Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28763 del 03/06/2016


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 28763 Anno 2016
Presidente: FUMU GIACOMO
Relatore: PELLEGRINO ANDREA

SENTENZA

sui ricorsi proposti rispettivamente nell’interesse di
Roberti Placido, n. a Messina il 30/07/1961, rappresentato e assistito
dall’avv. Amalia Falcone, d’ufficio
e di
Micari Salvatore, n. a Messina il 08/07/1969, rappresentato e
assistito dall’avv. Giovambattista Freni, di fiducia,
avverso la sentenza della Corte d’appello di Messina, n. 1913/2013,
in data 24/04/2015;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed i ricorsi;
sentita la relazione della causa fatta dal consigliere dott. Andrea
Pellegrino;
udita la requisitoria del Sostituto Procuratore generale dott. Enrico
Delehaye che ha concluso chiedendo l’annullamento senza rinvio della
sentenza impugnata per intervenuta prescrizione;

Data Udienza: 03/06/2016

sentita la discussione del difensore, avv. Vincenzo Davoli, comparso
in sostituzione dell’avv. Amalia Falcone, che ha concluso chiedendo
l’accoglimento del ricorso nell’interesse di Roberti Placido.

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con sentenza in data 07 maggio 2013, il Tribunale di Messina

dichiarava Salvatore Micari e Placido Roberti responsabili del reato di
tentata estorsione aggravata in concorso e li condannava alla pena di
anni due, mesi sei di reclusione ed euro 800,00 di multa ciascuno,
oltre al risarcimento dei danni a favore della parte civile Tornatore
Mariano.
2. Avverso la sentenza di primo grado, proponeva appello la
sola difesa di Placido Roberti, mentre la difesa di Salvatore Micari
chiedeva l’estensione del gravame ai sensi dell’art. 587 cod. proc.
pen.: il presidente della Corte d’appello, riconosciuto l’effetto
estensivo dell’impugnazione proposta dal Roberti, emetteva decreto
di citazione per il giudizio di appello nei confronti di entrambi gli
imputati.
3. Con sentenza in data 24 aprile 2015, la Corte d’appello di
Messina confermava la pronuncia di primo grado, condannando il
Roberti al pagamento delle ulteriori spese del grado di giudizio.
4. Avverso la sentenza di secondo grado, nell’interesse di
Placido Roberti e di Salvatore Micari, vengono proposti distinti ricorsi
per cassazione.
5. Ricorso di Placido Roberti.
Lamenta il ricorrente:
– violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’art. 157 cod.
pen. (primo motivo);
– violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli artt. 516 e
521 cod. proc. pen. (secondo motivo).
5.1. In relazione al primo motivo, si censura la sentenza
impugnata che aveva omesso di rilevare la prescrizione del reato
maturata in epoca precedente alla pronuncia della sentenza di
secondo grado.
5.2. In relazione al secondo motivo, si evidenzia come la difesa,
in sede di appello, avesse censurato la sentenza di primo grado che

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aveva ritenuto che il reato ascritto al Roberti ed originariamente
contestato come commesso “approssimativamente nel mese di
maggio del 1997”, successivamente modificato come commesso nel
settembre del 1996, dovesse collocarsi nell’estate del 1998. Non pare
in dubbio come il Roberti sia stato condannato in relazione ad altra e
diversa condotta, rispetto alla quale egli ha apprestato le proprie
difese ed ha ritenuto, in sede di udienza preliminare, di non avanzare

