Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28798 del 10/06/2016


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 28798 Anno 2016
Presidente: FUMU GIACOMO
Relatore: IMPERIALI LUCIANO

Data Udienza: 10/06/2016

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
GRILLO GIUSEPPE, nato a Locri il 02/08/1974
avverso l’ordinanza n. 187/2016 del TRIBUNALE del RIESAME di MILANO,
del 2502/2016

sentita la relazione svolta dal Consigliere Dott. LUCIANO IMPERIALI;
udito il P.G. dott. STEFANO TOCCI, che ha concluso per il rigetto del ricorso
uditi i difensori avv. LUCA MAIO ed avv. VINCENZO NOBILE del foro di Locri,
che hanno concluso per l’annullamento senza rinvio dell’ordinanza impugnata.

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RITENUTO IN FATTO
1.11 Tribunale del riesame di Milano con ordinanza del il 27/2/2016 ha confermato
l’ordinanza con la quale il 18/1/2016 il Giudice per le indagini preliminari dello stesso Tribunale
disponeva applicarsi nei confronti di Grillo Giuseppe la misura coercitiva dell’obbligo di dimora
nel comune di Platì, con divieto di allontanarsi dal proprio domicilio dalle 1800 alle 8,00 di ogni
giorno, in relazione a due ipotesi di reato di cui agli artt. 99, 110 cod. pen. e, 7 D.L. 152/1991
e 12 quinques legge 356/1992, la seconda delle quali aggravata dal metodo mafioso, con

Tale esercizio sino al mese di luglio 2013 era intestato alla società “IN-HOC SRL” di Greco
Raffaele, della quale era socio di fatto Paonessa Fortunato Danilo, e si assume essere poi
passato nei primi mesi del 2013 nella disponibilità di fatto dei coindagati Barbaro Rocco e
Barbaro Francesco e del predetto Grillo Giuseppe, indiziati di far parte della famiglia Barbaro
“Castanu”, con la complicità di Barbaro Antonio, nipote incensurato di Rocco Barbaro, che il
16/7/2013 acquistava formalmente il bene intestandolo alla “AB RISTORAZIONE SRL”, da lui
appositamente appena costituita, operazione che si sostiene diretta e controllata in maniera
occulta da Barbaro Rocco, con la complicità del figlio Barbaro Francesco, del cognato Grillo
Giuseppe e del nipote Barbaro Antonio (capo 2).
Al Grillo, cognato di Barbaro Rocco, in particolare, veniva contestato di aver partecipato alle
operazioni di acquisizione del bar presenziando alle riunioni in fase di trattativa, ed in
particolare a quella finalizzata alla definizione dell’acquisto, tenutasi alla presenza di Barbaro
Rocco, Barbaro Francesco, Greco Raffaele e Perre Francesco il 25/5/2013 presso lo stesso bar,
e di aver poi partecipato alla risoluzione del contrasto causato dalla pendenza di un vecchio
debito verso il Monopolio dello Stato, ricevendo poi Greco Raffaele a Platì, per discutere le
questioni economiche relative all’esercizio.
Si assume nell’ordinanza, inoltre, che meno di in anno dopo il primo acquisto, con la seconda
operazione, conclusasi il 5/4/2014, l’esercizio sarebbe tornato nella disponibilità di Paonessa
Fortunato, che ne riacquistava la proprietà intestandolo, però, questa volta non più a Greco
Raffaele, bensì a Martorano Domenico, che con il solo versamento della quota capitale di
diecimila euro acquistava la titolarità della “AB Ristorazione S.r.l.” (capo 3): in relazione a tale
operazione veniva contestato al Grillo di aver partecipato sotto la direzione di Rocco Barbaro
alla cessione della A.B. Ristorazione S.r.l., ed in particolare per aver incontrato a Platì il Greco,
inviato dal Paonessa, il 3/3/2014, rivolgendo all’interlocutore pressanti minacce per costringere
entrambi i predetti a sottostare alle condizioni imposte dal Barbaro in ordine alla vendita del
bar.
2. Il Grillo ha proposto ricorso per cassazione chiedendo l’annullamento dell’ordinanza del
Tribunale del riesame e lamentando, a tal fine:
2.1. la violazione di legge e la mancanza o manifesta illogicità della motivazione in ordine
alla riconosciuta sussistenza di gravi indizi di colpevolezza in ordine al reato di cui all’art. 12
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riferimento a due operazioni aventi ad oggetto un esercizio commerciale, il bar Vecchia Milano.

