Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28767 del 15/06/2016


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 28767 Anno 2016
Presidente: FIANDANESE FRANCO
Relatore: ALMA MARCO MARIA

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
1. Iodice Maria Vittoria, nata a Portico di Caserta il giorno 24/3/1962
2. Iodice Angelantonio, nato a Portico di Caserta il giorno 25/6/1959
avverso la sentenza n, 5198/14 in data 9/7/2014 della Corte di Appello di
Napoli;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Marco Maria Alma;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Alfredo
Pompeo Viola, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
RITENUTO IN FATTO

Con sentenza in data 9 luglio 2014 la Corte di Appello di Napoli, in riforma
della sentenza emessa in data 13 dicembre 2012 dal Giudice Monocratico del
Tribunale di Santa Maria Capua Vetere – Sezione Distaccata di Caserta appellata dal Pubblico Ministero, dal Procuratore Generale e dalla parte civile, ha
dichiarato Maria Vittoria Iodice e Angelantonio Iodice colpevoli del reato di
concorso in truffa aggravata ex art. 61 n. 7 cod. pen. e, esclusa la continuazione
e concesse le circostanze attenuanti generiche alla sola Maria Vittoria Iodice con
giudizio di equivalenza sulla contestata aggravate, li ha condannati a pene
ritenute di giustizia oltre al risarcimento dei danni nei confronti delle costituite
parti civili.

Data Udienza: 15/06/2016

In estrema sintesi si contesta agli imputati di avere venduto ai coniugi
Ludovico Galasso e Maria Amitrano un appartamento sito in Macerata Campania,
Fraz. Caturano, tacendo il fatto che sullo stesso gravava un’ipoteca giudiziale a
favore della Banca Commerciale Italiana S.p.a. iscritta in forza di un decreto
ingiuntivo emesso in data 9 ottobre 1997.
Il reato nel capo di imputazione è contestato come consumato in data 21
settembre 2004 ma nella sentenza impugnata lo stesso è stato ritenuto

Ricorre per Cassazione avverso la predetta sentenza il difensore degli
imputati, deducendo:

1. Violazione di legge e vizi di motivazione in relazione agli artt. 640 cod.
pen. e 530 cod. proc. pen.
Evidenzia la difesa dei ricorrenti il fatto che in primo grado entrambi gli
imputati erano stati assolti dal reato di truffa che peraltro risulta contestato
come consumato in data 21 settembre 2004 come da capo di imputazione che
non è mai stato modificato in corso di giudizio.
La vicenda troverebbe il suo fondamento nel fatto che i dati catastali
dell’immobile avevano subito delle variazioni a causa del cambio di destinazione
d’uso prima della trascrizione dell’ipoteca e non erano stati correttamente
riportati nei registri immobiliari. In ogni caso quando gli imputati seppero
dell’esistenza della procedura esecutiva procedettero alla cancellazione
dell’ipoteca evitando che gli acquirenti subissero la conseguente esecuzione.
La Corte di appello, riformando la sentenza del Giudice di primo grado non
avrebbe operato il dovuto vaglio critico della stessa limitandosi ad effettuare una
lettura alternativa delle emergenze processuali e ritenendo che l’attivazione degli
imputati per la cancellazione dell’ipoteca fosse un atto non rilevante essendo
un’azione posta in essere dopo la consumazione del reato e addirittura dopo
l’avvio del procedimento penale. Erroneamente sarebbe quindi stata esclusa la
buona fede degli imputati atteso che comunque gli stessi si attivarono prima che
fosse stata a loro nota la presenza del procedimento penale a loro carico e, in
ogni caso non v’è prova che gli imputati conoscessero l’esistenza dell’atto
ipotecario prima della stipulazione dell’atto di compravendita dell’immobile
avvenuto nel settembre 2004.
Ulteriore elemento rilevante non analizzato dai Giudici del gravame ed
idoneo ad escludere l’elemento psicologico del reato in contestazione,
riguarderebbe, poi, la data in cui l’immobile subì la variazione catastale avvenuta
il 3 maggio 2002 il che renderebbe impensabile che gli imputati si siano
2

consumato fino al luglio 2008.

artatamente attivati due anni prima della stipulazione del preliminare di
compravendita per trarre in inganno i futuri acquirenti. In realtà gli imputati
sarebbero semplicemente caduti in errore credendo che l’ipoteca gravasse solo
sul seminterrato dell’immobile e non sul bene venduto.

