Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28766 del 15/06/2016


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 28766 Anno 2016
Presidente: FIANDANESE FRANCO
Relatore: ALMA MARCO MARIA

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Giordano Biagio, nato a Pescara il giorno 31/12/1966
avverso la sentenza n. 1137/13 in data 18/10/2013 della Corte di Appello di
Perugia;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Marco Maria Alma;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Alfredo
Pompeo Viola, che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Con sentenza in data 18 ottobre 2013 la Corte di Appello di Perugia,
giudicando in sede di rinvio disposto dalla Corte di Cassazione – Sezione Sesta
Penale – con sentenza in data 8 aprile 2013, confermava la sentenza in data 4
maggio 2009 del Tribunale di Pescara con la quale Biagio Giordano, all’esito di
giudizio abbreviato era stato dichiarato colpevole del reato di evasione (art. 385
cod. pen.) e, con il riconoscimento della recidiva ex art. 99, comma 4, cod. pen.
e la diminuente del rito, condannato a pena ritenuta di giustizia.
Il fatto risale al 21 aprile 2009 allorquando l’imputato, all’epoca sottoposto
alla misura alternativa della detenzione domiciliare con autorizzazione
all’allontanamento dalla propria abitazione nei giorni dal martedì alla domenica
dalle ore 08:00 alle ore 19:30 esclusivamente per lo svolgimento di attività

Data Udienza: 15/06/2016

lavorativa, era stato arrestato per evasione in quanto sorpreso alle ore 14:09 in
una sala Bingo.

2.

Ricorre per Cassazione avverso la predetta sentenza il difensore

dell’imputato, deducendo:

2.1. Violazione di legge ex art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen. in
relazione all’art. 385 cod. pen.

sarebbe configurabile sotto il profilo oggettivo perchè il Giordano con la propria
condotta non si sarebbe sottratto alla costante possibilità di controllo
dell’Autorità e perché alla luce della sentenza n. 177/2008 della Corte
Costituzionale relativa all’art. 47 ter Ord. Pen. l’allontanamento dal luogo di
detenzione domiciliare è stato inferiore alle 12 ore.

2.2. Vizio di motivazione ex art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen. in
relazione al mancato riconoscimento all’imputato delle circostanze attenuanti
generiche.

3. Il ricorso è manifestamente infondato oltre che sotto certi profili generico
in entrambe le sue articolazioni.

4. Quanto al primo motivo trattasi di mera riproposizione di questione già
posta nel primo giudizio e questa Corte di legittimità con la citata sentenza di
annullamento con rinvio in data 8 aprile 2013 ha chiarito l’improprietà del
richiamo all’art. 47-ter Ord. Pen. atteso che la disposizione citata, così come
modificata a seguito dell’intervento della Corte Costituzionale, riguarda il solo
caso della madre di prole di età inferiore ad anni 10 e non è in alcun modo
applicabile al ricorrente.
Per il resto è pacifico il fatto che integra il reato di evasione la violazione
delle prescrizioni previste per il regime della detenzione domiciliare (Cass. Sez.
6, sent. n. 48547 del 21/10/2009, Pitorri, Rv. 245533; Sez. 6, sent. n. 10270 del
24/01/2001, Elia, Rv. 219154).

5. Quanto al secondo motivo di ricorso lo stesso è del tutto generico in
quanto consiste in una mera elencazione di pronunce giurisprudenziali in materia
di riconoscimento di circostanze attenuanti generiche.
In ogni caso nel provvedimento impugnato la mancata concessione delle
circostanze attenuanti generiche è giustificata da motivazione esente da

2

Sostiene al riguardo parte ricorrente che il reato in contestazione non

manifesta illogicità, che, pertanto, è insindacabile in cassazione (Sez. 6, n.
42688 del 24/9/2008, Caridi, Rv. 242419) tenuto conto del fatto che il giudice di
merito, nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche,
prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle
parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che egli faccia riferimento a quelli
ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri
da tale valutazione (Sez. 2, n. 3609 del 18/1/2011, Sermone, Rv. 249163; Sez.

6. Per le considerazioni or ora esposte, dunque, il ricorso deve essere
dichiarato inammissibile.
Segue, a norma dell’articolo 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese del procedimento ed al pagamento a favore della Cassa
delle Ammende, non emergendo ragioni di esonero, della somma ritenuta equa
di C 1.500,00 (millecinquecento) a titolo di sanzione pecuniaria.

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 1.500,00 alla Cassa delle ammende.
Sentenza a motivazione semplificata.
Così deciso il 15/06/2016.

6, n. 34364 del 16/6/2010, Giovane, Rv. 248244).

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