quinques I. n. 356/1992, assumendosi nel ricorso che l’ordinanza attribuisce al ricorrente tale
gravità indiziaria con argomentazioni che nulla rileverebbero in ordine al contributo del
ricorrente all’intestazione fittizia contestata: si sostiene, in particolare, sotto il profilo
oggettivo, che non sarebbero state indicate circostanze idonee ad individuare in Barbaro Rocco
il dominus dell’operazione era Barbaro Rocco, né a riconoscere l’impiego, da parte di Barbaro
Antonio, di beni o denaro dei coindagati per acquisire fittiziamente la proprietà del bar.
Lamenta, a tal proposito il ricorrente che l’ordinanza non avrebbe spiegato perché non sia

invece prevalenza ad un’intercettazione telefonica del Paonessa che affermava di aver venduto
l’esercizio per 770.000 euro, affermazione attribuita dal ricorrente a mera millanteria. Si
lamenta anche che i giudici del riesame non avrebbero motivato in ordine alla consapevolezza
del carattere fittizio dell’intestazione della società AB Ristorazione S.r.l. che si assume nella
disponibilità di Barbaro Rocco e Barbaro Francesco, il primo solo dei quali, però, era
destinatario di provvedimenti in materia di prevenzione. Si contesta, ancora, l’illogicità
dell’assunto secondo cui i Barbaro avrebbero deciso di retrocedere l’attività commerciale dopo
la scoperta di microspie, considerato che la stessa ordinanza cautelare riferiva che la prima
microspia era stata scoperta il 12/6/2013, prima dell’acquisto dell’attività commerciale da
parte di Barbaro Antonio, mentre la decisione della vendita dell’attività commerciale viene
attribuita dal ricorrente alla revoca della licenza dei tabacchi.
2.2. Con il secondo motivo si lamenta la violazione di legge e la mancanza e manifesta
illogicità della motivazione in ordine al riconoscimento dell’aggravante del metodo mafioso,
assumendo che la frase minacciosa su cui si fonda l’aggravante sarebbe stata rivolta da un
ignoto al Paonessa e non al Greco, e soprattutto che sarebbe illogico attribuire a tale frase,
profferita in un incontro occasionale, la restituzione dell’attività commerciale quando da mesi si
discuteva della revoca della licenza dei tabacchi, sicché si sostiene che nessuna forma di
assoggettamento del Greco e del Paonessa sarebbe ipotizzabile.
2.3. All’udienza pubblica la difesa ha presentato motivi aggiunti ripercorrendo quelli già
proposti.

CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il ricorso è infondato.
È anzitutto opportuno preliminarmente chiarire i limiti di sindacabilità da parte di questa
Corte dei provvedimenti adottati dal giudice del riesame dei provvedimenti sulla libertà
personale. Secondo l’orientamento di questa Corte, che il Collegio condivide, l’ordinamento non
conferisce alla Corte di Cassazione alcun potere di revisione degli elementi materiali e fattuali
delle vicende indagate, ivi compreso lo spessore degli indizi, né alcun potere di
riconsiderazione delle caratteristiche soggettive dell’indagato, ivi compreso l’apprezzamento
delle esigenze cautelari e delle misure ritenute adeguate, trattandosi di apprezzamenti
rientranti nel compito esclusivo e insindacabile del giudice cui è stata chiesta l’applicazione
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stata attribuita valenza probatoria alla documentazione prodotta dalla difesa, attribuendo

