Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28732 del 30/03/2016


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 3 Num. 28732 Anno 2016
Presidente: GRILLO RENATO
Relatore: ACETO ALDO

SENTENZA

sui ricorsi proposti da:
1. Albano Fortunata, nata a Torre Annunziata il 30/06/1960,
2. Fornataro Antonio, nato a Scafati il 31/08/1983,
3. Mainenti Alfonso, nato a Scafati il 15/03/1991,

avverso la sentenza del 18/05/2015 della Corte di appello di Salerno;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi;
udita la relazione svolta dal consigliere Aldo Aceto;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Mario
Fraticelli, che ha concluso chiedendo il rigetto dei ricorsi;
udito, per gli imputati, l’avv. Antonio Raiola, che ha concluso per l’accoglimento
dei ricorsi.

RITENUTO IN FATTO

1.1 sigg.ri Albano Fortunata, Fornataro Antonio e Mainenti Alfonso ricorrono
per l’annullamento della sentenza del 18/05/2015 della Corte di appello di

Data Udienza: 30/03/2016

Salerno che, parzialmente riformando la pronuncia del 25/11/2014 del Giudice
per le indagini preliminari del Tribunale di Nocera Inferiore resa all’esito di
giudizio abbreviato, li ha condannati alla minor pena, rispettivamente, di sei anni
e due mesi di reclusione e 22.000,00 euro di multa il Fornataro, di sei anni di
reclusione e 20.000,00 euro di multa la Albano, di quattro anni e due mesi di
reclusione e 20.000,00 euro di multa il Mainenti, confermando, nel resto,
l’affermazione della loro penale responsabilità.
2.Gli imputati rispondono dei seguenti reati: (A) i soli Albano Fortunata e

ottobre 1990, n. 309, per aver ceduto a Masini Antonio due dosi di sostanza
stupefacente del tipo crack; (B) tutti del reato di cui agli artt. 110, cod. pen., 73,
comma 1, d.P.R. n. 309 del 1990 per aver detenuto, presso la propria abitazione
e a fine di cessione a terzi, gr. 6,84 di sostanza stupefacente del tipo crack; (C) i
soli Mainenti e Fornataro del reato di cui agli artt. 110, 337, cod. pen., per
essersi opposti con violenza ai Carabinieri che stavano procedendo all’arresto in
flagranza del Mainenti. I fatti risultano commessi in Nocera Inferiore il
23/05/2014, con la recidiva reiterata e specifica per il Fornataro, la recidiva
specifica per la Albano.
3.La Corte di appello ha mitigato la condanna inflitta in primo grado
riconoscendo a tutti gli imputati le circostanze attenuanti generiche, negate dal
G.i.p., e il vincolo della continuazione con il reato di cui al capo C (disconosciuto
in primo grado).

4.Mainenti Alfonso eccepisce, ai sensi dell’art. 606, lett. b), cod. proc. pen.,
l’errata applicazione dell’art. 337, cod. pen., sotto il duplice profilo della
insussistenza della violenza o della minaccia al pubblico ufficiale e dell’elemento
soggettivo del reato.

5.Albano Fortunata e Fornataro Antonio eccepiscono:
5.1.I’inosservanza, per quanto riguarda il Fornataro, degli artt. 42, comma
2, 337, cod. pen. (primo motivo) e dell’art. 192, comma 2, cod. proc. pen.,
relativamente al reato di cui al capo B (secondo motivo);
5.2.1a mancanza, la contraddittorietà e la manifesta illogicità della
motivazione circa il diniego della lieve entità dei fatti di cui ai capi A e B (terzo
motivo) e la mancata applicazione delle circostanze attenuanti generiche con
giudizio di prevalenza sulle contestate aggravanti (quarto motivo).

2

Mainenti Alfonso del reato di cui agli artt. 110, cod. pen., 73, comma 1, d.P.R. 9

CONSIDERATO IN DIRITTO

6.11 ricorso del Mainenti è inammissibile perché ha ad oggetto questioni di
fatto non devolute alla cognizione della Corte di appello. Per la stessa ragione è
inammissibile anche il primo motivo del ricorso del Fornataro.

7.E’ infondato il ricorso del Fornataro per la parte relativa alla affermazione
della sua responsabilità per il reato di cui al capo B anche se, effettivamente, la

