Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28820 del 06/06/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 28820 Anno 2013
Presidente: D’ISA CLAUDIO
Relatore: DELL’UTRI MARCO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Piovani Fred n. il 6.10.1966
avverso l’ordinanza n. 4/2013 pronunciata dal Tribunale della libertà
di Bologna il 1.2.2013;
sentita nella camera di consiglio del 6.6.2013 la relazione fatta dal
Cons. dott. Marco Dell’Utri;
sentito il Procuratore Generale, in persona del dott. N. Lettici, che
ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito il difensore aw.to A. Bottiglieri che ha concluso per
raccoglimento del ricorso.

Data Udienza: 06/06/2013

Ritenuto in fatto
i. – Con atto in data 28.2.2013, a mezzo del proprio difensore,
Fred Piovani ha proposto ricorso per cassazione avverso l’ordinanza
in data 1/4.2.2013 con la quale il tribunale di Bologna ha rigettato l’istanza di riesame proposta dal Piovani avverso l’ordinanza del
17.12.2012 con cui il giudice per le indagini preliminari presso il tribunale di Bologna ha disposto il sequestro conservativo di taluni beni
immobili del Piovani quale forma di tutela cautelare dei presumibili
crediti risarcitoti vantati dalle parti civili costituite nel procedimento
penale instaurato a carico del Piovani in relazione al reato di incendio
colposo dallo stesso assetitamente commesso in Minerbio, il
17.6.2011.
Con il ricorso proposto, l’imputato censura l’ordinanza del tribunale del riesame sulla base di quattro motivi d’impugnazione.
Con il primo motivo, l’imputato censura il provvedimento impugnato per violazione di legge in relazione agli artt. 316 e 317
c.p.p., avendo i giudici del merito disposto il contestato sequestro
conservativo in assenza di elementi concreti idonei a suffragare i presupposti per il riconoscimento del pericolo di dispersione della garanzia generica riferita all’adempimento, da parte dell’imputato, delle
obbligazioni risarcitorie rinvenienti dal reato; pericolo nella specie
rinvenuto sulla base di mere ‘voci’ o incontrollate ‘notizie’.
Sotto altro profilo, il ricorrente si duole che il giudice per le indagini preliminari abbia disposto il sequestro conservativo de quo
nella veste di un decreto e non già attraverso la forma dell’ordinanza.
2.1. –

2.2. – Con il secondo motivo, il ricorrente censura l’ordinanza
impugnata per violazione di legge in relazione agli artt. 316 c.p.p. e 27
Cost., per avere il giudice del riesame ritenuto di non dover procedere
in concreto all’esame incidentale della sussistenza dei gravi indizi di
colpevolezza a carico dell’imputato (e quindi del ricorso del fumus
commissi delicti) una volta disposto il rinvio a giudizio di
quest’ultimo; e tanto, sulla base di un ingiustificato automatismo privo di ragionevole condivisibilità.

2.3. – Con il terzo motivo, l’imputato censura il provvedimento
impugnato per violazione di legge, in relazione agli artt. 316 c.p.p. e

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27 Cost, e vizio di motivazione, avendo il giudice a quo omesso di verificare la ragionevole proporzionalità tra i crediti risarcitoti vantati
dalle parti civili e la misura cautelare in concreto adottata, nonché la
sussistenza di una fondata ragione idonea a lasciar presumere la prevedibile mancanza o dispersione delle garanzie del credito, stante la
documentata disponibilità, da parte dell’imputato, di idonee fonti di
reddito da lavoro, e attesa la contraddittorietà della motivazione del
provvedimento impugnato nella parte in cui, dopo aver proceduto
alla valutazione del comportamento dell’imputato, ha contestualmente omesso di considerare il rapporto redatto dai vigili del fuoco sulle
cause dell’incendio, costituente un significativo elemento valutabile a
discolpa dello stesso imputato.
2.4. – Con il quarto motivo, il ricorrente censura il provvedimento impugnato per violazione di legge in relazione all’art. 309
c.p.p., per avere i giudici del merito ritenuto adeguatamente comprovata l’entità dei danni sofferti dalle parti civili sulla base di documentazione solo tardivamente prodotta.
Considerato in diritto
— Il primo e il terzo motivo di ricorso — congiuntamente
esaminabili in ragione dell’intima connessione delle questioni dedotte — sono infondati.
Diversamente da quanto asserito dal ricorrente, il tribunale
bolognese ha rinvenuto la sussistenza del periculum in mora relativo
alla tutela del credito delle parti civili sulla base di elementi certi e
concreti rappresentati, in primo luogo, dalla circostanza (rimasta non
solo incontestata, bensì ulteriormente ribadita dallo stesso Piovani
nell’istanza di riesame) costituita dalla volontà dello stesso di procedere alla cessione degli immobili oggetto del sequestro, con
l’affermata riserva mentale di acquistarne un altro al fine di andarvi a
convivere con la neo-sposa.
Peraltro, il tribunale del riesame ha integrato tale rilievo (già
di per sé estremamente significativo, ai fini del verosimile rischio di
dispersione della garanzia generica del credito risarcitorio delle parti
civili) estendendo la propria valutazione al complessivo contegno del
Piovani, il quale, dopo aver negato le proprie responsabilità, ha poi
successivamente reso spontanee dichiarazioni confessorie, salvo nuo-