della misura cautelare, nonché del tribunale del riesame. Il controllo di legittimità sui punti
devoluti è, perciò, circoscritto all’esclusivo esame dell’atto impugnato al fine di verificare che il
testo di esso sia rispondente a due requisiti, uno di carattere positivo e l’altro negativo, la cui
presenza rende l’atto incensurabile in sede di legittimità: 1) – l’esposizione delle ragioni
giuridicamente significative che lo hanno determinato; 2) – l’assenza di illogicità evidenti, ossia
la congruità delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento. (Sez. 6 n.
2146 del 25.05.1995, Tontoli, Rv. 201840; sez. 2 n. 56 del 7/12/2011, Rv. 251760). Inoltre il

della libertà personale è diretto a verificare, da un lato, la congruenza e la coordinazione logica
dell’apparato argomentativo che collega gli indizi di colpevolezza al giudizio di probabile
colpevolezza dell’indagato e, dall’altro, la valenza sintomatica degli indizi. Tale controllo,
stabilito a garanzia del provvedimento, non involge il giudizio ricostruttivo del fatto e gli
apprezzamenti del giudice di merito circa l’attendibilità delle fonti e la rilevanza e la
concludenza dei risultati del materiale probatorio, quando la motivazione sia adeguata,
coerente ed esente da errori logici e giuridici. In particolare, il vizio di mancanza della
motivazione dell’ordinanza del riesame in ordine alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza
non può essere sindacato dalla Corte di legittimità, quando non risulti “prima facie” dal testo
del provvedimento impugnato, restando ad essa estranea la verifica della sufficienza e della
razionalità della motivazione sulle questioni di fatto. (Sez. 1 n. 1700 del 20.03.1998, Barbaro,
Rv. 210566).
3.1. Tanto precisato, nel caso di specie deve rilevarsi che il provvedimento impugnato non
presenta i vizi denunciati con il ricorso, atteso che l’ordinanza impugnata espone senza vizi
logici evidenti il percorso argomentativo che ha portato al riconoscimento di gravi indizi della
colpevolezza del Grillo in relazione ad entrambi i reati ascrittigli, e tale percorso argomentativo
non presenta le illogicità ipotizzate: in particolare, l’ordinanza impugnata si sofferma sugli
elementi che indicano in Barbaro Rocco il dominus dell’operazione di cui al capo n. 2)
dell’incolpazione, in primo luogo richiamando l’intercettazione ambientale della conversazione
registrata il 4/10/2013, nel corso della quale lo stesso Barbaro Rocco, discutendo con il figlio
Francesco di questioni inerenti la gestione del predetto bar, assumeva di dover essere
necessariamente presente: “quando si fanno i conti ci devo essere anche io. Ci…”. Inoltre,
riferisce l’ordinanza che quando Barbaro Francesco parlava della gestione del bar con altre
persone, la frase più ricorrente era “digli a tuo padre”, ragionevolmente interpretata come
“segno evidente di chi fosse il dominus” Anche successivamente, con riferimento alla seconda
operazione (capo 3) vengono richiamate nell’ordinanza le intercettazioni che rivelano come
Barbaro Rocco, servendosi dei nipoti Papalia Michele e Perre Michele, abbia organizzato
l’incontro del 19/2/2014 al quale parteciparono Paonessa Fortunato e Barbaro Antonio, oltre
allo stesso Barbaro Rocco, incontro confermato dal servizio di o.c.p. predisposto dalla P.G., ed
all’esito del quale venivano captate una pluralità di conversazioni dalle quali emergeva che il
predetto Barbaro Rocco non aveva intenzione di provvedere al saldo della vendita del predetto
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controllo di legittimità sulla motivazione delle ordinanze di riesame dei provvedimenti restrittivi

bar, con grave disappunto del Paonessa, condiviso dal suo interlocutore, Greco Raffaele, che
rivendicava invece il suo diritto al saldo del debito da parte del Barbaro.
Infondato è anche l’assunto del ricorrente secondo cui l’ordinanza non spiegherebbe i
motivi per i quali Barbaro Antonio avrebbe impiegato beni o denaro dei coindagati per acquisire
fittiziamente la proprietà del bar, atteso che, invece, a pag. 48 dell’ordinanza viene spiegato
senza vizi logici che è stata la stessa difesa a riconoscere che 40.000 euro inizialmente
bonificati dal conto corrente del predetto provenivano da terzi, senza però offrire alcuna

