Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28754 del 01/04/2016


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 28754 Anno 2016
Presidente: FIANDANESE FRANCO
Relatore: IMPERIALI LUCIANO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
LA TORRE ANTONIO FRANCESCO N. IL 11/03/1955
avverso la sentenza n. 3578/2009 CORTE APPELLO di BARI, del
10/03/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 01/04/2016 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. LUCIANO IMPERIALI
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Data Udienza: 01/04/2016

RITENUTO IN FATTO
1.

Con sentenza in data 10/3/2014 la Corte d’Appello di Bari ha confermato la

sentenza con la quale il Tribunale di Foggia il 5/6/2009 aveva dichiarato La Torre Antonio
Francesco colpevole dei reati di usura aggravata ai danni di Palmisano Claudio e di esercizio
arbitrario di intermediazione finanziaria e, ritenuta la continuazione e concesse le attenuanti
generiche equivalenti alle contestate aggravanti, ..Jo aveva condannato alla pena di anni tre di
reclusione ed euro 7.000,00 di multa, oltre al risarcimento dei danni in favore del Palmisano,
costituitosi parte civile.

l’annullamento dell’impugnata sentenza e sollevando a tal fine otto motivi di impugnazione:
2.1. Con il primo motivo lamenta l’inosservanza e l’erronea applicazione degli artt. 157
e 159 cod. pen. per aver computato tra i periodi di sospensione della prescrizione anche quello
tra il 26/4/2013 al 20/9/2013, omettendo di considerare che all’udienza del 26/4/2013 il
processo era stato rinviato per consentire al difensore di depositare una memoria difensiva.
2.2. Con il secondo motivo il ricorrente lamenta il difetto di motivazione in ordine alle
circostanze dedotte con il capo 1) del ricorso in appello in relazione alla valutazione
dell’attendibilità della persona offesa ed il travisamento della prova sul punto.
2.3. Con il terzo motivo il ricorrente lamenta il difetto di motivazione ed il travisamento
della prova in relazione alla ricostruzione del superamento del tasso soglia ex I. 108/1996,
calcolato dal consulente tecnico dr. D’Acunto sulla base delle dichiarazioni rese dal Palmisano
nel corso delle indagini e, quindi, non utilizzabili.
2.4. Con il quarto motivo si deduce la carenza di motivazione ed il travisamento della
prova in ordine all’esame della teste Nadia Conenno.
2.5. Con il quinto motivo si deduce la manifesta illogicità della motivazione, la carenza
della stessa ed il travisamento della prova in ordine all’omessa denuncia dei fatti contestati in
occasione delle s.i.t. rese dalla persona offesa Palmisano il 15/4/2005, assumendosi che la
Corte territoriale avrebbe travisato le risultanze della prova in ordine alle ragioni del silenzio,
indicate in sentenza in un presunto timore della persona offesa, che invece ha dichiarato che al
momento non ricordava l’episodio di cui si tratta.
2.6. Con il sesto motivo si deduce l’inosservanza e l’erronea applicazione dell’art. 132 D.
Lgs. 385/1993 e la manifesta illogicità della motivazione sul punto, per avere la sentenza
escluso in modo apodittico che l’operazione rientrava in quella forma di dilazione del
pagamento espressamente esclusa dal legislatore dal novero delle attività finanziarie per le
quali occorre autorizzazione.
2.7. Con il settimo motivo si deduce l’inosservanza e l’erronea applicazione dell’art. 12
sexies L. 306/1992 e la carenza ed illogicità della motivazione sul punto, per l’insussistenza dei
presupposti e delle condizioni per la confisca dei beni ancora in sequestro, avendo ritenuto la
Corte la sproporzione tra i beni in sequestro ed il reddito percepito dall’imputato senza

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2. Ricorre per cassazione il La Torre, a mezzo del suo difensore, chiedendo

considerare che la relazione di consulenza del dr. Fanelli ha illustrato che in otto anni la società
dell’imputato ha venduto carburante per un importo pari a dieci miliardi di lire.
2.8. Con l’ultimo motivo di impugnazione il ricorrente lamenta la carenza di motivazione
in ordine al motivo di appello attinente l’esclusione delle circostanze aggravanti di cui al
comma 5 nn. 3 e 5 dell’art. 644 cod. pen., essendo stata ritenuta la professione di assicuratore
della persona offesa, pur in presenza di prestito di natura strettamente personale e per aver
omesso di valutare le risultanze di prova da cui si assume essere emersa la floridità delle

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile, in quanto si discosta dai parametri dell’impugnazione di
legittimità stabiliti dall’art. 606 cod. proc. pen.
1.1. Il primo motivo di impugnazione è manifestamente infondato, in quanto anche nel
ricorso si riconosce che all’udienza del 26/4/2013 il processo era stato rinviato per consentire
al difensore che ne aveva fatto richiesta di predisporre e di depositare una memoria difensiva.
In tema di prescrizione del reato, infatti, la sospensione del procedimento e il rinvio o la
sospensione del dibattimento comportano la sospensione dei relativi termini ogni qualvolta
siano disposti per impedimento dell’imputato o del suo difensore, ovvero su loro richiesta e
sempre che l’una o l’altro non siano determinati da esigenze di acquisizione della prova o dal
riconoscimento di un termine a difesa (sez. 4 , n. 18641 del 20/01/2004, Rv. 228348).
È stato infatti affermato dalle sezioni unite di questa Corte (S.U. n. 1021 del 28/11/2001,
Rv. 220509, Cremonese) che “l’art. 159 comma 1 cod. pen. deve essere interpretato nel senso
che la sospensione o il rinvio del procedimento o del dibattimento hanno effetti sospensivi della
prescrizione, anche se l’imputato non è detenuto, in ogni caso in cui siano disposti per
impedimento dell’imputato o del suo difensore ovvero su loro richiesta, salvo quando siano
disposti per esigenze di acquisizione della prova o in seguito al riconoscimento di un termine a
difesa”. Poiché nel caso in esame non si rientra in queste ultime due ipotesi, non essendo stato
riconosciuto un termine a difesa e non essendo stato disposto il rinvio per esigenze di
acquisizione della prova, ed essendo stata invece soltanto accolta una richiesta della difesa
finalizzata alla predisposizione ed al deposito di una memoria difensiva, pur potendo questa
essere comunque depositata in ogni momento del procedimento, ai sensi degli artt. 121 e 482
cod. proc. pen., la conseguenza è che il decorso della prescrizione nel periodo predetto era
sospeso. Ne deriva la manifesta infondatezza del motivo di ricorso in esame.
1.2. Anche il secondo motivo è inammissibile, in quanto, secondo il costante
insegnamento di questa Suprema Corte, esula dai poteri della Corte di Cassazione quello di
una “rilettura” degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è,
in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la
mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle
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condizioni economiche del Palmisano.

risultanze processuali (per tutte: Sez. Un. n. 6402 del 30/4/1997, rv. 207944; Sez. 4, n. 4842
del 02/12/2003, Rv. 229369).
I motivi proposti tendono, invece, ad ottenere una inammissibile ricostruzione dei fatti
mediante criteri di valutazione delle dichiarazioni della persona offesa diversi da quelli adottati
dal giudice di merito, il quale, con motivazione esente da vizi logici e giuridici, ha esplicitato le
ragioni del suo convincimento.
La novella codicistica, introdotta con la L. del 20 febbraio 2006, n. 46 ,che ha riconosciuto
la possibilità di deduzione del vizio di motivazione anche con il riferimento ad atti processuali

cassazione, che rimane pur sempre un giudizio di legittimità, sicchè gli atti eventualmente
indicati devono contenere elementi processualmente acquisiti, di natura certa ed
obiettivamente incontrovertibili, che possano essere considerati decisivi in rapporto esclusivo
alla motivazione del provvedimento impugnato e nell’ambito di una valutazione unitaria, e
devono pertanto essere tali da inficiare la struttura logica del provvedimento stesso. Resta,
comunque, esclusa la possibilità di una nuova valutazione delle risultanze acquisite, da
contrapporre a quella effettuata dal giudice di merito, attraverso una diversa lettura, sia pure
anch’essa logica, dei dati processuali o una diversa ricostruzione storica dei fatti o un diverso
giudizio di rilevanza o attendibilità delle fonti di prova. Inoltre, è stato ulteriormente precisato
che la modifica dell’art. 606 lett. e) cod. proc. pen., per effetto della legge n. 46 del 2006, non
consente alla Cassazione di sovrapporre la propria valutazione a quella già effettuata dai
giudici di merito mentre comporta che la rispondenza delle dette valutazioni alle acquisizioni
processuali può essere dedotta nella specie del cosiddetto travisamento della prova, a
condizione che siano indicati in maniera specifica e puntuale gli atti rilevanti e sempre che la
contraddittorietà della motivazione rispetto ad essi sia percepibile “ictu °culi”, dovendo il
sindacato di legittimità al riguardo essere limitato ai rilievi di macroscopica evidenza, senza che
siano apprezzabili le minime incongruenze. (Sez. 4, n. 20245 del 28/04/2006, Francia, Rv.
234099).
Nel caso di specie, invece, la Corte territoriale ha esaminato in maniera esaustiva le
dichiarazioni della persona offesa ti:~ in conformità al consolidato orientamento di questa
Corte, condiviso dal Collegio, secondo cui in tema di valutazione della prova testimoniale, a
base del libero convincimento del giudice possono essere poste le dichiarazioni della parte
offesa e quelle di un testimone legato da stretti vincoli di parentela con la medesima. Ne
consegue che la deposizione della persona offesa dal reato, pur se non può essere equiparata a
quella del testimone estraneo, può tuttavia essere assunta anche da sola come fonte di prova,
ove sia sottoposta a un attento controllo di credibilità oggettiva e soggettiva, non richiedendo
necessariamente neppure riscontri esterni, quando non sussistano situazioni che inducano a
dubitare della sua attendibilità” (Sez. 3, n. 22848 del 27/3/2003, rv 225232; sez. 1, n. 29372
del 24/6/2010, rv. 248016). La Corte territoriale risulta aver rispettato tali criteri valutativi,
con un dettagliato esame delle dichiarazioni della persona offesa, dei riscontri anche
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specificamente indicati nei motivi di impugnazione, non ha mutato la natura del giudizio di

