corte (Sez. 6, n. 23555 del 19/06/2006, dep.
06/07/2006, Rv. 234738; Sez. 6, n. 32625 del 19/06/2006, dep. 02/10/2006,
Rv. 234769; Sez. 6, n. 15578 del 11/02/2011, dep. 18/04/2011, Rv. 250034),
che sussiste il divieto di estradizione, ex art. 705, comma secondo, cod. proc.
pen., qualora il fatto per il quale l’estradando sia chiamato a rispondere venga
sanzionato nella legislazione dello Stato richiedente con la pena dei lavori forzati,
considerato che tale previsione contrasta con l’art. 4, comma 2, della
Convenzione europea dei diritti dell’uomo – per il quale nessuno può essere
costretto a compiere un lavoro forzato od obbligatorio – con l’art. 5, comma 2,
della Carta dei diritti fondamentali dell’U.E., oltre che con il rispetto dei diritti
fondamentali richiesto in linea generale dalla disposizione di cui all’art. 698,
comma 1, cod. proc. pen..
Ora, nel caso in esame, tale profilo – e quello, logicamente connesso, delle
garanzie da accordare circa il rispetto dei diritti umani qualora il ricorrente fosse
condannato e dovesse scontare una pena detentiva in quel Paese (arg. ex Sez.
6, n. 49881 del 06/12/2013, dep. 11/12/2013, Rv. 258141) – non risultano esser
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A tal fine devono costituire oggetto di motivato apprezzamento da parte

stati adeguatamente presi in considerazione dalla Corte distrettuale, non
emergendo con chiarezza dalla motivazione se il fatto per il quale l’estradando è
chiamato a rispondere venga sanzionato nella legislazione dello Stato richiedente
con pene che, per la loro natura, ovvero per i contenuti e le modalità di scelta ed
esecuzione, siano effettivamente riconducibili alla nozione dei lavori forzati di cui
all’art. 4 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, o comunque alle pene
ed ai trattamenti richiamati dall’art. 698, comma 1, cod. proc. pen..
L’accertamento in merito alla effettiva tipologia della sanzione applicabile ed

delle implicazioni riconnesse al su indicato insegnamento giurisprudenziale, un
aspetto determinante per la decisione, dovendosi peraltro escludere ogni profilo
di incompatibilità quando quelle sanzioni, come pur precisato in questa Sede
(Sez. 6, n. 28714 del 12/07/2012, dep. 17/07/2012, Rv. 253013),
corrispondano a contesti e contenuti afflittivi omologhi agli istituti previsti dal
nostro ordinamento (ad es., l’art. 54 del d.lgs. n. 274/2000).

4. Sulla base delle su esposte considerazioni, dunque, s’impone,
limitatamente ai profili critici or ora evidenziati, l’annullamento con rinvio della
sentenza impugnata per un nuovo giudizio che, nella piena libertà del relativo
apprezzamento di merito, dovrà porre rimedio ai vizi riscontrati.
La Cancelleria provvederà all’espletamento degli incombenti ex art. 203,
disp. att., cod. proc. pen.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio ad altra sezione
della Corte d’appello di Venezia.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 203, disp. att., cod.
proc. pen. .
Così deciso il 28 giugno 2016

Il Consigliere estensore

Il presidente

ai criteri di scelta tra le diverse possibili sanzioni costituisce, infatti, alla luce

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