Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28786 del 22/06/2016


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 28786 Anno 2016
Presidente: DE CRESCIENZO UGO
Relatore: SGADARI GIUSEPPE

SENTENZA

Sul ricorso proposto da:
Foggia Massimiliano, nato a Napoli il 29/10/1970,
avverso la sentenza del 13/11/2014 della Corte di Appello di Napoli;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione della causa svolta dal consigliere Giuseppe Sgadari;
udito il Pubblico Ministero, nella persona del Sostituto Procuratore generale
Sante Spinaci, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;

RITENUTO IN FATTO

1.Con la sentenza in epigrafe, la Corte di Appello di Napoli, in parziale riforma
della sentenza del Tribunale di Napoli, confermata la responsabilità dell’imputato
per il reato di ricettazione ascrittogli, concedeva al medesimo le circostanze
attenuanti generiche equivalenti alla recidiva e riduceva la pena inflitta in primo
grado.

1

Data Udienza: 22/06/2016

,

La Corte riteneva provato che il ricorrente avesse ricevuto, con la
consapevolezza della loro provenienza furtiva, due assegni in bianco che gli
erano stati trovati indosso a seguito di perquisizione senza che egli ne avesse
giustificato il possesso.
2. Ricorre per cassazione il Foggia, a mezzo del suo difensore, deducendo:
1) violazione di legge con riguardo all’art. 429 cod. proc. pen., per genericità del
decreto di citazione del giudizio di appello, che non avrebbe contenuto la corretta

convinzione che vi fosse un errore di persona, inducendolo a non contattare
alcun difensore in previsione della data fissata per l’udienza del processo
d’appello;
2) violazione di legge in relazione all’art. 108 cod. proc. pen., perché la Corte di
Appello, espressamente richiesta di concedere un termine a difesa al nuovo
difensore di fiducia nominato dal ricorrente all’udienza, con contestuale revoca
del precedente, aveva concesso al difensore soltanto un termine di due ore,
palesemente incongruo e lesivo del diritto di difesa;
3) violazione di legge in relazione all’art. 603 cod. proc. pen., per non avere la
Corte accolto la richiesta di riapertura dell’istruzione dibattimentale finalizzata
all’escussione della teste Muto Immacolata, proprietaria dell’appartamento ove
erano stati rinvenuti gli assegni;
4) vizio di motivazione in ordine alla sussistenza del dolo di ricettazione, dal
momento che la Corte non avrebbe valorizzato il fatto che se l’imputato avesse
avuto consapevolezza della provenienza delittuosa dei titoli non li avrebbe
detenuti sulla sua persona.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è infondato.
1.1 Quanto alle questioni processuali, entrambe contenute nel primo motivo di
ricorso, si osserva che la Corte di Appello correttamente riteneva valido il decreto
di citazione del giudizio di appello che riportava, per mero errore materiale, una
data di nascita dell’imputato solo in parte diversa (29/10/1970 anziché
20/10/1970).
Sottolineando anche che nel medesimo decreto di citazione veniva indicata la
data della sentenza di primo grado, provvedimento che era noto all’imputato ed
avverso cui il suo difensore aveva proposto appello.
Peraltro, che il ricorrente avesse subito una lesione del suo diritto di difesa in
virtù di tale semplice refuso – consistita, nella specie, nel non nominare un
difensore di fiducia in vista dell’udienza – è circostanza che trova smentita nello
2

indicazione della data di nascita dell’imputato, così ingenerando in lui la

stesso ricorso, allorquando si afferma che la madre del ricorrente,
evidentemente resa edotta dal figliolo della data dell’udienza nel procedimento
che vedeva imputato quest’ultimo in quel momento ristretto in carcere, aveva
provveduto alla nomina del nuovo difensore di fiducia il giorno prima dell’udienza
medesima.
1.2 In ordine alla supposta violazione del diritto di difesa per mancata
concessione di un congruo termine, deve osservarsi che, secondo la conforme

a difesa ritenuto non congruo o addirittura la sua mancata concessione,
determinano una nullità generale a regime intermedio, per cui la relativa
questione doveva essere eccepita, a pena di decadenza, entro il termine di cui
all’art. 182, comma 2, cod. proc. pen., e, quindi, al più tardi, immediatamente
dopo il diniego della richiesta, mentre è stata dedotta per la prima volta con i
motivi di ricorso (Sez. 1, n. 11030 del 25/02/2010, Rv. 246777; Sez. 5, n.
19524 del 02/04/2007, Navoni, Rv. 236643).
2. Quanto al secondo motivo di ricorso, deve precisarsi che la Corte di Appello
correttamente negava rilevanza alla richiesta di rinnovazione dell’istruzione
dibattimentale finalizzata all’escussione della convivente dell’imputato presso la
cui abitazione egli si trovava al momento della perquisizione che aveva
consentito il rinvenimento degli assegni. Infatti, i titoli erano stati ritrovati dal
personale operante nella tasca dei pantaloni indossati dal ricorrente, così
escludendosi ogni alternativa ipotesi volta ad individuare altro soggetto come
possessore dei medesimi.
3. Infine, si rivela del tutto pretestuoso, oltre che di puro merito, l’ultimo motivo
di ricorso con il quale il ricorrente dubita della sussistenza del dolo, tenuto conto
che dalla motivazione della sentenza impugnata risulta che egli si trovasse a
letto a dormire prima della perquisizione e non avesse fornito alcuna
giustificazione in ordine al possesso dei titoli; dei quali, ad evidenza, non aveva
neanche pensato di disfarsi, essendo ricercato per altro titolo detentivo che
legittimava l’irruzione della polizia in piena notte nell’appartamento della sua
convivente.
Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle
spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deliberato in Roma, udienza pubblica del 22.06.2016.
3

giurisprudenza di legittimità condivisa dal Collegio, la concessione di un termine

Il Consigliere estensore

Giuseppe Sgadari

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