documentali che questi hanno ricevuto nella sequenza cronologica dei titoli emessi dallo stesso
Palmisano, oltre che nella deposizione testimoniale della moglie, pur in fase di separazione
personale dalla persona offesa nel momento in cui rendeva testimonianza, sicché resta
preclusa a questa Corte una nuova valutazione delle risultanze acquisite, da contrapporre a
quella effettuata dal giudice di merito, attraverso le diverse letture dei dati processuali ed i
diversi giudizi di rilevanza o attendibilità delle fonti di prova che il ricorrente prospetta, peraltro
riproponendo quella “lettura frammentaria e non convincente delle risultanze processuali” già
rilevata dalla Corte territoriale.

ricostruzione del superamento del tasso soglia ex I. 108/1996, così come calcolato dal
consulente tecnico dr. D’Acunto: le dichiarazioni rese da questo in ordine alla ricostruzione dei
rapporti tra il Palmisano ed il La Torre, oggetto della consulenza tecnica espletata durante le
indagini su incarico del P.M., ed in particolare in ordine al superamento del tasso soglia
indicato dal Ministero del Tesoro ai sensi della legge n. 108/96 erano stati oggetto di
dettagliato esame nella sentenza di primo grado (alle pagg. 19 e 20) e poi solo genericamente
contestate nel ricorso in appello sul presupposto di un’asserita inattendibilità delle dichiarazioni
rese dal Palmisano, sicché nessun vizio motivazionale, ed ancor meno alcun travisamento della
prova può riscontrarsi nella sentenza impugnata laddove questa, dopo aver illustrato le ragioni
della riconosciuta attendibilità della deposizione testimoniale della persona offesa (definita
“effettivamente attendibile, in sé coerente e circostanziata”, e tale da aver ricevuto “riscontro
nelle acquisizioni documentali e dichiarative …” : pag. 14 della sentenza), si è poi limitata a
richiamare le risultanze degli accertamenti del dr. D’Acunto già approfonditamente valutati dal
primo giudice e fondati anche su quelle dichiarazioni della cui attendibilità si era appena dato
conto.
1.4. La sentenza impugnata ha anche adeguatamente riferito della deposizione
testimoniale resa daRgeste Nadia Conenno, coniuge della persona offesa, in ordine alle
condizioni economiche del marito, alla confidenza da questo ricevuta di essere “sotto usura”,
all’incontro che aveva avuto con l’imputato, che le aveva chiesto il pagamento di cambiali
riferendole che il Palmisano gli aveva chiesto del denaro, ed in ordine alla conferma che ella
aveva ricevuto da una conversazione da lei registrata con il Marinelli, nel corso della quale
quest’ultimo le aveva riferito che tutto il denaro del coniuge era stato versato al la Torre: si
tratta di descrizione sufficientemente articolata della deposizione della teste, idonea a rendere
conto del percorso argonnentativo della Corte territoriale, che ha ravvisato nella crisi del
rapporto coniugale tra questa e la persona offesa un ulteriore elemento di attendibilità della
Colenno, per cui non possono ravvisarsi

i vizi motivazionali genericamente lamentati dal

ricorrente al riguardo, né sarebbe consentita a questa Corte nuova valutazione delle risultanze
acquisite, da contrapporre a quella effettuata dal giudice di merito, attraverso una diversa
lettura dei dati processuali o un diverso giudizio di rilevanza o attendibilità delle dichiarazioni
della teste: anche il quarto motivo di ricorso, pertanto, è inammissibile.
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1.3. Inammissibile è anche il terzo motivo di impugnazione, avente ad oggetto la

