Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28752 del 01/04/2016


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 28752 Anno 2016
Presidente: FIANDANESE FRANCO
Relatore: IMPERIALI LUCIANO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PORPORINO NICODEMO N. IL 30/05/1964
avverso la sentenza n. 283/2014 CORTE APPELLO di TRENTO, del
12/06/2015
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 01/04/2016 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. LUCIANO IMPERIALI
Udito il Procuratoreenerale in persona del D tt. rmei3 sÌ41->
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che ha concluso per 1, -1432.v,/~

Udito, per la parte Rie, PAvv
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Data Udienza: 01/04/2016

RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 12/6/2015 la Corte d’Appello di Trento ha confermato la sentenza con
la quale il Tribunale del luogo, in composizione monocratica, aveva riconosciuto Porporino
Nicodenno e Caruso Mario colpevoli del reato di truffa loro ascritto e li aveva condannati alla
pena di mesi sei di reclusione ed euro 150,00 di multa.
2. Avverso la sentenza della Corte territoriale propone ricorso per cassazione il Porporino
personalmente, chiedendone l’annullamento e sollevando, a tal fine, i seguenti motivi di
impugnazione:

dell’azione penale, per essere stata presentata querela a distanza di oltre tre mesi dall’ultimo
pagamento;
2.2. violazione di legge e manifesta illogicità della motivazione, in ordine al riconoscimento
della penale responsabilità del ricorrente in relazione a fatti asseritamente commessi dal
coimputato Caruso, risultando questo l’intestatario del telefono utilizzato dal presunto
truffatore e difettando elementi che consentano di riconoscere un collegamento tra i due
imputati, peraltro non essendo emerso con certezza se il ricorrente fosse il reale utilizzatore
della scheda e del conto corrente;
2.3. violazione di legge per non essere stata riconosciuta l’esclusione della punibilità per la
particolare tenuità del fatto;
2.4 violazione di legge, mancanza e manifesta illogicità della motivazione in relazione al
mancato riconoscimento delle attenuanti generiche e dell’attenuante di cui all’art. 62 n. 4 cod.
pen, in considerazione del valore di speciale tenuità della truffa, ed altresì in relazione alla
determinazione della pena in misura lontana dal minimo edittale.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile, in quanto si discosta dai parametri dell’impugnazione di

legittimità stabiliti dall’art. 606 cod. proc. pen.
1.1. La prima doglianza, relativa all’asserita improcedibilità dell’azione penale (peraltro
proposta considerando la decorrenza del termine dalla data dell’ultimo pagamento effettuato
dalla persona offesa, anziché dal giorno in cui la persona offesa può essersi resa conto del
raggiro subito), è inammissibile, in quanto non è stata previamente dedotta quale motivo di
appello, secondo quanto prescritto a pena di inammissibilità dall’art. 606 comma 3 cod. proc.
pen., come si evince dall’atto di appello.
1.2. Il secondo motivo di gravame appare volto ad inserire nel giudizio di legittimità
valutazioni di merito precluse in questa sede, ed è inammissibile anche perché manifestamente
infondato, non potendosi riconoscer alcuna illogicità della motivazione della sentenza, laddove
questa fonda l’attribuzione al ricorrente della penale responsabilità per i fatti contestati non già
sull’intestazione del telefono utilizzato per commettere il reato (evidenziandosi in sentenza,
peraltro, che tale intestazione non esclude l’uso da parte di terzi), bensì sulla titolarità della
2

2.1. violazione ed erronea applicazione di legge, in considerazione dell’improcedibilità

carta Postepay sulla quale è stato effettuato il primo versamento da parte della persona offesa,
senza che siano emersi elementi che consentano di ipotizzarne la dismissione da parte del
Porporino, nemmeno esplicitamente dedotta.
1.3. Anche il terzo motivo di impugnazione è inammissibile. L’istituto della esclusione
della punibilità per particolare tenuità del fatto, di cui all’art. 131-bis cod. pen., infatti, ha
natura sostanziale ed è applicabile ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore del
D.Lgs. 16 marzo 2015, n. 28 e, pertanto, anche al presente procedimento, pendente in grado
di appello nella predetta data ma, configurandosi come motivo nuovo, non prospettabile nel

quindici giorni prima dell’udienza dinanzi alla Corte territoriale ai sensi dell’art. 585, comma
quarto, cod. proc. pen.. (cfr. sez. 5, n. 3963 del 6/7/2015, Rv. 265814). Peraltro, per mera
completezza di esposizione, va osservato che non si rilevano apprezzamenti del giudice di
merito che facciano ritenere il fatto di particolare tenuità, trattandosi, al contrario di reiterati
raggiri posti in essere da un recidivo ai danni della persona offesa, così da ottenere da questa
tre pagamenti per complessivi euro 900; elementi che sono già stati valutati dal giudice di
merito per con la negazione delle circostanze attenuanti generiche e del beneficio della
sospensione condizionale della pena.
1.4. Anche il quarto motivo del ricorso è inammissibile, in quanto propone censure che,
oltre ad essere attinenti questioni tipicamente di merito e discrezionali (il riconoscimento delle
attenuanti generiche e del danno di particolare tenuità e, più in generale, la graduazione della
pena) non sono state previamente dedotte quale motivi di appello, secondo quanto prescritto
a pena di inammissibilità dall’art. 606 comma 3 cod. proc. pen., come si evince dall’atto di
appello.
2. Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’articolo 616
cod. proc. pen., la condanna dell’imputato che lo ha proposto al pagamento delle spese del
procedimento, nonché – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle ammende di una somma che, alla
luce del dictum della Corte costituzionale nella sentenza n. 186 del 2000, sussistendo profili di
colpa, si stima equo determinare in C 1.500,00.

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di C 1.500 alla Cassa delle Ammende.

Così deciso nella camera di consiglio del 10 aprile 2016.

ricorso in appello per difetto della relativa previsione normativa, andava richiesto fino a

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