Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28755 del 22/04/2016


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 28755 Anno 2016
Presidente: GALLO DOMENICO
Relatore: DIOTALLEVI GIOVANNI

SENTENZA

Sul ricorso proposto da:
COSTA CARDONE MARIO nato a Catania il 8.9.1979
avverso la sentenza n. 357/2015 CORTE d’APPELLO di MESSINA, del 8/4/2015
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
Udita in PUBBLICA UDIENZA del 22/4/2016 la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIOVANNI
DIOTALLEVI;
Udito il Procuratore Generale in persona del Sostituto Procuratore Generale Dr. FULVIO BALDI
che ha concluso per l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata;

Data Udienza: 22/04/2016

CONSIDERATO IN FATTO
Con sentenza 357/2015 la Corte d’Appello di Messina – Sez. Pen. – confermava il giudizio di
responsabilità espresso dal G.U.P. del Tribunale di Messina nei confronti di COSTA CARDONE
MARIO, condannandolo alla pena di 6 anni e mesi 8 di reclusione e 1400,00 euro di multa in
quanto ritenuto responsabile, in concorso ex art. 110 c.p. con ignoti, dei reati di cui agli artt.
628 comma 3 n. 1, 605 e 61 n.2, 648 e 61 n. 2, c.p., legati tra loro dal vincolo della

In particolare, secondo la Corte d’Appello di Messina, il Costa Cardone si sarebbe reso autore
di una rapina perché, in concorso con altri, bloccava l’autoarticolato IVECO, guidato della
persona offesa PULVIRENTI SANTO e, dopo averlo costretto a scendere dal mezzo e salire su di
un’autovettura PANDA, si impossessava dell’autoarticolato IVECO al fine di trarne un ingiusto
profitto. Oltre a ciò, secondo la ricostruzione della Corte, avrebbe acquistato, o comunque
ricevuto, l’autovettura PANDA proveniente dal delitto di furto ai danni della ditta “Candida srl”.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’avvocato D’Anna Maria Lucia,
difensore di fiducia di Costa Cardone Mario, deducendo il seguente motivo:
1) Erronea applicazione della legge penale ex art 606 lett b) e mancanza di motivazione ex
art. 606 lett e) in relazione all’ applicazione della recidiva
In particolare, il ricorrente censura la sentenza poiché sarebbe carente la motivazione,
obbligatoria dopo la pronuncia n. 185 dell’ 8 luglio 2015 Corte Cost., relativa all’applicazione
della recidiva . Secondo il ricorrente, la recidiva sarebbe stata applicata in modo automatico ed
irragionevole, omettendo l’accertamento specifico sulla maggior colpevolezza e pericolosità del
reo.

RITENUTO IN DIRITTO
Osserva la corte che il ricorso è infondato.
La asserita automaticità ed irragionevolezza dell’applicazione della recidiva è risultata essere
priva di fondamento.
Nel caso in esame deve essere applicato il seguente principio di diritto, in adesione alla sent. n.
185 del 2015, C. Cost., in base al quale “è illegittima la decisione con cui il giudice applichi
l’aumento di pena per effetto della recidiva, ritenuta obbligatoria ex art. 99, comma quinto,
cod. pen., senza operare alcuna concreta verifica in ordine alla sussistenza degli elementi
indicativi di una maggiore capacità a delinquere del reo, considerato che l’applicazione
dell’aumento di pena per effetto della recidiva rientra nell’esercizio dei poteri discrezionali del
giudice, che deve fornire adeguata motivazione, con particolare riguardo all’apprezzamento
dell’idoneità della nuova condotta criminosa in contestazione a rivelare la maggior capacità a

continuazione.

delinquere del reo che giustifichi l’aumento di pena. (Cass.pen., II sez., sent. n. 50146 del
12.11.2015). In realtà tale principio è stato osservato correttamente dai giudici di merito.
La Corte d’Appello di Messina ha, infatti, valutato la qualità e la gravità dei reati commessi e la
capacità a delinquere mostrata dall’imputato, ha considerato il comportamento tenuto dopo la
commissione dei reati e la mancata collaborazione con la giustizia ai fini dell’individuazione dei
propri complici e, dopo aver motivato anche sulla congruità di tale aggravamento
sanzionatorio, tenuto anche conto che la pena applicata è molto vicina al minimo edittale

recidiva infraquinquennale.
La Corte di merito ha dunque motivato adeguatamente in ordine all’applicazione della recidiva
e le censure non meritano di essere accolte.
Alla luce delle suesposte considerazioni il ricorso deve ritenersi inammissibile con la
conseguente condanna del prevenuto al pagamento delle spese processuali, e considerati i
profili di colpa derivanti dalla presentazione del ricorso, al pagamento della somma di euro
1500,00 alla Cassa delle Ammende.
PQM
Dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
e della somma di euro 1500,00 alla Cassa delle Ammende.
Roma, 22 aprile 2016
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Il Presidente
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previsto per il delitto in questione, ha confermato la sentenza di primo grado applicativa della

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