2.

Violazione di legge e vizi di motivazione in relazione agli artt. 157 e 640

cod. pen
Rileva la difesa dei ricorrenti che il reato in contestazione è da ritenersi

settembre 2004.
Non sarebbe quindi condivisibile l’affermazione contenuta nella sentenza
impugnata secondo la quale ci si troverebbe in presenza di una truffa a
consumazione prolungata.
Anche alla luce di ciò non sarebbe, poi, possibile comprendere in cosa
consisterebbe la gravità del danno patrimoniale asseritamente subito dalle
persone offese che oltretutto avrebbero pagato per l’acquisto dell’immobile un
corrispettivo assolutamente proporzionato al valore dello stesso.

3. Violazione di legge e vizi di motivazione in relazione all’art. 522 cod. proc.
pen. per mancata correlazione tra il fatto contestato e la sentenza, non avendo
mai il Pubblico Ministero proceduto alla correzione della data indicata nel capo di
imputazione ed essendo quindi l’estensione temporale del momento consunnativo
del reato stata operata in sentenza in violazione del diritto di difesa anche alla
luce della giurisprudenza formatasi a seguito degli interventi della CEDU.

4. Violazione di legge e vizi di motivazione in relazione agli artt. 62 e 133
cod. pen. non avendo la Corte di appello analizzato sotto tale profilo la condotta
riparatoria posta in essere dagli imputati.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Appare doveroso prendere le mosse dal secondo motivo di ricorso che si
presenta assorbente rispetto agli altri e che è fondato.
Non ritiene l’odierno Collegio che ci si trovi in presenza di una truffa
contrattuale a c.d. “consumazione prolungata” come apoditticamente affermato
nella sentenza di primo grado e successivamente confermato nella sentenza che
in questa sede ci occupa.
La situazione in fatto è la seguente: gli acquirenti dell’immobile all’atto della
stipula della compravendita hanno contratto un mutuo con la Banca Intesa,

3
C.,

estinto per prescrizione essendo contestato come consumato in data 21

hanno pagato i venditori con la somma di denaro in tal modo ottenuta e si sono
impegnati con l’Istituto di credito alla successiva estinzione rateale del relativo
debito.
Secondo la Corte di appello il momento consumativo del reato dovrebbe
ricollegarsi non al conseguimento del profitto da parte degli imputati (ottenuto al
momento della stipula del contratto e della conseguente ricezione del
corrispettivo economico) ma al momento del danno subito dalle persone offese
che si sarebbe protratto fino al pagamento dell’ultima rata del mutuo (luglio

La Corte di appello cita al riguardo un assunto di questa Corte Suprema
secondo il quale «nel delitto di truffa contrattuale, il momento di consumazione
non può essere individuato in via preventiva ed astratta essendo indispensabile
muovere dalla peculiarità del singolo accordo, dalla valorizzazione della specifica
volontà contrattuale, dalle peculiari modalità delle condotte e dei loro tempi, al
fine di individuare quale sia stato in concreto l’effettivo pregiudizio correlato al
vantaggio e quale il momento del loro prodursi» (Sez. F, n. 31497 del
26/07/2012, Abaternatteo, Rv. 254043). Tuttavia il principio sopra riportato che
fu espresso in presenza di una fattispecie riguardante la stipula di un contratto
con rilascio di due cambiali in garanzia con sottoscrizione falsa, nella quale la
suprema Corte ha individuato, quale momento di consumazione del reato di
truffa, non la data di stipula del contratto ma quella della scadenza delle
cambiali, non si adatta al caso in esame.
Nella vicenda che in questa sede ci occupa il profitto è stato ottenuto dagli
imputati mediante la stipulazione del contratto di compravendita e la ricezione
del relativo prezzo a titolo di corrispettivo. Il fatto che gli acquirenti per far
fronte al pagamento abbiano stipulato un autonomo contratto di mutuo con un
Istituto di credito è elemento del tutto estraneo al reato qui in contestazione
perché il successivo pagamento delle rate del mutuo è stato effettuato alla banca
e non certo ai venditori dell’immobile i quali il loro profitto lo avevano già
ottenuto.
Ragionare in senso opposto – come hanno fatto i Giudici di merito potrebbe portare alla paradossale conseguenza che se gli acquirenti avessero
contratto con la banca un mutuo ventennale il reato di truffa sarebbe ad oggi
ancora in fase di consumazione.
Non si può pertanto che ribadire quanto affermato dalla costante
giurisprudenza di questa Corte Suprema secondo la quale nell’ipotesi di truffa
contrattuale il reato si consuma nel momento in cui si realizza l’effettivo
conseguimento del bene da parte dell’agente e la definitiva perdita dello stesso
da parte del raggirato (cfr. Sez. U, n. 18 del 21/06/2000, Franzo, Rv. 216429;