considerate nemmeno dal Giudice di prime cure.
7.1.Si legge, infatti, in sentenza che l’imputato, oltre ad essere intervenuto
a difesa del fratello mentre stava per essere arrestato dai Carabinieri, aveva
materialmente buttato via la sostanza e su ciò i Giudici distrettuali – che
richiamano “per relationem” anche la sentenza di primo grado – basano la
decisione di respingere l’appello.
7.2.In realtà, dalla lettura della sentenza del G.i.p. si evince con chiarezza
che fu il Mainenti a buttar via la droga e non il Fornataro, che irrompe
improvvisamente sulla scena nel momento in cui i Carabinieri si avventano sul
fratello per arrestarlo, dopo averlo inseguito all’interno dell’abitazione. Tant’è che
il G.i.p. aveva tratto da questa condotta, e dal fatto che la droga fosse detenuta
in casa senza alcun particolare accorgimento, motivo per estenderne la codetenzione anche all’imputato.
7.3.Le conclusioni cui sono giunti i Giudici di merito non sono
manifestamente illogiche avuto riguardo alle premesse di fatto da cui muovono:
l’attività di spaccio effettuata in modo palese (e continuato) con il coinvolgimento
della madre e del fratello dell’imputato; la droga collocata nell’abitazione in
luoghi facilmente accessibili; i Carabinieri che irrompono per interrompere
l’attività ed arrestare l’autore materiale della cessione; l’intervento dell’imputato
che consente al fratello di fuggire e di disfarsi della sostanza di cui al capo B.
7.4.Da tali elementi, in particolare, non è affatto manifestamente illogico
trarre il convincimento che l’imputato fosse consapevole dell’attività di spaccio di
sostanze stupefacenti materialmente posta in essere dal fratello e del fatto che
quest’ultimo detenesse ulteriore sostanza. Sicché va ricordato il consolidato
indirizzo interpretativo di questa Corte secondo il quale, in tema di illecita
detenzione di sostanze stupefacenti ed in costanza di detta detenzione,
trattandosi di reato permanente, qualunque agevolazione del colpevole, posta in
essere prima che la condotta di questi sia cessata, si risolve – salvo che non sia
diversamente previsto – in un concorso nel reato, quanto meno a carattere
morale (Sez. U, n. 36258 del 24/05/2012, Rv. 253151; Sez. 4, n. 12915 del

3

Corte di appello la ribadisce sulla base di condotte da lui non tenute e non

08/03/2006, Billeci, Rv. 233724; Sez. 6, n. 4927 del 17/12/2003, Domenighini,
Rv. 227986).

8.E’ fondato, invece, il penultimo motivo con cui la Albano e il Fornataro
eccepiscono la erronea applicazione dell’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del
1990.
8.1.1 giudici di merito hanno escluso la sussistenza dell’ipotesi lieve in base
ai seguenti argomenti: a) il numero di dosi (41,5) ricavabili dal quantitativo di

dell’attività di spaccio casalingo (non essendo la prima volta che il Masini aveva
acquistato la sostanza); c) il comportamento tenuto all’atto dell’irruzione dei
Carabinieri; d) la recidiva.
8.2.0ccorre innanzitutto precisare che la Corte di appello confonde il
numero delle dosi ricavabili dalla droga detenuta con il peso della droga stessa,
avendo erroneamente affermato, per escludere la lieve entità del fatto, che il
quantitativo fosse pari a 41,5 grammi. In realtà, come detto, si tratta di non più
di 7 grammi in tutto.
8.3.Va altresì aggiunto che la recidiva non è aspetto che può essere valutato
ai fini della sussistenza dell’ipotesi lieve, dovendosi aver riguardo esclusivamente
all’azione e al suo oggetto.
8.4.Non ha nemmeno pregio, da questo punto di vista, la natura organizzata
e sistematica dell’attività di cessione (peraltro contraddetta dall’assenza totale di
accorgimenti persino nell’occultamento della sostanza e nello svolgimento
dell’attività stessa), non potendosi altrimenti conciliare tale dato con il fatto,
positivamente assunto, che un’attività di piccolo spaccio può essere gestita
anche in forma associata (art. 74, comma 6, d.P.R. n. 309 del 1990).
8.5.Residua, dunque, il solo dato ponderale, non essendo emersi – a parte
inutilizzabili riferimenti a fonti confidenziali – altri elementi dai quali poter
escludere la minima offensività della condotta e che, di certo, non possono trarsi
dalla estemporanea reazione posta in essere in sede di irruzione dei Carabinieri
che dimostra, piuttosto, la totale assenza di professionalità (come gli imputati
non hanno mancato di sottolineare).
8.6.Poiché il motivo di ricorso ha natura oggettiva, la sentenza deve essere
annullata con rinvio alla Corte di appello di Napoli che, in applicazione del reato
di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990 (peraltro meno grave di quello
di cui al capo C), dovrà rideterminare il trattamento sanzionatorio applicabile a
tutti gli imputati.
8.7.Sono inammissibili i rilievi circa la mancata applicazione delle
circostanze attenuanti generiche con giudizio di prevalenza, perché del tutto
generici e supportati da considerazioni di natura squisitamente fattuale.
4

droga complessivamente detenuta (gr. 6,84); b) la natura stabile e collaudata

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di appello di Napoli
limitatamente alla configurabilità della fattispecie di cui al comma quinto dell’art.
73, d.P.R. n. 309 del 1990.
Dichiara inammissibili nel resto i ricorsi.

Così deciso il 30/03/2016.

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA