Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28789 del 22/06/2016


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 28789 Anno 2016
Presidente: DE CRESCIENZO UGO
Relatore: SGADARI GIUSEPPE

SENTENZA

Sul ricorso proposto da:
Amico Consuelo, nata a Prato (’01/02/1988,
Balestra Cristian, nato a Lucca il 04/11/1985,
avverso la sentenza del 29/01/2015 della Corte di Appello di Firenze;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione della causa svolta dal consigliere Giuseppe Sgadari;
udito il Pubblico Ministero, nella persona del Sostituto Procuratore generale
Sante Spinaci, che ha concluso chiedendo l’annullamento senza rinvio nei
confronti di Amico Consuelo, limitatamente al capo A) con eliminazione della
relativa pena. Rigetto nel resto del ricorso di Amico Consuelo e del ricorso di
Balestra Cristian;
udito il difensore, avv. Marino Maurizio Punturieri, in sostituzione dell’avv. Luca
Cianferoni, che ha concluso riportandosi ai motivi di ricorso e chiedendone
l’accoglimento;
1

Data Udienza: 22/06/2016

RITENUTO IN FATTO

1.Con la sentenza in epigrafe, la Corte di Appello di Firenze confermava la
sentenza del Tribunale di Pistoia che aveva condannato gli imputati per i reati di
indebito utilizzo di carte di credito e ricettazione.
La Corte riteneva provato che i ricorrenti si fossero recati presso una gioielleria
di Pistoia ed avessero effettuato una transazione finalizzata all’acquisto di un

provenienza furtiva, immediatamente dandosi alla fuga quando l’operazione
illecita era stata scoperta dai titolari della gioielleria; i quali, avevano individuato
in fotografia entrambi gli imputati come autori del fatto. Inoltre, l’esame dei
tabulati della ricorrente Amico dava conto di spostamenti compatibili con la sua
partecipazione al delitto.
2. Ricorrono in cassazione gli imputati, a mezzo del loro comune difensore e con
unico atto, deducendo:
1) violazione di legge con riguardo all’art. 108 cod. proc. pen., non avendo la
Corte di Appello concesso un termine a difesa al difensore di fiducia dei ricorrenti
che ne aveva fatto espressa richiesta in quanto nominato il giorno precedente
all’udienza, con revoca del precedente difensore;
2) violazione di legge con riguardo alla valutazione probatoria dell’individuazione
fotografica effettuata dalle parti offese, che la Corte avrebbe dovuto ritenere
inattendibile in relazione alle modalità con le quali sarebbe stata effettuata e,
comunque, priva di riscontro;
3) violazione di legge in ordine alla sussistenza del reato di ricettazione, dal
momento che sarebbe rimasto indinnostrato il fatto che si fosse verificato un
reato presupposto; in ogni caso, del delitto di ricettazione sarebbero assenti gli
elementi costitutivi;
4)

vizio di motivazione con riguardo sia alla mancata concessione della

sospensione condizionale della pena alla ricorrente Amico che alla mancata
concessione delle circostanze attenuanti generiche in misura prevalente rispetto
alle aggravanti;
5)

con l’ultimo motivo si eccepisce in favore della Amico l’intervenuta

prescrizione dei reati.
Sono stati depositati motivi nuovi, con separati atti, nell’interesse dei due
ricorrenti.
In favore del Balestra, si deduce violazione di legge e vizio di motivazione con
riguardo alla ritenuta sussistenza della recidiva.
In favore della Amico, oltre ad argomentazioni volte a rafforzare il motivo
principale tendente a negare la sua responsabilità e quello attinente al mancato
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braccialetto del valore di circa duemila euro, utilizzando due carte di credito di

riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche come prevalenti rispetto
alle aggravanti, si deduce:
1) violazione di legge per non avere la Corte concesso il rinvio dell’udienza di
trattazione del processo per legittimo impedimento dell’imputata;
2)

violazione di legge e mancanza di motivazione in ordine alla sussistenza
dell’attenuante di cui all’art. 648, comma 2, cod.pen..