2008).

Sez. 2, n. 49932 del 11/12/2012, Nuzzoli, Rv. 254110) situazione che nel caso di
specie non può che essere ritenuta coincidente con il pagamento del prezzo del
bene venduto.
Ora poiché il contratto di compravendita è stato stipulato nel settembre
2004 ed in quell’epoca e stato pagato ai venditori il corrispettivo pattuito,
all’epoca stessa deve essere fatto risalire il momento consumativo del reato con
la conseguenza che lo stesso, anche tenendo conto degli eventi interruttivi e
sospensivi, è da ritenersi estinto per prescrizione maturata in epoca anteriore

di primo grado.
Detta situazione impone l’annullamento senza rinvio della sentenza
impugnata.

2. L’accoglimento di tale motivo di ricorso rende superfluo l’esame degli
ulteriori motivi di ricorso formulati nell’interesse degli imputati.
Deve qui essere solo essere ulteriormente evidenziato che non ricorrono le
condizioni per il proscioglimento degli imputati con formula più favorevole attesa
la manifesta infondatezza delle ulteriori doglianze proposte nel ricorso atteso che
la Corte di appello, nel riformare la decisione assolutoria pronunciata dal Giudice
di prime cure, ha correttamente qualificato i fatti e si è attenuta ai principi ed
alle esigenze motivazionali reiteratamente indicati in materia da questa Corte di
legittimità, evidenziando l’assenza di necessità di procedere attività di
integrazione istruttoria, le ragioni per le quali entrambi gli imputati erano
perfettamente a conoscenza del vincolo ipotecario gravante sull’immobile
oggetto di vendita e derivante da una situazione debitoria contratta alcuni anni
prima (1997) con la Banca Commerciale Italiana, nonché le circostanze che
Angelantonio Iodice, imprenditore e geometra, è un tecnico esperto del settore
oltre che marito della titolare del bene, che lo stesso si è interessato della
procedura di frazionamento catastale e del cambio di destinazione d’uso dello
stesso, nonché sì è interessato del mandato conferito all’agenzia immobiliare e
dei contatti con gli acquirenti, situazioni queste che sono pienamente indicative
della circostanza che gli imputati non potevano ignorare (anche solo per errore)
l’esistenza del vincolo reale gravante sull’immobile venduto.
Il fatto poi che gli imputati si siano attivati in epoca successiva alla
stipulazione del contratto alla cancellazione del vincolo ipotecario non ha alcuna
rilevanza circa la sussistenza dell’elemento psicologico del contestato reato di
truffa ma – come anche in questa caso correttamente osservato nella sentenza
impugnata – può averne esclusivamente nell’ottica di determinazione della pena.

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alla pronuncia della sentenza della Corte di appello ma successiva alla pronuncia

3. L’intervenuta estinzione del reato per prescrizione, in presenza di un
sentenza di condanna nel merito, impone la conferma delle statuizioni civili.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il reato è estinto per
prescrizione. Conferma le statuizioni civili.

Così deciso il 15/06/2016.

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