provvista per il pagamento di 80.000 euro con assegni postdatati, né è stato offerto alcun
tracciamento di denaro in relazione al finanziamento di 30.000 euro da parte della Royal
Games che, peraltro, si assume successivo all’acquisto. Dal contesto dell’ordinanza, poi, non
emerge alcun elemento che possa far ritenere illogica l’affidabilità attribuita alla dichiarazione
del Paonessa, captata con intercettazione ambientale del 16/12/2013, progr. 230, secondo cui
il bar sarebbe stato pagato almeno 770.000 euro, affermazione che nel ricorso si assume,
invece, doversi attribuire a mera millanteria senza alcuna indicazione delle possibili ragioni di
questa.
Gli stretti rapporti tra il Grillo e suo cognato Barbaro Rocco e l’attiva partecipazione del
primo alle operazioni ed alle trattative volte all’acquisto dell’esercizio commerciale da parte dei
Barbaro non consentono, poi, di ravvisare alcuna illogicità motivazionale all’ordinanza
impugnata, laddove questa riconosce la piena consapevolezza da parte del ricorrente, del
carattere meramente fittizio dell’intestazione della società AB Ristorazione S.r.l., da ritenersi
nella disponibilità di Barbaro Rocco e Barbaro Francesco.
Anche l’ordinanza impugnata, peraltro, al pari dell’ordinanza cautelare, riferisce del
rinvenimento di una prima microspia sin dal 12/6/2013, e tuttavia non incorre in alcun vizio
logico laddove, a seguito della ben successiva emersione dell’indagine “Platino 2” coinvolgente
la famiglia Barbaro, individua il motivo della volontà di restituire il bar “Vecchia Milano” ai
precedenti gestori non già nel mancato ottenimento della licenza per vendere i tabacchi,
quanto nel timore dei Barbaro di azioni giudiziarie e patrimoniali dell’Autorità giudiziaria nei
loro confronti, come ben chiaro anche ai diretti interessati all’operazione, tanto che in una
conversazione intercettata, riferita nell’ordinanza, il Paonessa ed il Greco si scambiavano
commenti al riguardo.
3.2. anche il secondo motivo di impugnazione è infondato, non potendosi riconoscer
alcuna violazione di legge né vizio motivazionale nel riconoscimento dell’aggravante del
metodo mafioso in relazione al capo n. 3), congruamente giustificata nell’ordinanza impugnata,
non solo con i riferimenti alla caratura criminale dei Barbaro, che l’ordinanza ripetutamente
mostra essere nota al Paonessa, che ne conosce anche le recenti vicende giudiziarie, ma
soprattutto in considerazione delle modalità che hanno accompagnato l’operazione, con
comunicazioni che non ammettevano obiezioni, convocando con l’uso di “ambasciate” a Platì
per discutere di dettagli importanti, con minacce inequivocabilmente percepite dagli interessati
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giustificazione di tale provenienza, così come si riferisce non essere stata documentata la

(“queste qua sono prepotenze che fanno perché hanno toccato tutto loro” ; “vedi che ti ha
detto: «ti picchio testa contro testa>> quando sono sceso là sotto questo e quell’altro … ohi
Fortunato, ma davvero stiamo coglioneggiando?”: sono solo alcune delle comunicazioni tra i
due acquirenti riferite nell’ordinanza per indicare le modalità con le quali i predetti percepivano
la costrizione) in un contesto intimidatorio, nel quale il Grillo è descritto come protagonista
dell’incontro a Platì, volto alla retrocessione del bene a condizioni del tutto sfavorevoli per il
Paonessa.

ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.

P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.

Così deciso nella camera di consiglio del 10 giugno 2016

Il Consigliere estensore

Il re idente

4. Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., al rigetto del ricorso consegue la condanna del

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