Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28749 del 04/03/2016


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 28749 Anno 2016
Presidente: DE CRESCIENZO UGO
Relatore: IMPERIALI LUCIANO

SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
STROPSA ION, nato in Moldavia il 20/01/1989;
PREPELITA TATIANA, nata in Moldavia il 15/11/1987;

avverso la sentenza n. 4425/2014 della CORTE di APPELLO di BOLOGNA,
del 02/04/2015;

visti gli atti, la sentenza ed il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 04/03/2016 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. LUCIANO IMPERIALI;
udito il Procuratore Generale, in persona del Dott. SANTE SPINACI,
che ha chiesto il rigetto del ricorso

1

Data Udienza: 04/03/2016

RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza pronunciata il 2/4/2015 la Corte di Appello di Bologna ha confermato la
sentenza emessa dal Giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Forlì il 19/10/2014,
all’esito di giudizio abbreviato, che aveva dichiarato la penale responsabilità di Stropsa Ion e
Prepelita Tatiana in ordine ai reati di rapina aggravata e sequestro di persona commessi, in
continuazione tra loro, introducendosi il primo nell’abitazione di Medri Vittoria, colpendo con
pugni al volto ed al ventre la badante di questa, Mosanu Georgeta, immobilizzandola,

in argento, di un navigatore satellitare e di un telefono cellulare, mentre la seconda attendeva
all’esterno. Lo Stropsa era stato, pertanto, condannato alla pena di anni quattro e mesi otto di
reclusione e la Prepelita alla pena di anni tre e mesi quattro di reclusione, entrambi con la pena
accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici per la durata di anni cinque.
2. Hanno proposto ricorsi per Cassazione entrambi gli imputati sollevando i seguenti
motivi di impugnazione:
2.1. Stropsa Ion lamenta: a) la violazione dell’art. 605 cod. pen. e la mancanza,
contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, avendo la Corte territoriale
considerato irrilevante che la persona offesa si fosse liberata da sola della legatura, pur non
essendo emerso che la vittima fosse stata privata della libertà per un tempo giuridicamente
apprezzabile successivo alla presenza minacciosa dei correi nell’abitazione; b) l’inosservanza
ed erronea applicazione degli artt. 62 bis cod. pen. e 133 cod. pen. e la mancanza,
contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, per essere state disattese le richieste
del ricorrente in tema dì dosimetria della pena sul presupposto della gravità dei fatti, senza
alcuna motivazione in ordine alla occasionalità dell’episodio, realizzato senza armi, con
modalità rudimentali e non professionali, ed al quale era seguita la fattiva collaborazione dello
Stropsa con il P.M., tanto che questo aveva chiesto la concessione delle attenuanti generiche.
2.2. Prepelita Tatiana lamenta: a) l’inosservanza ed erronea applicazione dell’art. 110 cod.
pen. e la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, per avere la
Corte di Appello di Bologna richiamato per relationem la sentenza di primo grado, senza
indicare quale contributo effettivo abbia dato per la realizzazione del delitto consumato da altri,
e per avere invece la Corte valorizzato soltanto la presenza della Prepelita nella stessa città del
reato, peraltro senza alcuna prova che la stessa si trovasse fuori dall’abitazione teatro dei fatti,
né della ritenuta consapevolezza, da parte della stessa, dell’effettivo motivo del viaggio; b)
l’inosservanza ed erronea applicazione degli artt. 116 e 114 cod. pen. e la mancanza,
contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, per avere la Corte invertito l’onere
della prova argomentando che la Preplita non avrebbe ammesso alcun ruolo della vicenda e
non avrebbe fornito elementi idonei a consentire di ravvisare nella sua condotta gli estremi del
minimo contributo alla realizzazione del reato; c) l’inosservanza ed erronea applicazione degli
artt. 62 bis e 133 cod. pen. e la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della
2

legandole mani e piedi e ferendola con arma da taglio, così impossessandosi di monili in oro ed

motivazione sul punto, per avere la Corte disatteso la richiesta di concessione delle attenuanti
generiche sulla base della gravità dei fatti, richiamando circostanze non riferibili alla ricorrente,
e sulla base delle proteste di innocenza della Preplita, aderendo alle motivazioni del giudice di
prime cure senza motivare sulle doglianze dell’odierna ricorrente, dimostratasi pentita del suo
modus vivendi e desiderosa solo di tornare nel suo paese per prendere le distanze da uno stile
di vita nel quale si era trovata suo malgrado coinvolta.

