Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28796 del 03/06/2016


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 28796 Anno 2016
Presidente: FUMU GIACOMO
Relatore: PELLEGRINO ANDREA

SENTENZA

sul ricorso proposto personalmente da Coccia Michele, n. ad Anagni il
08/07/1982, rappresentato e assistito dall’avv. Pietro Di Taranto,
d’ufficio, avverso la sentenza del giudice per l’udienza preliminare
presso il Tribunale di Frosinone, n. 4751/2014, in data 11/12/2015;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
sentita la relazione della causa fatta dal consigliere dott. Andrea
Pellegrino;
letta la requisitoria scritta in data 29/02/2016 del Sostituto
Procuratore generale dott.ssa Paola Filippi con la quale si è chiesto di
dichiararsi l’inammissibilità del ricorso con ogni conseguenza
accessoria.

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con sentenza ex art. 444 cod. proc. pen. in data 11 dicembre
2015, nell’ambito di procedimento per rapina aggravata in concorso
ed altri reati, il giudice per l’udienza preliminare presso il Tribunale di

i

Data Udienza: 03/06/2016

Frosinone, previo riconoscimento delle circostanze attenuanti
generiche con giudizio di equivalenza rispetto alla contestata
circostanza aggravante, applicava nei confronti di Michele Coccia la
pena di anni due, mesi quattro di reclusione ed euro 800,00 di multa,
con condanna al pagamento delle spese processuali e di custodia
cautelare.
2.

Avverso detta sentenza, viene proposto ricorso per

cassazione lamentandosi da parte dell’imputato la violazione degli
artt. 62 bis e 69 cod. pen., essendosi il giudice limitato a condividere
il prospettato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche
con giudizio di equivalenza senza alcun apporto argomentativo
autonomo nonché l’eccessività del trattamento sanzionatorio.
3. Il ricorso è manifestamente infondato e, come tale, va
dichiarato inammissibile.
4. Va preliminarmente evidenziato come nel procedimento ex
art. 444 cod. proc. pen., il giudice si deve limitare a verificare la
correttezza giuridica del calcolo della pena e della comparazione delle
circostanze, non potendo sovrapporre la propria valutazione di merito
a quella delle parti che hanno concordato la pena: verifica, nella
specie, pienamente compiuta sia con riferimento al riconoscimento
delle circostanze attenuanti generiche che in ordine al giudizio di
bilanciamento (nel senso dell’equivalenza) con le contestate
circostanze aggravanti.
4.1. La verifica in parola, atteso il suo carattere delibativo, non
impone affatto l’adozione di una motivazione analitica, dal momento
che l’accertamento della correttezza e della condivisibilità del giudizio
di bilanciamento effettuato dalle parti consente un implicito richiamo
per relationem a quel giudizio ed alle valutazioni ivi sottese (cfr., Sez.
6, n. 1892 del 11/11/1992, dep. 1993, P.M. in proc. Farana ed altri,
Rv. 193536).
4.2. Né, inoltre, si può ritenere che il giudice, in sede di
applicazione pena su richiesta, possa modificare l’accordo raggiunto
dalle parti modificando la pena a seguito dell’effettuazione di un
giudizio di comparazione tra circostanze in termini diversi da quelli
prospettati dalle parti (Sez. 3, n. 1191 del 16/03/2000, P.G. in proc.
Farci, Rv. 217597, in cui la Suprema Corte ha annullato la sentenza di
patteggiamento nella quale il giudice aveva ritenuto le attenuanti

2

generiche prevalenti rispetto all’aggravante contestata mentre le
parti, nell’accordo raggiunto, le avevano considerate equivalenti).
5. Parimenti, manifestamente infondata è la censura in punto
eccessività del trattamento sanzionatorio.
Il ratificato accordo tra le parti sulla misura della pena che il
giudice abbia valutato come congrua impedisce la proposizione del
ricorso per cassazione fuori dall’ipotesi – qui non ricorrente – di

30/10/2013, P.G. un proc. Elmezleni, Rv. 257152).
6. Alla pronuncia consegue, per il disposto dell’art. 616 cod.
proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali nonché al versamento, in favore della Cassa delle
ammende, di una somma che, considerati i profili di colpa emergenti
dal ricorso, si determina equitativamente in euro 2.000,00

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di
Euro 2.000,00 alla Cassa delle ammende.
Così deciso il 03/06/2016.

applicazione di una pena illegale (cfr., ex multis, Sez. 6, n. 44909 del

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