Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28792 del 03/03/2016


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 28792 Anno 2016
Presidente: FIANDANESE FRANCO
Relatore: DE CRESCIENZO UGO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
MAZZITELLI IPPOLITO N. IL 10/02/1992
avverso l’ordinanza n. 125/2015 TRIB. LIBERTA’ di REGGIO
CALABRIA, del 24/08/2015
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. UGO DE CRESCIENZO;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.
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Uditi difensor Avv.; We
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Data Udienza: 03/03/2016

MOTIVI DELLA DECISIONE

MAZZITELLI Ippolito, sottoposto alla misura cautelare della custodia in carcere per
la violazione dell’art. 416 bis cod. pen., disposta dal Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Reggio Calabria, tramite il difensore ricorre per Cassazione
avverso l’ordinanza 24.8.2015 con la quale il Tribunale del riesame della omonima
città ha rigettato l’appello proposto al fine di ottenere una modificazione della misura cautelare in atto.
La difesa chiede l’annullamento della decisione impugnata deducendo i seguenti

motivi così riassunti ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
1) Ex art. 606 comma 1 lett. b) ed E) cod. proc. pen. in relazione all’art. 299
codice di rito. In particolare la difesa sostiene: a) l’erroneità del riferimento
fatto dal Tribunale in ordine alla sussistenza di un “giudicato cautelare”, b)
l’omessa valutazione dei nuovi elementi di prova dedotti dalla parte.
2)

Ex art. 606 comma 1 lett. b) ed e) cod. proc. pen. vizio di motivazione in
relazione alle ritenute esigenze cautelari che non sono state oggetto di rivalutazione alla luce delle nuove produzioni probatorie che incidono sulla
prova della misura della partecipazione o é.coinvolgimento dell’imputato
nella vicenda penale.

RITENUTO IN DIRITTO

Il ricorso è manifestamente infondato.
La denunciata violazione secondo la prospettiva di cui all’art. 606 comma 1 lett. b)
cod. proc. pen. è insussistente. la difesa non ha messo in rilievo alcuna violazione
di norme penali sostanziali la cui erronea applicazione ricade sotto la disciplina
della citata disposizione. Infatti la violazione delle norme penali processuali ricade
sotto la lettera c) dell’art. 606 comma 1) cod. proc. pen., ovviamente nei limiti
previsti dalla norma in esame. Il ricorso non può che essere preso in considerazione se non sotto il profilo del vizio di motivazione. In tale ambito l’impugnazione è
inammissibile, perché generica esulando dai limiti propri del giudizio di legittimità
che si caratterizza per essere un giudizio di impugnazione a carattere devolutivo e
a contenuto vincolato.
Va in particolare osservato che la difesa non ha messo in evidenza alcun specifico
vizio della motivazione (contraddittorietà, manifesta illogicità o carenza) che ex
art. 606 cod. proc. pen. deve essere rilevabile dal testo del provvedimento impugnato. Dalla lettura di quest’ultimo si evince che il Tribunale del riesame, adito con
gravame di appello, per una rivisitazione della posizione processuale dell’indagato
(sottoposto alla misura cautelare della custodia in carcere siccome partecipe
dell’associazione di stampo mafioso denominata clan MULE’), dopo avere indicato i
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limiti derivanti dal c.d. “Giudicato cautelare”, ha valutato i nova allegati dalla difesa a sostegno del gravame: valutazione degli elementi di gravità alla luce delle dichiarazioni contenute nell’interrogatorio del padre dell’indagato e delle allegazioni
documentali dimostrative delle attività commerciali svolte dal MAZZITELLI nel settore delle slot machines. Il Tribunale con motivazione adeguata e non specificatamente censurata ha valutato il materiale probatorio prodotto dalla difesa inidoneo
a superare gli elementi di prova già presi in considerazione nella ordinanza cautelare già confermata in sede di giudizio di riesame, sì da costituire un “giudicato
cautelare”. La valutazione della capacità dimostrativa dei c.d. “nova” (allegazioni

della difesa che costituiscono una novità rispetto al materiale già esaminato) in
ordine ai fatti sostanziali già esaminati e valutati, riconduce ad un apprezzamento
di merito che è insuscettibile di valutazione in questa sede. La difesa dopo avere
lungamente argomentato, con richiami giurisprudenziali, non sempre strettamente
pertinenti con il tema decidendum, non ha indicato e dimostrato specifici vizi della
motivazione e la loro incidenza sul complessivo apparato argomentativo del provvedimento impugnato, sicché la doglianza esonda dagli stretti limiti previsti
dall’art. 606 comma 1 lett. e) cod. proc. pen.
Con riferimento all’aspetto relativo alla sussistenza delle esigenze cautelari alla luce della disciplina di cui all’art. 275 cod. proc. pen., vengono in rilievo due ulteriori
considerazioni. Il Tribunale del riesame (pag 4 dell’ordinanza) ha ribadito le ragioni per le quali ritiene ex art. 275 comma 3 cod proc. pen. che debba essere
mantenuta la misura cautelare della custodia in carcere mettendo in evidenza l’elevatissimo coefficiente di allarme sociale pronnanante dalla ritenuta partecipazione dell’indagato al clan MULE’, elemento quest’ultimo che a sua volta si sovrappone alla natura dell’imputazione che impone la rilevazione di elementi concreti
sulla base dei quali poter affermare essere venute meno le esigenze cautelari. Il
Tribunale esaminando i “nova” allegati dalla difesa ha escluso che gli stessi siano
significativi e concludenti in ordine ad una diversa valutazione delle originarie esigenze cautelari siccome non emergono elementi in base ai quali si possa ritenere
essersi verificata una scissione tra l’indagato e la organizzazione criminale. Anche
in questo caso il giudizio del Tribunale non può essere sindacato sotto il profilo del
merito. In diritto la decisione è corretta e la difesa non ha fornito alcuna dimostrazione circa l’avvenuta scissione tra l’indagato e il gruppo mafioso.
Per le suddette ragioni il ricorso è inammissibile e il ricorrente va condannato al
pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di € 1.000,00 alla Cassa delle ammende, così equitativamente determinata la sanzione amministrativa prevista dall’art. 616 cod. proc. pen., ravvisandosi nella condotta processuale del ricorrente gli estremi della responsabilità ivi stabilita. Si manda alla cancelleria per le comunicazioni di legge ex art. 94 disp. att. cod. proc. pen.

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P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di € 1.000,00 alla Cassa delle ammende.

Così deciso in Roma il 3.3.2016

Si comunichi ai sensi dell’art. 94 disp. att. cod. proc. pen

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