CONSIDERATO IN DIRITTO

dell’impugnazione di legittimità stabiliti dall’art. 606 cod. proc. pen.
1.1. Il primo motivo di impugnazione proposto dal predetto, infatti, è manifestamente
infondato, atteso che, per ormai consolidata giurisprudenza di questa Corte di Cassazione,
condivisa dal collegio, il reato di sequestro di persona è assorbito in quello di rapina aggravata
previsto dall’art. 628, comma terzo, n. 2, cod. pen. soltanto quando la violenza usata per il
sequestro si identifica e si esaurisce col mezzo immediato di esecuzione della rapina stessa,
non quando invece ne preceda l’attuazione con carattere di reato assolutamente autonomo
anche se finalisticamente collegato alla rapina ancora da porre in esecuzione o ne segua
l’attuazione per un tempo non strettamente necessario alla consumazione (sez. 2, n. 22096 del
19/5/2015, rv. 263788; sez. 2, n. 24837 del 5/5/2009, rv. 244339), così come si è verificato
nel caso di specie, nel quale i rapinatori hanno abbandonato il luogo del delitto lasciando
Mosanu Georgeta immobilizzata e legata al letto con una sciarpa, sicché a nulla rileva il tempo
successivamente impiegato da questa per liberarsi.
1.2. Inammissibili sono anche i motivi di impugnazione avanzati da entrambi i ricorrenti in
ordine alla mancata concessione delle attenuanti generiche ed alla misura delle pene loro
inflitte. Il riconoscimento o meno delle circostanze attenuanti generiche e la graduazione della
pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti
ed attenuanti, rientrano nella discrezionalità del giudice di merito, che la esercita, così come
per fissare la pena base, in aderenza ai principi enunciati dagli artt. 132 e 133 cod. pen.; ne
discende che sono inammissibili le censure che, nel giudizio di cassazione, mirino ad una nuova
valutazione di congruità della pena la cui determinazione non sia frutto di mero arbitrio o di
ragionamento illogico (sez. 5 n. 5582 del 30/9/2013, Rv. 259142), ciò che – nel caso di specie
– non ricorre. Invero, la sentenza argomenta dettagliatamente i motivi per i quali sono state
negate le circostanze attenuanti generiche e si è determinata la pena nei sensi indicati, con
espliciti riferimenti alla “totale mancanza di scrupoli dimostrata”, all’accurata preparazione del
reato, con la scelta di un’abitazione in cui vivevano solo un’anziana signora non in grado di
reagire ed una badante e, solo la ultimo, riferendo di condividere le valutazioni del primo
giudice in ordine al comportamento processuale degli imputati, solo parzialmente collaborante
quello dello Stropsa e totalmente negatorio quello della Preplita.

1. Il ricorso proposto dallo Stropsa è inammissibile, in quanto si discosta dai parametri

2. Gli altri motivi dì ricorso proposti dalla Prepelita sono infondati. La condotta contestata
alla predetta ricorrente ed il contributo causale da questa apportato alla realizzazione del reato
emergono, invero, con assoluta chiarezza già dal capo di imputazione, con il quale le veniva
contestato di aver atteso i complici all’esterno dell’abitazione delle persone offese “in auto con
funzioni di palo”, e tale ruolo è stato prima ribadito dalla sentenza del GUP del Tribunale di
Forlì, la cui motivazione è stata espressamente richiamata dalla sentenza impugnata, anche
laddove evidenziava che la donna era rimasta in auto ad aspettare i complici per quasi un’ora
nella zona del delitto, come appurato dall’esame dei tabulati telefonici, elemento poi

partecipazione al fatto, invocata dalla ricorrente. A tal proposito la Corte, nell’affermare che
non è emerso “cosa fosse incaricata di fare” la Prepelita in un contesto temporale così ampio,
non appare negare in alcun modo il già riconosciuto ruolo di “palo”, di per sé significativo e
rilevante, ma ne ipotizza di ulteriori e, nel domandarsi se la Prepelita dovesse avvertire i
complici se si avvicinava qualcuno, nascondere su di sé la refurtiva o altro, con
argomentazione retorica e suggestiva della Corte ha inteso solo sottolineare mancanza di
indicazioni, da parte della ricorrente, di elementi idonei a configurare un contributo minimo alla
realizzazione del fatto, risultando però acquisito che la stessa aspettava i complici all’esterno
dell’abitazione, e perciò è stato escluso potersi considerare minimo il contributo apportato dalla
donna alla realizzazione del fatto.
3. Per il disposto dell’art. 616 cod. proc. pen. al rigetto del ricorso proposto dalla Prepelita
consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del procedimento, ed alla
dichiarazione di inammissibilità del ricorso proposto dallo Stropsa, altresì, la condanna
dell’imputato che lo ha proposto al pagamento delle spese del procedimento e della somma di
€ 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende

P.Q.M.

Rigetta il ricorso di Prepelita Tatiana che condanna al pagamento delle spese processuali.
Dichiara inammissibile il ricorso di Stropsa Ion e lo condanna al pagamento delle spese
processuali e della somma di € 1.000,00 alla Cassa delle ammende.

Così deliberato in camera di consiglio, il 4 marzo 2016

Il Consigliere estensore
Dott. L

periali

inevitabilmente considerato dalla Corte territoriale per negare l’attenuante della minima

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