Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28761 del 03/06/2016


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 2 Num. 28761 Anno 2016
Presidente: FUMU GIACOMO
Relatore: PELLEGRINO ANDREA

SENTENZA

sul ricorso proposto nell’interesse di Virgilio Fabrizio, n. a Roma il
01/02/1975, rappresentato e assistito dall’avv. Giuseppe Caputo, di
fiducia, avverso la sentenza della Corte d’appello di Roma, terza
sezione penale, n. 12398/2010, in data 23/03/2015;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
sentita la relazione della causa fatta dal consigliere dott. Andrea
Pellegrino;
udita la requisitoria del Sostituto Procuratore generale dott. Enrico
Delehaye che ha concluso chiedendo l’annullamento senza rinvio della
sentenza impugnata per intervenuta prescrizione;
sentita la discussione del difensore del ricorrente, avv. Giuseppe
Caputo, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con sentenza in data 23 marzo 2015, la Corte d’appello di
Roma confermava la pronuncia di primo grado resa dal Tribunale di

Data Udienza: 03/06/2016

Roma in data 15 aprile 2010 che aveva ritenuto Fabrizio Virgilio
penalmente responsabile del reato di ricettazione per avere, al fine di
trarre profitto, acquistato o comunque ricevuto da ignoti, nella
consapevolezza della sua provenienza illecita, il motoveicolo Kimco
Yup tg. CF23870 provento di furto ai danni di Giordano Francesca
denunciato in data 28.06.2005 presso la stazione dei Carabinieri di
Roma Tuscolana e, per l’effetto, previo riconoscimento delle

anni uno, mesi otto di reclusione ed euro 3.000,00 di multa.
2. Avverso detta sentenza, nell’interesse di Fabrizio Virgilio,
viene proposto ricorso per cassazione, per i seguenti motivi:
-violazione di legge processuale, nella specie gli artt. 178 lett. c) e
179 cod. proc. pen., con riferimento alla mancata citazione
dell’imputato per l’udienza in grado di appello (primo motivo);
-violazione di legge e vizio di motivazione in riferimento all’art. 129
cod. proc. pen. (secondo motivo);
-violazione di legge sostanziale con riferimento alla mancata
derubricazione nel reato di furto (terzo motivo);
-violazione di legge sostanziale in relazione agli artt. 133 cod. pen. e
648, comma 2 cod. pen., per aver individuato una base edittale di
pena distante dal minimo e per non aver considerato l’assenza di
valore economico del ciclomotore a prescindere dai danni riportati
nell’incidente (quarto motivo).
2.1. In relazione al primo motivo, si evidenzia come la
notificazione della citazione per il giudizio di appello (udienza del
20.11.2014) nei confronti dell’imputato presso il domicilio eletto in
data 06.12.2005, all’indirizzo di Roma via Santa Rita da Cascia 90,
non essendo pervenuta la prova della sua rituale effettuazione era
stata rinnovata per la successiva udienza del 23.03.2015, notifica,
quest’ultima, che si perfezionava con la compiuta giacenza. Peraltro,
si evidenziava altresì che le due relate apposte dall’ufficiale giudiziario
al momento degli accessi a quell’indirizzo risultavano illeggibili e,
dopo la compiuta giacenza, non era stata effettuata alcuna notifica al
difensore ex art. 161, comma 4 cod. proc. pen.; inoltre, in data
26.01.2006, il Virgilio, in sede di istanza di ammissione al patrocinio a
spese dello Stato, aveva reso nuova dichiarazione di domicilio in altro
luogo (via San Biagio Platani): da qui la dedotta nullità che non

,

circostanze attenuanti generiche, lo aveva condannato alla pena di

poteva ritenersi sanata perché non aveva consentito all’imputato di
avere conoscenza dell’atto né il difensore dell’imputato, all’udienza
del 23.03.2015, poteva avere contezza della “mancata” notifica al
Virgilio non avendo ricevuto alcuna notifica ex art. 161, comma 4
cod. proc. pen.
2.2. In relazione al secondo motivo, si censura la sentenza
impugnata che ha tratto dal silenzio dell’imputato un dato di riscontro

2.3. In relazione al terzo motivo, si censura la sentenza
impugnata che non ha fornito alcuna plausibile risposta alla doglianza
difensiva sul fatto che le circostanze di luogo e di tempo rimangono
compatibili con l’inquadramento nel meno grave delitto di furto,
anche alla luce del fatto che appare del tutto inverosimile che un
ricettatore abbandoni il bene su una strada ad intensissima
frequentazione.
2.4. In relazione al quarto motivo, si evidenzia come sia stata
irrogata una pena per nulla prossima al minimo edittale pur avendo il
giudice di prime cure ritenuto il fatto “non particolarmente grave”;
inoltre, nell’escludere in modo ingiustificato l’art. 648, comma 2 cod.
pen., si era omesso di dare contezza del fatto che il ciclomotore non
aveva alcun valore economico a prescindere dai danni causatigli con
l’incidente.
3. Il ricorso, oltre ad esporre, almeno in parte, censure in fatto
non consentite nella presente sede di legittimità, è anche
manifestamente infondato e, come tale, risulta inammissibile.
4. Manifestamente infondato è il primo motivo.
Come è noto, in tema di notifica della citazione all’imputato, la
nullità assoluta ed insanabile prevista dall’art. 179 cod. proc. pen.,
ricorre soltanto nel caso in cui la notificazione della citazione sia stata
omessa o quando, essendo stata eseguita in forme diverse da quelle
prescritte, risulti inidonea a determinare la conoscenza effettiva
dell’atto da parte dell’imputato; la medesima nullità non ricorre,
invece, nei casi in cui vi sia stata esclusivamente la violazione delle
regole sulle modalità di esecuzione, alla quale consegue l’applicabilità
della sanatoria di cui all’art. 184 cod. proc. pen.
Nella fattispecie, la citazione è stata regolarmente effettuata al
domicilio eletto dall’imputato in data 06.12.2005, risultando del tutto

