Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28790 del 22/06/2016


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 28790 Anno 2016
Presidente: DE CRESCIENZO UGO
Relatore: AGOSTINACCHIO LUIGI

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
• COLORISI Domenico nato a Roghudi il 13/10/1948
avverso la sentenza emessa in data 15/05/2014 della Corte di Appello di Reggio
Calabria
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita la relazione svolta dal consigliere dr. Luigi Agostinacchio;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.
Sante Spinaci, che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso;
udito il difensore, avv. Marino Maurizio Punturieri del foro di Reggio Calabria, che
ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza in data 15/05/2014 la Corte di Appello di Reggio Calabria, in
riforma della sentenza del Gup del Tribunale di Reggio Calabria emessa con rito
abbreviato il 27/02/2013, appellata da Colorisi Domenico – previa riqualificazione
del reato di falso contestato in quello di cui agli artt. 477 e 482 cod. pen. dichiarava non doversi procedere nei confronti di costui in ordine ai reati di falso
commessi sino al luglio del 2006 ed in ordine al reato di cui all’art. 640 bis cod.
pen, limitatamente alle erogazioni riscosse sino al luglio del 2006, perché estinti
per prescrizione; in relazione ai residui reati rideterminava la pena in due anni e
sei mesi di reclusione.

Data Udienza: 22/06/2016

L’affermazione di responsabilità si riferiva alla percezione fino al 2010 di
contributi erogati dall’AGEA (l’Agenzia per le Erogazioni Agricole), mediante
artifici e raggiri consistiti nella formazione di falsi atti rilasciati dalla Pubblica
Amministrazione (ed in particolare dai Comuni di Bova e Roghudi) attestanti la
disponibilità di terreni, di proprietà di tali enti, concessi al ricorrente per il
pascolo di bestiame.
2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione il Colorisi tramite

il vizio di motivazione e la violazione di legge con riferimento alla richiesta
di rito abbreviato condizionato all’acquisizione di documenti, accolta dal
gup, senza successiva integrazione istruttoria;
la violazione di legge con riferimento agli artt. 477 e 482 cod. pen. attesa
la palese contraffazione dei certificati utilizzati con conseguente
esclusione della punibilità per il cd. falso grossolano;
la mancata derubricazione della truffa nel reato previsto dall’art. 316 cod.
pen;
la prescrizione delle condotte relative agli anni 2007 e 2008;
l’immotivato diniego delle generiche.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il primo, il terzo ed il quinto motivo sono inammissibili perchè si risolvono
nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello e motivatamente
disattesi dal giudice di merito, dovendosi gli stessi considerare non specifici ma
soltanto apparenti, in quanto non assolvono la funzione tipica di critica puntuale
avverso la sentenza oggetto di ricorso (tra le tante Cass. sez. 5 n. 11933 del 27
gennaio 2005, rv. 231708).
La corte territoriale con congrua motivazione ha evidenziato:
– per quanto riguarda la mancata assunzione della prova oggetto
dell’integrazione cui era condizionato il rito abbreviato, che si trattava degli esiti
delle indagini delegate dal P.M. il 6/07/2012, successivamente acquisiti, e che il
padre dell’imputato non era beneficiario di concessione di diritti reali di
godimento presso i comuni in questione, senza possibilità di confusione
sull’identità di costui (“non può ritenersi che tali attestazioni riguardino Colorisi
Demetrio Mauro, figlio dell’appellante, il cui nome di battesimo è diverso,

2

difensore di fiducia eccependo:

essendo viceversa senz’altro verosimile che le stesse si riferiscano al padre
Colorisi Demetrio”);

che la condotta integrava gli estremi della truffa aggravata per il

conseguimento di pubbliche erogazioni ex art. 640 bis cod. pen.
caratterizzandosi per gli artifici (false dichiarazioni, false autorizzazioni comunali)
idonei ad indurre in errore l’amministrazione in ordine alla disponibilità di terreni
da parte del Colorisi;

generiche.
Tali argomentazioni non sono state specificatamente contestate, insistendo il
ricorrente nella prospettazione delle tesi difensive a base dell’appello.
2. Anche il secondo motivo è inammissibile trattandosi di censura (la non
punibilità del falso perché grossolano) che non poteva essere dedotta in
cassazione in quanto attinente una questione non prospettata nei motivi di
appello (Cass. Sez.

sent. n. 10611 del 04/12/2012, dep. 07/03/2013, Rv.

256631).
3. Il ricorso è pertanto inammissibile e, come tale, inidoneo a instaurare un
regolare rapporto processuale di impugnazione, con la conseguenza che la
sentenza impugnata passa automaticamente in cosa giudicata e resta precluso
qualsiasi accertamento di sopravvenute cause di non punibilità quali la eventuale
prescrizione del reato successiva alla sentenza di secondo grado.
Segue, a norma dell’articolo 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento
delle spese del procedimento e al pagamento a favore della Cassa delle
Ammende, non emergendo ragioni di esonero, della somma ritenuta equa di C
1.500,00 a titolo di sanzione pecuniaria.

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 1.500,00 alla Cassa delle ammende.

Così deciso in Roma il giorno 22 giugno 2016

Il Consigliere estensore

– che i plurimi precedenti penali erano ostativi al riconoscimento della attenuanti

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