I ricorsi sono manifestamente infondati.
1. Quanto alla supposta violazione del diritto di difesa per mancata concessione
di un termine ex art. 108 cod. proc. pen. al difensore di fiducia di nuova nomina,
di cui al primo motivo di ricorso, deve osservarsi che, secondo la conforme
giurisprudenza di legittimità condivisa dal Collegio, la concessione di un termine
a difesa ritenuto non congruo o la sua mancata concessione, determinano una
nullità generale a regime intermedio, per cui la relativa questione doveva essere
eccepita, a pena di decadenza, entro il termine di cui all’art. 182, comma 2, cod.
proc. pen., e, quindi, al più tardi, immediatamente dopo il diniego della richiesta,
mentre è stata dedotta per la prima volta con i motivi di ricorso (Sez. 1, n.
11030 del 25/02/2010, Rv. 246777; Sez. 5, n. 19524 del 02/04/2007, Navoni,
Rv. 236643).
2. In ordine al secondo motivo di ricorso, la Corte di Appello ha fornito ampia
motivazione in ordine alla correttezza delle modalità con le quali erano state
effettuate in fase di indagini le due individuazioni fotografiche da parte delle
persone offese, con l’utilizzo di varie fotografie di vari soggetti il più possibile
somiglianti agli allora indagati, contenuti in album oggetto di acquisizione agli
atti, secondo quanto indicato in sentenza e non oggetto di contestazione.
Sottolineando, altresì, quanto al Balestra, che dalla foto si evidenziava anche il
particolare difetto del suo occhio siccome descritto dalle vittime.
Alla luce di tali specificazioni, le diverse valutazioni proposte in ricorso si rivelano
di puro merito, tendenti come sono a pretendere una nuova valutazione di simili
emergenze di fatto non effettuabile in sede di legittimità.
Al contempo, sono infondate le censure difensive relative all’attendibilità per così
dire estrinseca delle individuazioni fotografiche.
Non soltanto perché esse erano conformi ed alla loro conferma dibattimentale
non era seguita alcuna richiesta difensiva volta ad effettuare una ricognizione
formale, quanto perché la Corte di Appello ha diffusamente motivato sulla
attendibilità della testimonianza delle persone offese e della loro individuazione

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CONSIDERATO IN DIRITTO

,

fotografica, con argomenti sui quali i ricorrenti hanno sorvolato, così dando
dimostrazione della genericità degli assunti in loro difesa.
Infatti, la Corte di Appello ha specificato, scandendo con precisione le fasi
temporali dell’evento, che i gioiellieri avevano avuto modo di vedere a lungo i
due autori del fatto, riconosciuti negli odierni imputati, i quali, effettivamente,
senza che le vittime lo sapessero, erano legati da rapporto di convivenza e
riconoscendo anche i parenti della Amico che il giorno prima si erano recati

bracciale che i due ricorrenti avrebbero voluto acquistare con le carte di credito
rubate; circostanza che aveva corroborato tutta l’individuazione fotografica e
spiegato anche come le persone offese avessero serbato un ricordo nitido della
vicenda e dei suoi protagonisti.
Tanto è bastato alla Corte per ritenere provata la responsabilità dei ricorrenti;
conclusione, conforme alla sentenza di primo grado, priva di vizi logico-giuridici
rilevabili in questa sede anche a prescindere dall’esame dei tabulati telefonici
della Amico, ritenuti come ulteriore e periferico indizio di conferma per il fatto
che avevano rivelato come la ricorrente si fosse mossa da Prato a Pistoia (dove
si era verificato il fatto) in orari compatibili con l’evento.
Anche sotto questo profilo, le censure difensive si rivelano di puro merito e non
tengono conto che il possesso del cellulare in capo alla ricorrente e non ad altri
era stato provato dal suo rinvenimento all’atto della perquisizione domiciliare,
come precisato dalla Corte di Appello.
3. Quanto al terzo motivo di ricorso, l’esistenza del reato presupposto rispetto a
quello di ricettazione – che può essere provata anche da argomenti logici,
secondo quella giurisprudenza di legittimità citata dagli stessi ricorrenti – si
coglie a piene mani dal particolare del fatto sottolineato dalla Corte, secondo cui,
durante il tentativo di acquisto del bracciale, era intervenuta una telefonata alla
gioielleria da parte del titolare delle carte di credito – avvisato da un sms della
transazione che si stava realizzando con il loro uso – che informava le persone
offese della illiceità dell’operazione dovuta al fatto che le carte di credito gli
erano state rubate insieme al portafogli.
E proprio tale telefonata, percepita dai ricorrenti, li aveva indotti a guadagnare
frettolosamente la fuga, abbandonando le carte di credito ed aggredendo il
titolare della gioielleria per poter uscire dall’esercizio commerciale; a
dimostrazione della loro piena consapevolezza di utilizzare carte di credito di
provenienza illecita e del dolo di ricettazione, del quale pure la difesa ha
dubitato, invero del tutto genericamente.
4. In ordine al quarto motivo, la Corte di Appello, con motivazione immune da
censure logico-giuridiche, ha spiegato la ragione che l’aveva indotta ad escludere
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presso il negozio per chiedere, con modi sospetti, l’acquisto proprio di quel