6. Ricorso di Salvatore Micari.
Lamenta il ricorrente:
-violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli artt. 521 e
522 cod. proc. pen. (primo motivo);
-violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli artt. 225,
comma 3, 530, commi 1 e 2 cod. proc. pen. e in relazione agli artt.
56, 110, 629, comma 2 cod. pen. (secondo motivo);
-violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli artt. 530
cod. proc. pen., 157, 158 e 159 cod. pen. (terzo motivo);
– applicazione dell’art. 129 cod. proc. pen. (quarto motivo).
6.1. In relazione al primo motivo, si censura il difetto di
correlazione tra capo di imputazione e sentenza. L’affermazione resa
in sentenza in merito alla collocazione dell’episodio estorsivo
nell’estate del 1998, sarebbe stata condivisibile solo se fosse stato
contestato il reato consumato ovvero la continuazione.
6.2. In relazione al secondo motivo, si evidenzia come
l’istruttoria dibattimentale espletata in primo grado abbia consentito
di accertare che le posizioni processuali dei due imputati non fossero
sovrapponibili e, conseguentemente, sarebbe stato necessario un
distinguo nelle risposte alle rispettive richieste di assoluzione.
6.3. In relazione al terzo motivo, si evidenzia come, anche
calcolando il periodo di sospensione del processo (dal 18/07/2012 al
13/02/2013), al momento della pronuncia di appello, risultava essere
già maturato il termine di prescrizione del reato.
6.4. In relazione al quarto motivo, si invoca una pronuncia ex
art. 129 cod. proc. pen. in relazione all’avvenuta maturazione del
termine di prescrizione del reato.
7. Il ricorso di Placido Roberti è fondato ed il relativo
accoglimento determina l’annullamento senza rinvio della sentenza

/

richiesta di giudizio abbreviato.

impugnata per essere il reato ascritto estinto per intervenuta
prescrizione; il ricorso di Salvatore Micari è invece inammissibile.
8. Ricorso di Placido Roberti.
8.1. Il primo motivo è solo parzialmente fondato.
Con lo stesso si censura la sentenza impugnata che aveva
omesso di rilevare la prescrizione del reato maturata in epoca
precedente alla pronuncia della sentenza di secondo grado.

4.9.1996 (come da imputazione) all’estate del 1998 (come ritenuto in
sentenza). All’ordinario periodo di prescrizione, già considerati gli
eventi interruttivi, pari a complessivi anni sedici e mesi otto, vanno
aggiunti i periodi di sospensione della prescrizione pari ad ulteriori
mesi sei e giorni ventisei, attesa la sospensione del processo dal
18/07/2012 al 18/09/2012 (complessivi giorni sessanta, per legittimo
impedimento del difensore) e dal 18/09/2012 al 13/02/2013
(complessivi mesi quattro e giorni ventisei, per astensione dalle
udienze del difensore in adesione all’agitazione indetta dalla categoria
professionale di appartenenza): e così il termine complessivo di
prescrizione si allunga ad anni diciassette, mesi due e giorni ventisei.
Orbene, sia considerando il momento iniziale della condotta che
quello finale ritenuto in sentenza, è agevole verificare come la
prescrizione – non ancora compiuta al momento della pronuncia della
sentenza di secondo grado con riferimento alla sola data di
cessazione della condotta – risulta comunque essere già maturata alla
data odierna, in quanto, nella prima ipotesi, il termine è venuto a
scadenza il 30/11/2013, nella seconda, il 16/09/2015.
8.2. Il secondo motivo è pienamente fondato.
Osserva il Collegio come il Roberti, con i motivi di appello
avesse censurato la sentenza di primo grado laddove la stessa aveva
ritenuto che il reato ascritto al Roberti, originariamente contestato
come commesso “approssimativamente nel mese di maggio del 1997”
(come da richiesta di rinvio a giudizio e correlativo decreto del giudice
dell’udienza preliminare in accoglimento della stessa),
successivamente modificato come commesso nel settembre del 1996,
dovesse invece collocarsi nell’estate del 1998. In particolare, il
ricorrente ha dovuto confrontarsi ed apprestare la propria difesa
rispetto alla specifica contestazione di aver commesso il reato in data

Rileva il Collegio come il reato risulti contestato a partire dal

04/09/1996, mentre il Tribunale prima e la Corte d’appello poi, hanno
ritenuto che la condotta ascritta fosse stata tenuta nell’estate del
1998.
Se è fuori di dubbio che deve escludersi la violazione del
principio di correlazione tra accusa contestata e decisione adottata
nel caso in cui nell’imputazione risulti una data del commesso reato
diversa da quella effettiva, a condizione che dagli atti emerga il