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vamente tornare a contestare la riconducibilità dell’incendio alla propria responsabilità, senza mai avanzare alcuna proposta risarcitoria
alle parti civili, in tal modo esprimendo una forma di contegno non
lineare e tale da non lasciar prefigurare ragionevolmente alcuna disponibilità al ristoro dei danni subiti dalle parti civili, né alcuna rassicurazione sul prospettato reimpiego del ricavato della vendita dei
propri immobili nell’acquisto di un altro immobile.
Sotto altro profilo, il tribunale del riesame ha altresì evidenziato come il reddito da lavoro dell’imputato (nell’ordine di grandezza di
euro 1.500,00 mensili) appare largamente insufficiente a fronteggiare adeguatamente l’entità dei debiti risarcitori prospettati dalle parti
civili costituite, si da evidenziare l’esigenza di procedere
all’aggressione del relativo patrimonio immobiliare al fine di garantirne la possibile soddisfazione.
Tali argomentazioni valgono nel loro complesso a fornire una
motivazione pienamente adeguata in ordine al riscontro concreto ed
effettivo del requisito del periculum in mora a tutela del credito risarcitoti° delle parti civili, non meramente fondato sulla base di voci
o incontrollate notizie.
Del tutto priva di rilievo, inoltre, deve ritenersi l’adozione, da
parte del giudice per le indagini preliminari, della forma del decreto,
anziché di quella dell’ordinanza, per l’adozione della misura sequestro conservativo, costituendo principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità quello in forza del quale la natura dell’atto processuale dev’essere stabilita, non già in base alla denominazione o alla terminologia formalmente adottata, bensì con riguardo al contenuto sostanziale e agli effetti che lo stesso atto è destinato a produrre
(Casa., Sez. 6, n. 7483/2007 Rv. 238914).
Quanto al contestato difetto di verifica della proporzionalità
tra i crediti risarcitori vantati dalle parti civili e la misura cautelare in
concreto adottata, vale evidenziare come il tribunale di Bologna abbia
espressamente e analiticamente proceduto al computo delle voci di
danno denunciate dalle parti civili e al calcolo del relativo prevedibile
valore, provvedendo a una stima complessiva che, raffrontata con il
presumibile valore del compendio immobiliare sequestrato, è risultata tale, secondo il ragionevole apprezzamento dello stesso tribunale,
da rispettare pienamente il ridetto criterio di proporzionalità, salvi i
sempre possibili adeguamenti resi eventualmente necessari dalla so-

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pravvenienza di eventuali ulteriori liquidazioni ad opera degli istituti
assicuratori.
Deve ritenersi, infine, radicalmente inammissibile la doglianza
avanzata dal ricorrente con riguardo alla contraddittorietà della motivazione del provvedimento impugnato, stante la positiva limitazione, al solo vizio della violazione di legge, del rimedio del ricorso per
cassazione in questa sede esperito (cfr., ex multis, Cass., Sez. Un., n.
5876/2004, Rv. 226710; Cass., Sez. I, n. 6821/2012, Rv. 252430, e
altre successive).
3.2. — Il secondo motivo di ricorso è infondato.
Al riguardo, ritiene questo collegio di dover ribadire il consolidato insegnamento di questa corte di legittimità (alle cui motivazioni
si rimanda) ai sensi del quale deve ritenersi non proponibile, in sede
di riesame del provvedimento che dispone il sequestro preventivo, la
questione relativa alla sussistenza del fumus commissi delicti, qualora sia intervenuto il decreto che dispone il rinvio a giudizio del soggetto interessato – che spiega efficacia preclusiva alla delibazione del
fumus del reato -, stante l’ontologica diversità e, quindi, la non ornologabilità delle regole relative alle misure cautelari personali con
quelle riguardanti le misure cautelari reali (Cass., Sez. 5, n.
30596/2009, Rv. 244476 ; Cass., Sez. 2, n. 805/2003, Rv. 227802).
3.3. — Il quarto motivo di ricorso è infondato.
Sul punto è appena il caso di richiamare il principio già ripetutamente sancito da questa corte di legittimità, ai sensi del quale, in
sede di riesame di provvedimento di sequestro, il tribunale può tener
conto di atti e documenti prodotti dalle parti all’udienza e non facenti
parte di quelli depositati in precedenza. Tali atti e documenti possono
essere acquisiti o formati sia anteriormente che successivamente al
deposito degli atti in cancelleria e a seguito della loro produzione non
dev’essere concesso un termine per l’esame degli stessi (Casa., Sez. 3,
n. 164/1996, Rv. 204317; Cass., Sez. 6, n. 1782/1991 Rv. 194608).
4. – n riscontro dell’integrale infondatezza dei motivi
d’impugnazione illustrati con il ricorso proposto in questa sede, impone il rigetto dello stesso e la condanna del ricorrente al pagamento
delle spese processuali.

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Per questi motivi
La Corte Suprema di Cassazione, rigetta il ricorso e condanna
il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 6.6.2013.

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