la prevalenza delle attenuanti generiche sull’aggravante e a non concedere il
beneficio della sospensione condizionale della pena alla Amico.
Valorizzando il precedente penale specifico della ricorrente, effettivamente
esistente come è stato ammesso dalla medesima nei motivi nuovi.
La giurisprudenza di legittimità è, infatti, concorde nel ritenere che in tema di
bilanciamento di circostanze eterogenee, non incorre nel vizio di motivazione il
giudice di appello che, nel formulare il giudizio di comparazione, dimostri di

dell’art. 133 cod. pen. e gli altri dati significativi (Sez. 2, n. 3610, del
15/01/2014, Manzari).
Pertanto, correttamente la Corte ha assimilato le pene inflitte agli imputati,
peraltro determinandole nel minimo quanto al reato base.
6. In ordine ai motivi nuovi, l’inammissibilità del ricorso principale si estende ad
essi ai sensi dell’art. 585, comma 4, cod. proc. pen..
5.Infine, deve sottolinearsi che non è prescritto il reato di ricettazione
contestato ad Amico Consuelo in quanto commesso 1’8.11.2007.
Il termine ordinario, pari ad anni otto, prorogato ad anni dieci ex art. 161,
comma 2, cod. proc. pen., non risulta decorso alla data odierna.
Mentre, con riguardo al capo a), commesso il 9.11.2007, il termine prorogato
pari a sette anni e sei mesi (cui si aggiungono i periodi di sospensione per
complessivi un mese e dodici giorni) – quanto alla sola Amico, poiché al
Balestra è contestata la recidiva qualificata – è decorso al 21 giugno 2015
successivamente all’emissione della sentenza impugnata.
Per il che, trattandosi di prescrizione maturata successivamente alla
conclusione del giudizio di secondo grado, l’inammissibilità degli altri motivi
riverbera i suoi effetti anche sull’eccezione in esame, atteso che, secondo
costante giurisprudenza della Corte di cassazione, l’inammissibilità del ricorso
per cassazione conseguente alla manifesta infondatezza dei motivi, non
consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude la
possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell’art.
129 cod. proc. pen., ivi compreso l’eventuale decorso del termine di
prescrizione nelle more del procedimento di legittimità (sez.2, n.28848 del
08/05/2013, Ciaffoni; sez.4, n. 18641 del 20/01/2004, Tricorni; Sez.U, n. 32
del 22/11/2000, De Luca).
Alla declaratoria di inammissibilità consegue la condanna dei ricorrente al
pagamento delle spese processuali e ciascuno della somma di euro
millecinquecento/00 alla Cassa delle Ammende, commisurata all’effettivo grado
di colpa degli stessi ricorrenti nella determinazione della causa di inammissibilità.

5

avere considerato e sottoposto a disamina gli elementi enunciati nella norma

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle
spese processuali e ciascuno della somma di euro 1500 alla Cassa delle
Ammende.

Così deciso in Roma, udienza pubblica del 22.06.2016.

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