di difendersi e di conoscere tutti i termini della contestazione
mossagli (cfr., Sez. 2, n. 17879 del 13/03/2014, Pagano e altri, Rv.
260009), è altrettanto vero che nella fattispecie, si sia in presenza di
fatti sostanzialmente diversi ed ulteriori rispetto a quelli
originariamente contestati e comunque ritenuti dal giudice
dell’udienza preliminare, con consequenziale modifica dei fatti
addebitati, nei cui confronti l’imputato, pur potendone avere astratta
conoscenza, non è stato in grado di poter approntare una difesa
“preventiva” (non potendo certo immaginare un ampliamento
dell’accusa) ovvero di determinarsi nella scelta di eventuali riti
alternativi (cfr., Sez. 5, n. 4175 del 07/10/2014, dep. 2015, Califano,
Rv. 262844).
Peraltro, detta conclusione appare, da un lato, avvalorata dalla
stessa Corte territoriale che si diffonde in un excursus delle richieste
estorsive che Tornatore Mariano ebbe a subire a decorrere dal
settembre 1996, richieste rispetto alle quali è stata accertata la
estraneità del Roberti; dall’altro, non può non rilevarsi come, nelle
more della celebrazione del giudizio di appello, sia intervenuta la
pronuncia di incostituzionalità dell’art. 516 cod. proc. pen. (C. cost. n.
273 del 05/12/2014) che concerne la facoltà dell’imputato di
richiedere al giudice del dibattimento il giudizio abbreviato
relativamente al fatto diverso emerso nel corso dell’istruzione
dibattimentale che forma oggetto della nuova contestazione: il tutto a
dimostrazione di un evidente e non altrimenti sanabile violazione del
diritto di difesa.
9. Ricorso di Salvatore Micari.
Si osserva preliminarmente come l’operatività dell’istituto
previsto dall’art. 587 cod. proc. pen. presupponga l’avvenuto
accoglimento, nel giudizio conclusivo del gravame, del motivo di

t

tempo di consumazione del reato e che l’imputato abbia avuto modo

impugnazione non esclusivamente personale, ed abbia per oggetto
l’estensione, all’imputato non impugnante sul punto, degli effetti
favorevoli derivanti dall’accoglimento del motivo di natura oggettiva
dedotto dal coimputato che si è diligentemente avvalso del mezzo di
impugnazione.
Il principio dell’estensione della impugnazione stabilito dall’art.
587 cod. proc. pen. non può invece essere interpretato come

motivi di gravame non esclusivamente personali, sia perché
l’estensione è riferibile agli effetti favorevoli della intervenuta
decisione del giudice dell’impugnazione e non ai motivi di gravame
dedotti da ciascuno dei ricorrenti, sia perché una siffatta
interpretazione si pone in palese contrasto con i principi generali in
materia di impugnazioni, secondo cui l’ambito cognitivo del giudice
dell’impugnazione è delimitato dai punti e dai motivi dedotti con il
mezzo di gravame (art. 581 cod. proc. pen.).
Fermo quanto precede, rileva il Collegio come il mancato
accoglimento del gravame proposto dal coimputato Roberti, ha
inevitabilmente precluso la proponibilità da parte del Micari del ricorso
per cassazione in presenza di un’evidente carenza di legittimazione
ad impugnare in sede di legittimità una pronuncia di condanna che ha
riguardato solo il coimputato appellante: la circostanza assume un
carattere di assoluta decisività ed assorbenza con riferimento a tutti i
i motivi di gravame proposti in questa sede dal Micari impedendone il
relativo esame (cfr., Sez. 1, n. 44319 del 30/09/2014, Gargiulo, Rv.
261697).
10. Alla pronuncia consegue:
-l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata perché il reato
è estinto per prescrizione;
-la declaratoria di inammissibilità del ricorso di Micari Salvatore che,
per il disposto dell’art. 616 cod. proc. pen., va condannato al
pagamento delle spese processuali nonché al versamento, in favore
della Cassa delle ammende, di una somma che, considerati i profili di
colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in euro
1.500,00

P.Q.M.

c

automatico travaso ed estensione, da un coimputato all’altro, dei

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il reato è
estinto per prescrizione. Dichiara inammissibile il ricorso di Micari
Salvatore che condanna al pagamento delle spese processuali e al
versamento della somma di Euro 1.500,00 alla Cassa delle ammende.

Così deciso il 03/06/2016.

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