Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 2879 del 14/11/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 2879 Anno 2014
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: MARINI LUIGI

SENTENZA
sul ricorso proposto da

ANFUSO Carmela Giuseppina, nata a Sant’Angelo di Brolo il 22/10/1952
LACCOTTO Giuseppe, nato a Brolo il 28/4/1949
avverso la sentenza del 16/1/2013 del Tribunale di Patti, che li ha condannati,
previa concessione delle circostanze attenuanti generiche, alla pena di 400,00
euro di ammenda perché colpevoli del reato previsto dagli artt.110 cod. pen. e
54 e 1161 del Cod. Nav., accertato il 29/9/2006, con permanenza;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Luigi Marini;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, Enrico
Delehaye, che ha concluso chiedendo annullarsi la sentenza con rinvio;
udito per l’imputata Anfuso l’avv. Valerio Francesco Pizzuto, che ha concluso
chiedendo accogliersi il ricorso;
udito per l’imputato Laccotto l’av. Domenico Magistro, che ha concluso chiedendo
accogliersi il ricorso.

RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 16/1/2013 il Tribunale di Patti ha condannato, previa
concessione delle circostanze attenuanti generiche, alla pena di 400,00 euro di
ammenda i sigg. Laccato, quale sindaco di Brolo, e la sig.ra Anfuso, quale

Data Udienza: 14/11/2013

responsabile del servizio urbanistica-ambiente e territorio del medesimo comune,
perché colpevoli del reato previsto dagli artt.110 cod. pen. e 54 e 1161 del Cod.
Nav.
Decidendo a seguito di opposizione a decreto penale di condanna, il
Tribunale ha ritenuto accertato che in assenza di autorizzazione gli imputati
abbiano occupato un tratto di demanio marittimo in quanto mantenevano la
presenza di una condotta sottomarina destinata allo scarico della acque reflue
depurate provenienti dall’impianto di sollevamento esistente nei pressi del

Il Tribunale ha accertato che la condotta sottomarina fu realizzata nel corso
degli anni ’80 in assenza di autorizzazione da parte delle autorità demaniali; che
nel corso dell’anno 1988 una richiesta comunale di regolarizzazione venne
respinta dalla Capitaneria di Porto di Messina in quanto l’opera era stata
realizzata abusivamente; che la irregolarità fu oggetto di accertamento nell’anno
1989 cui seguì una ordinanza di sgombero in data 7/2/1990; che nelle more
l’allora sindaco aveva disposto con ordinanza, per ragioni di igiene, la
prosecuzione nella utilizzazione della condotta sottomarina; infine, che in data
3/10/2006, e cioè pochi giorni dopo il nuovo accertamento, la responsabile del
Comune aveva avanzato istanza di regolarizzazione ex art.6 della legge regionale
28/12/2004, n.17, istanza rigettata.
Il Tribunale ha escluso che, attesa la natura e la funzione della condotta, il
sindaco possa invocare a proprio discarico la delega di funzioni, rientrando nelle
sue attribuzione l’adozione delle iniziative volte a realizzare opere alternative alla
condotta sottomarina irregolare, opere che comportano l’adozione di scelte in
termini di spesa. Ha, infine, giudicato sussistente la permanenza del reato in
assenza di rimozione o regolarizzazione delle opere, con conseguente esclusione
del decorso del termine prescrizionale massimo.
2. Avverso tale decisione l’avv. Francesco Pizzuto propone ricorso

nell’interesse della sig.ra Anfuso, in sintesi lamentando:
a. Errata applicazione di legge ex art.606, lett.b) cod. proc. pen. e vizio di
motivazione ai sensi dell’art.606, lett.e) cod. proc. pen. in relazione, in
particolare, all’art.107 del d.lgs. 18 agosto 2000, n.267, e all’art.6 dela legge
Regione Siciliana n.17 del 2004. Una responsabilità della sig.ra Anfuso
avrebbe potuto discendere o dalla conoscenza della situazione di irregolarità
o dall’inadempimento rispetto ad atti di indirizzo politico che concernessero la
presenza della condotta sottomarina; nessuna di queste due condizioni si è
verificata, se è vero che: 1) l’ingiunzione di sgombero emessa nell’anno 1990
dalla Capitaneria di Porto fu notificata all’allora segretario comunale in data
20/2/1990; 2) le autorità marittime, accertato in data 22/7/1993 il

2

I ungomare.

permanere della irregolarità, non esercitarono per molti anni alcuno dei
poteri di intervento ex art.54 Cod. Nav.; 3) solo nel mese di settembre 2006
la sig.ra Anfuso fu notiziata della esistenza di irregolarità e provvide
immediatamente a sollecitare la regolarizzazione delle opere. A ciò deve
aggiungersi che la condotta sottomarina opera solo come scarico di
emergenza nel contesto del piano fognario del Comune di Brolo approvato
con decreti assessorali Territorio e Ambiente n.1190/90 e 1016/7 del
3/12/1994 (cfr. nota 15/9/2007 del N.O.E., pag.2, punto 2); si è in presenza,

nav. (Sez.3, n.35694 del 5/4/2011). Il Tribunale ha, poi, ignorato
l’immediata attivazione della ricorrente e il fatto che la richiesta a sua firma
non è stata affatto rigettata (note della Capitaneria di Porto del 13/12/2010 e
del 26/7/2011), ma è stata avviata una nuova procedura di sgombero con
interessamento della Commissione di Conciliazione (art.6, comma 18, della
legge regionale n.17 del 2004);
b. Vizio di motivazione ai sensi dell’art.606, lett.e) cod. proc. pen. in ordine
all’elemento soggettivo del reato, essendo evidente la non conoscenza in
capo alla ricorrente dell’ordinanza di sgombero notificata ad altro soggetto
nel 1990.
3. Propone ricorso personalmente il sig. Giuseppe Loccoto, in sintesi
lamentando:
a.

Errata applicazione di legge ex art.606, lett.a) cod. proc. pen. per avere il
Tribunale ritenuto che il mantenimento di una occupazione di suolo
demaniale costituisca reato, in contrasto con la dizione dell’art.54 del Cod.
Nav. che punisce la condotta di “occupare” e non quella di “mantenere”
l’occupazione;

b.

Errata applicazione di legge ex art.606, lett.b) cod. proc. pen. per essere la
responsabilità penale personale ai sensi dell’art.27 Costituzione e dunque non
imputabile al sindaco pro-tempore che non sia stato destinatario di alcuna
ingiunzione e che non abbia avuto notizia dell’esistenza di detta ingiunzione;

c.

Errata applicazione di legge ex art.606, lett.b) cod. proc. pen. e vizio di
motivazione ai sensi dell’art.606, lett.e) cod. proc. pen. in relazione alla
assenza di competenze proprie del sindaco in materie oggetto di delega per
le funzioni gestionali, delega assegnata all’arch. Anfuso che già ricopriva
funzioni analoghe nell’anno 1987 e che aveva predisposto le pratiche
amministrative a partire dall’ordinanza emanata dall’allora sindaco Fonti in
data 3/6/1987;

d.

Errata applicazione di legge ex art.606, lett.b) cod. proc. pen. per avere il
Tribunale omesso di dichiarare la prescrizione del reato, prescrizione che

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dunque, di opera inamovibile e acquisita al patrimonio statale ex art.49 Cod.

decorre dall’ultimazione delle opere cui fa seguito il passaggio dell’opera allo
Stato e la cessazione della disponibilità in capo all’ente locale.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1.

La Corte ritiene di dover sgombrare il campo da una questione, che

potrebbe risultare pregiudiziale, legata all’interpretazione delle nome violate e
che i ricorrenti prospettano in maniera errata.
Il riferimento e alla questione se la fattispecie incriminatrice sanzioni o

demaniale che è stata inizialmente posta in essere da altri. La risposta non può
che essere positiva. La fattispecie incriminatrice, infatti, sanziona la condotta
consistente nell’occupare senza titolo, cioè nel limitare o impedire la fruibilità di
un’area demaniale, senza che ai fini dell’attualità della violazione abbia rilievo
quale soggetto abbia dato avvio alla violazione stessa e in quale momento. Sul
punto si rinvia alle chiare motivazioni delle decisioni di questa Sezione n. 42404
del 29/9/2011, Farci; n.34622 del 22/6/2011, P.M. in proc. Barbieri; n. 16495
del 25/3/2010, Massacesi. Si legge, in particolare, nella prima di tali decisioni
che “l’occupazione arbitraria di bene demaniale marittimo consiste nell’acquisire

e mantenere il possesso o, comunque, una situazione fattuale di detenzione con
il bene in modo corrispondente all’esercizio di un diritto di proprietà o di
godimento sia esso reale o personale, contraddistinto dalla continuità o dalla
sta gionalità cioè senza un carattere transeunte, dall’esclusione del diritto
collettivo di uso per uno spazio non limitato ed un tempo apprezzabile in modo
da impedire la fruibilità da parte di potenziali utenti o da comprimerne in
maniera significativa l’uso, in quanto il bene giuridico tutelato dalla norma è
costituito dall’interesse della collettività di usare in maniera completa ed in tutte
le sue implicazioni il bene demaniale” (Sez. 3, 8.11.2000, Bartoletti).”
2. E’, poi, opportuno ricordare fin d’ora che la sentenza impugnata non
adotta una lettura censurabile delle norme quando, muovendo dalla natura
permanente del reato, conclude che in assenza di condotte o circostanze
interruttive, quali la cessazione a qualsiasi titolo dell’uso o del godimento del
bene (Sez.3, n.16471 del 16/2/2007, Apicella; n.6450 dell’1/272006, Falcione),
la permanenza cessa con la sentenza di condanna in primo grado (Sez.2,
n.35419 dell’11/6/2010, Ferrara) e solo da tale momento decorrono i termini di
prescrizione.
3.

Fatte queste premesse, la Corte ritiene che la sentenza debba

impugnata meriti di essere censurata. La complessa vicenda amministrativa
sottesa al piano di trattamento delle acque e alla presenza e utilizzazione della

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meno il “mantenimento”, la prosecuzione dell’occupazione abusiva di suolo

condotta destinata allo smaltimento in mare avrebbe meritato un’attenta analisi
da parte del giudicante, posto che é pacifico che la condotta in parola fu costruita
da altri amministratori molti anni prima dell’insediamento dell’amministrazione in
carica nell’anno 2006 e posto che è necessario fondare su dati e argomenti
coerenti il giudizio circa la consapevolezza della situazione di irregolarità in capo
agli imputati o, comunque, circa la doverosa conoscibilità di tale situazione e
conseguente colpevole inerzia.
4. Muovendo da questa considerazione, la Corte rileva che la sentenza

preso in esame quanto accaduto fra gli anni che vanno dal periodo 1986-1990
(esaminati a pag.4) e quanto accertato quasi venti anni dopo, e cioè al momento
dei controlli dell’anno 2006. Né la sentenza esamina le date di insediamento del
sindaco Laccoto e di avvio dell’incarico dell’arch.Anfuso.
5. Ora, correttamente i ricorsi richiamano elementi da cui emerge che la
vicenda relativa al mantenimento e alla gestione della condotta di scarico è più
complessa di quanto esaminato in sentenza, posto che nel rapporto fra ente
comunale e autorità a tutela del vincolo debbono certamente essere intercorsi
ulteriori relazioni nei quasi venti anni intercorsi fra il verbale di constatazione del
1989 e l’ordinanza di sgombero dell’anno successivo, che videro protagonista il
sindaco Fonti, e gli accertamenti dell’anno 2006, posti a carico degli odierni
ricorrenti.
6. La ricostruzione di quanto accaduto negli anni che precedono i controlli
del 2006, la durata dell’impegno dei due ricorrenti presso l’ente territoriale e le
interlocuzioni eventualmente esistenti fra ente comunale ed enti a tutela del
vincolo sono tutti elementi che possono sul piano logico risultare decisivi per la
valutazione circa la sussistenza dell’elemento soggettivo del reato.
7. Sul punto, va osservato che non è dato comprendere alla Corte da quali
risultanze istruttorie emerga la consapevolezza in capo al sindaco della esistenza
della condotta sottomarina e dell’assenza di autorizzazione (si veda il terzo
capoverso di pag.5). Né è dato comprendere sulla base di quali elementi di fatto
il Tribunale (pag.4) ritenga irrilevante la circostanza che nei giorni
immediatamente successivi i controlli l’arch. Anfuso si attivò presentando una
istanza volta a regolarizzare l’occupazione del suolo; è con ogni evidenza
circostanza compatibile sia con l’ipotesi di previa ignoranza del problema sia con
quella di attivazione volta a porre rimedio a colpevole inerzia, ma proprio per
questo é circostanza che deve essere valutata sulla base di indicatori che
facciano propendere motivatamente per l’una o l’altra ipotesi.

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impugnata, certamente tutt’altro che sbrigativa nelle sue motivazioni, non ha

8. Sulla base delle considerazioni che precedono la sentenza impugnata
deve essere annullata con rinvio al giudice di merito affinché questi, tenendo
conto dei principi fissati con la presente decisione, provveda a un nuovo esame.
P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio al Tribunale di Patti.

Così deciso il 14/11/2013

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