Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28778 del 15/06/2016


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 28778 Anno 2016
Presidente: FIANDANESE FRANCO
Relatore: ALMA MARCO MARIA

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Cioffi Luigi, nato a Napoli il giorno 22/10/1971
avverso la sentenza n. 1434/2015 in data 11/11/2015 della Corte di Appello di
Messina;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Marco Maria Alma;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Alfredo
Pompeo Viola, che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Con sentenza in data 11 novembre 2015 la Corte di Appello di Messina
dichiarava l’inammissibilità per genericità dell’appello proposto dal difensore
dell’imputato avverso la sentenza in data 3 marzo 2010 del Tribunale di Patti che
aveva dichiarato Luigi Cioffi colpevole dei reati di concorso nella detenzione a fini
di vendita di beni contraffatti (artt. 110, 81, 474 cod. pen.) e nella ricettazione
dei beni medesimi (artt. 110, 81, 648 cod. pen.) nonché nel reato di truffa (art.
640 cod. pen.), per l’effetto condannandolo a pena ritenuta di giustizia.

2.

Ricorre per Cassazione avverso la predetta sentenza il difensore

dell’imputato, deducendo:

Data Udienza: 15/06/2016

2.1. Violazione dell’art. 581 cod. proc. pen. in relazione all’art. 606, comma
1, lett. b) cod. proc. pen. per avere la Corte di appello errato nel momento in cui
ha dichiarato l’inammissibilità per genericità dell’atto di gravame posto innanzi
alla stessa.

2.2. Violazione dell’art. 129 cod. proc. pen. in relazione all’art. 606, comma
1, lett. b), cod. proc. pen. per non avere la Corte di appello di Messina dichiarato
l’estinzione per prescrizione dei reati di cui agli artt. 474 e 640 cod. pen.,

impugnata.

3. Il ricorso è manifestamente infondato in entrambe le sue articolazioni.
Bene ha fatto, innanzitutto, la Corte di appello a dichiarare l’inammissibilità
dell’atto di gravame proposto innanzi alla stessa caratterizzato – come si evince
anche dal semplice esame del documento – da assoluta genericità.
Infatti, secondo l’orientamento di questa Corte, che il Collegio condivide,
«per l’appello, come per ogni altro gravame, il combinato disposto degli art. 581
comma primo lett. c) e 591 comma primo lett. c) del codice di rito comporta la
inammissibilità dell’impugnazione in caso di genericità dei relativi motivi. Per
escludere tale patologia è necessario che l’atto individui il “punto” che intende
devolvere alla cognizione del giudice di appello, enucleandolo con puntuale
riferimento alla motivazione della sentenza impugnata, e specificando tanto i
motivi di dissenso dalla decisione appellata che l’oggetto della diversa
deliberazione sollecitata presso il giudice del gravame». (Sez. 6, sent. 13261 del
6.2.2003, Valle, Rv 227195).
Nel caso di specie l’appello era inammissibile perché privo dei requisiti
prescritti dall’art. 581, comma 1, lett. c) c.p.p. in quanto, a fronte di una
motivazione della sentenza impugnata ampia e logicamente corretta, non
indicava in modo specifico gli elementi alla base delle censure formulate, non
consentendo al giudice dell’impugnazione di individuare i rilievi mossi ed
esercitare il proprio sindacato.
I fatti-reato in contestazione all’imputato non erano, poi, certo estinti per
prescrizione alla data della pronuncia della sentenza del Tribunale (3/3/2010) e
-2-inammissibilità originaria dell’impugnazione, impedendo la valida instaurazione
dell’ulteriore fase di impugnazione, preclude il rilievo della eventuale prescrizione
maturata successivamente alla sentenza impugnata (Sez. U, n. 32 del
22/11/2000, De Luca, Rv. 217266).

2

prescrizione asseritamente già maturata all’atto della pronuncia della sentenza

4. Per le considerazioni or ora esposte, dunque, il ricorso deve essere
dichiarato inammissibile.
Segue, a norma dell’articolo 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento
delle spese del procedimento ed al pagamento a favore della Cassa delle
Ammende, non emergendo ragioni di esonero, della somma ritenuta equa di C
1.500,00 (millecinquecento) a titolo di sanzione pecuniaria.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 1.500,00 alla Cassa delle ammende.
Sentenza a motivazione semplificata.
Così deciso il 15/06/2016.

P.Q.M.

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