(

all’ipotesi accusatoria.

ininfluente la nuova elezione di domicilio effettuata in sede di istanza
di ammissione al patrocinio a spese dello Stato, atteso che l’elezione
di domicilio è un atto personale a forma vincolata da compiersi
esclusivamente secondo le modalità indicate nell’art. 162 cod. proc.
pen. (cfr., Sez. 3, n. 42971 del 07/07/2015, Dieng, Rv. 265390).
5. Manifestamente infondato è il secondo motivo.
Invero, al giudice non è precluso valutare la condotta

sintomatica, con la conseguenza che egli, nella formazione del suo
libero convincimento, ben può considerare, in concorso di altre
circostanze, la portata significativa del silenzio su circostanze
potenzialmente idonee a scagionarlo (Sez. 2, n. 22651 del
21/04/2010, Di Perna, Rv. 247426).
6. Manifestamente infondato ed evocativo di non consentite
censure in fatto è il terzo motivo.
La doglianza reitera il motivo d’appello in relazione al quale il
giudice di secondo grado ha fornito esaustiva risposta riconoscendo
come “le condizioni disastrate del ciclomotore e lo scarso valore
economico non solo non sono pertinenti alla richiesta derubricazione,
ma sono, nell’ipotesi accusatoria che ha trovato conferma nella
sentenza di primo grado, conseguenze dell’incidente che l’imputato
ha avuto con il ciclomotore stesso e che pertanto non possono essere
utilizzate in suo favore, neanche ai fini della sussunzione dell’ipotesi
di reato in quella prevista dal capoverso dell’art. 648 cod. pen. …; …
in relazione alla qualificazione giuridica … si fa presente che il furto è
stato commesso in data 28/06/2005 mentre la data dell’accertamento
del reato è il 03/08/2005 …”.
Invero, per consolidata giurisprudenza di questa Suprema
Corte, è inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi che
si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in
appello e motivatamente disattesi dal giudice di merito, dovendosi gli
stessi considerare non specifici ma soltanto apparenti, in quanto non
assolvono la funzione tipica di critica puntuale avverso la sentenza
oggetto di ricorso (v., tra le tante, Sez. 5, n. 25559 del 15/06/2012,
Pierantoni; Sez. 6, n. 22445 del 08/05/2009, p.m. in proc. Candita,
Rv. 244181; Sez. 5, n. 11933 del 27/01/2005, Giagnorio, Rv.
231708). In altri termini, è del tutto evidente che, a fronte di una

i

processuale dell’imputato, coniugandola con ogni altra circostanza

sentenza di appello che ha fornito una risposta ai motivi di gravame,
la pedissequa riproduzione di essi come motivi di ricorso per
cassazione non può essere considerata come critica argomentata
rispetto a quanto affermato dalla Corte d’appello: in questa ipotesi,
pertanto, i motivi sono necessariamente privi dei requisiti di cui
all’art. 581 cod. proc. pen., comma 1, lett. c), che impone la
esposizione delle ragioni di fatto e di diritto a sostegno di ogni

7. Manifestamente infondato ed evocativo di censura in fatto è il
quarto motivo.
La graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed
alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti,
rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che la esercita, così
come per fissare la pena base, in aderenza ai principi enunciati negli
artt. 132 e 133 cod. pen.; ne discende che è inammissibile la censura
che, nel giudizio di cassazione, miri ad una nuova valutazione della
congruità della pena la cui determinazione non sia frutto di mero
arbitrio o di ragionamento illogico (Sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013,
dep. 2014, Ferrario, Rv. 259142), ciò che – nel caso di specie – non
ricorre. Invero, una specifica e dettagliata motivazione in ordine alla
quantità di pena irrogata, specie in relazione alle diminuzioni o
aumenti per circostanze, è necessaria soltanto se la pena sia di gran
lunga superiore alla misura media di quella edittale, potendo
altrimenti essere sufficienti a dare conto dell’impiego dei criteri di cui
all’art. 133 cod. pen. le espressioni del tipo: “pena congrua”, “pena
equa” o “congruo aumento”, come pure il richiamo alla gravità del
reato o alla capacità a delinquere (Sez. 2, n. 36245 del 26/06/2009,
Denaro, Rv. 245596).
Parimenti, come si è visto in precedenza, del tutto giustificata è
apparsa la decisione di non ritenere sussumibile il fatto nell’ipotesi di
cui all’art. 648 cpv. cod. pen.
8. Alla pronuncia consegue, per il disposto dell’art. 616 cod.
proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali nonché al versamento, in favore della Cassa delle
ammende, di una somma che, considerati i profili di colpa emergenti
dal ricorso, si determina equitativarnente in euro 1.500,00

/

richiesta (Sez. 6, n. 20377 del 11/03/2009, Arnone, Rv. 243838).

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.500,00
alla Cassa delle ammende.

Così deciso il 03/06/2016.

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA