Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28791 del 03/03/2016


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 28791 Anno 2016
Presidente: FIANDANESE FRANCO
Relatore: DE CRESCIENZO UGO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
LEALE VITO N. IL 14/12/1966
avverso l’ordinanza n. 1227/2015 TRIB. LIBERTA’ di PALERMO, del
01/10/2015
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. UGO DE CRESCIENZO;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.
/ 9:17/ e–le,

Fr

Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 03/03/2016

MOTIVI DELLA DECISIONE
LEALE Vito, sottoposto alla misura della custodia cautelare in carcere per la violazione dell’art. 628 cod. pen. emessa dal Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Sciacca, ricorre per Cassazione avverso l’ordinanza 1.2.2015 con la quale il Tribunale del riesame di Palermo ha rigettato la richiesta di riesame della suddetta misura.
La difesa chiede l’annullamento della decisione impugnata deducendo i seguenti
motivi così riassunti ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
1) ex art. 606 comma 1 lett. b) ed e) cod. proc. pen., violazione degli artt. 273

cod. proc. pen., 110, 628 e 56 cod. pen. La difesa sostiene che l’ordinanza va annullata per mancanza assoluta ed illogicità della motivazione: i giudice del riesame
si sarebbero limitati a riportare gli elementi già indicati nell’ordinanza genetica,
anche attraverso un richiamo per relationem senza indicare in alcun modo I ragioni per le quali tali elementi costituiscano ed integrino i gravi indizi di colpevolezza.
La difesa sostiene ancora che: a) l’ordinanza impugnata omette di verificare se i
singoli elementi attinenti la posizione del ricorrente possano assumere la qualifica
di indizi gravi, precisi e concordanti; b) in relazione alla rapina di cui al capo A) gli
elementi di prova non sono dimostrativi della partecipazione o di un coinvolgimento nella rapina, dagli atti di indagine non è stato accertato alcun coinvolgimento
del ricorrente nè prima nè dopo i fatti contestati; c) con riferimento al delitto di cui
al capo H), se è vero che il controllo di polizia effettuato nei confronti dell’imputato
attesta la sua presenza nel territorio ove è stato commesso il delitto, pur tuttavia,
l’imputato non aveva alcunché che possa provare un suo coinvolgimento nel fatto
criminoso essendo erroneo il riferimento contenuto in ordinanza del Tribunale, circa le persone che dovevano essere incontrate dall’imputate, secondo la ipotetica
tesi contenuta nell’ordinanza genetica.

RITENUTO IN DIRITTO

Il ricorso è manifestamente infondato
Va premesso che la valutazione delle doglianze difensive soggiace ai noti limiti del
giudizio di legittimità. Infatti in materia di provvedimenti “de libertate”, la Corte di
Cassazione non ha alcun potere né di revisione degli elementi materiali e fattuali
delle vicende indagate (ivi compreso lo spessore degli indizi), né di rivalutazione
delle condizioni soggettive dell’indagato in relazione alle esigenze cautelari ed
all’adeguatezza delle misure; infatti, sia nell’uno che nell’altro caso si tratta di apprezzamenti propri del giudice di merito. Il controllo di legittimità rimane pertanto
circoscritto all’esame del contenuto dell’atto impugnato per verificare, da un lato
le ragioni giuridiche che lo hanno determinato e, dall’altro l’assenza di illogicità
evidenti, nelle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento
1

[Cass. SU 22.3.2011 n. 11; Cass. Sez. II 7.12.2011 n. 56; Cass. Sez VI
12.11.1998 n. 3529; Cass. Sez. I ordinanza 20.3.1998 n. 1700; Cass. Sez. I
11.3.1998 n. 1496; Cass. Sez. I 20.2.1998 n. 1083]. Da quanto sopra discende
che: a) in materia di misure cautelari la scelta e la valutazione delle fonti di prova
rientra fra i compiti istituzionali del giudice di merito sfuggendo entrambe a censure in sede di legittimità se adeguatamente motivate ed immuni da errori logico
giuridici, posto che non può contrapporsi alla decisione del Tribunale, se correttamente giustificata, un diverso criterio di scelta o una diversa interpretazione del
materiale probatorio; b) la denuncia di insussistenza di gravi indizi di colpevolezza

o di assenza di esigenze cautelari è ammissibile solo se la censura riporta
l’indicazione precisa e puntuale di specifiche violazioni di norme di legge, ovvero
l’indicazione puntuale di manifeste illogicità della motivazione provvedimento, secondo i canoni della logica ed i principi di diritto, esulando dal giudizio di legittimità sia le doglianze che attengono alla ricostruzione dei fatti sia quelle che si risolvano in una diversa valutazione delle circostanze esaminate e valorizzate dal giudice di merito. [v. in tal senso Cass sez. III 21.10.2010 n. 40873]. Infatti D sindacato del giudice di legittimità sulla motivazione del provvedimento impugnato deve
essere volto a verificare che quest’ultima: a) sia “effettiva”, ovvero realmente idonea a rappresentare le ragioni che il giudicante ha posto a base della decisione
adottata; b) non sia “manifestamente illogica”, perché sorretta, nei suoi punti essenziali, da argomentazioni non viziate da evidenti errori nell’applicazione delle
regole della logica; c) non sia internamente “contraddittoria”, ovvero esente da insormontabili incongruenze tra le sue diverse parti o da inconciliabilità logiche tra le
affermazioni in essa contenute; d) non risulti logicamente “incompatibile” con “altri atti del processo” (indicati in termini specifici ed esaustivi dal ricorrente nei motivi posti a sostegno del ricorso) in misura tale da risultarne vanificata o radicalmente inficiata sotto il profilo logico [Cass. Sez. I 19.10.2011 n. 41738; e nello
stesso senso Cass. Sez. IV 3.5.2007 n. 22500; Cass. Sez. VI 15.3.2006 n. 10951]
Passando quindi in disamina i punti di ricorso va osservato quanto segue.
La doglianza relativa al difetto assoluto di motivazione non può essere accolta,
siccome nella specie non si ravvisa alcuna violazione dell’art. 125 cod. proc. pen.
La nullità contemplata dalla suddetta disposizione ricorre nei soli casi o di assenza
assoluta di motivazione o nel caso di motivazione apparente, cioè nell’ipotesi in
cui l’apparato argomentativo sia puramente astratto, senza alcun riferimento concreto alla fattispecie sottoposta all’esame dell’organo giudicante. Parimenti non
può essere presa in considerazione la denuncia di violazione di norme penali sostanziali (artt. 110, 56, 628 cod. pen.) di cui alla lettera b) dell’art. 606 cod. proc.
pen., posto che la difesa non sviluppa alcuna considerazione su detto tema.
Rimane da considerare la doglianza sotto il profilo del vizio di motivazione di cui
all’art. 606 comma 1 lett. e) cod. proc. pen., che peraltro neppure può essere ac2

colto. Nel caso in esame la difesa non ha messo in evidenza alcun vizio della motivazione desumibile dalla lettura del provvedimento impugnato, così come disposto
dalla citata disposizione processuale penale, ma si è limitata a fornire un autonomo giudizio di valenza della capacità dimostrativa degli indizi presi in considerazione dal Tribunale del riesame. Sotto questo punto di vista le censure mosse dalla difesa si riducono a considerazioni di merito e come tali non suscettibili di considerazione in questa sede.
Per le suddette ragioni il ricorso è inammissibile e il ricorrente va condannato al

la Cassa delle ammende., così equitativannente stabilita la sanzione amministrativa prevista dall’art. 616 cod. proc. pen., ravvisandosi nella condotta processuale.
Manda alla Cancelleria per le comunicazioni di legge previste dall’art. 94 disp. att.
cod. proc. pen.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di C 1.000,00 alla Cassa delle ammende. Si comunichi
ex art. 94 disp. att. cod. proc. pen.

Così deciso in Roma il 3.3.2016

pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di C 1.000,00 al-

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