L5. Inammissibile perché manifestamente infondato, oltre che volto ad introdurre mere
censure di merito, è anche il quinto motivo del ricorso. Nessuna carenza o manifesta illogicità
della motivazione, né alcun travisamento della prova può riconoscersi, infatti, in ordine alle
ragioni per cui il Palmisano in un primo momento aveva omesso di denunciare i fatti contestati
all’imputato, nel rendere sommarie informazioni testimoniali il 15/4/2005, avendo ravvisato la
Corte le ragioni di tale iniziale silenzio in un comprensibile timore della persona offesa, né può
contrapporsi a quella effettuata dal giudice di merito una diversa lettura dei dati processuali,
sia pure fondata sulle diverse giustificazioni addotte dalla persona offesa per spiegare il proprio

1.6. Manifestamente infondato è anche il sesto motivo dell’impugnazione, con il quale è
stata dedotta l’inosservanza e l’erronea applicazione dell’art. 132 D. Lgs. 385/1993 e la
manifesta illogicità della motivazione sul punto: l’assunto della difesa volto a qualificare
l’abituale ricezione di assegni postdatati, da parte del ricorrente, come una mera forma di
dilazione del pagamento espressamente esclusa dal legislatore dal novero delle attività
finanziarie per le quali occorre autorizzazione (art. 2 D.M. Tesoro 6/7/1994) è stato disatteso
dalla Corte territoriale con affermazioni tutt’altro che illogiche o apodittiche, come le qualifica il
ricorso, bensì coerenti e conseguenti ad una ricostruzione dei fatti fondata su testimonianze di
segno opposto alla tesi difensiva, dalle quali si è desunto che il La Torre era solito finanziare
soggetti con problemi di liquidità ricevendo assegni posdatati e trattenendo abitualmente una
somma in contanti sui cambi di tali assegni, così effettuando anticipazioni in denaro previo
versamento di un corrispettivo, sicché la sentenza impugnata risulta aver dato conto senza vizi
logici dello svolgimento dell’attività di finanziamento di una platea indeterminata di soggetti
attraverso la monetizzazione di titoli di credito, attività, pertanto, idonea a configurare il reato
di cui all’art. 132 D. Lgs. 385/1993.
1.7. Anche il settimo motivo del ricorso è inammissibile per la sua manifesta
infondatezza, atteso che la sentenza impugnata ha evidenziato che il La Torre nell’arco
temporale considerato ha percepito dalla SAR Carburanti solo esigue retribuzioni annue per la
collaborazione prestata nella gestione della società, sicché i redditi percepiti, invece, con la
vendita del carburante dal distributore che lo stesso ricorrente nell’atto di appello indicava di
proprietà del padre La Torre Michele debbono ritenersi assolutamente irrilevanti ed inidonei a
contrastare la riscontrata sproporzione tra i beni in sequestro ed il reddito percepito
dall’imputato, determinante ai fini della confisca.
1.8. Inammissibile, infine, è anche l’ultimo motivo di impugnazione, in quanto la
censura attinente l’esclusione delle circostanze aggravanti di cui al comma 5 nn. 3 e 5 dell’art.
644 cod. pen. non risulta essere stata previamente dedotta dal ricorrente tra i cinque motivi di
appello (a fronte degli otto motivi del ricorso per cassazione), secondo quanto è prescritto a
pena di inammissibilità dall’art. 606 comma 3 cod. proc. pen., come si evince dall’atto di
appello, oltre che dal riepilogo dei motivi di gravame riportato nella sentenza impugnata, che

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iniziale silenzio.

l’odierno ricorrente avrebbe dovuto contestare specificamente nell’odierno ricorso, se
incompleto o comunque non corretto.
2. Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’articolo 616
cod. proc. pen., la condanna dell’imputato che lo ha proposto al pagamento delle spese del
procedimento, nonché – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle ammende di una somma che, alla
luce del dictum della Corte costituzionale nella sentenza n. 186 del 2000, sussistendo profili di

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di € 1.500 alla Cassa delle Ammende.

Così deciso nella camera di consiglio del 1° aprile 2016.

colpa, si stima equo determinare in € 1.500,00.

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