Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28729 del 30/03/2016


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 28729 Anno 2016
Presidente: GRILLO RENATO
Relatore: DE MASI ORONZO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
SOARES DA FONSECA DEIZIANY, nata in Brasile il 2/5/1986

avverso la ordinanza del 30/5/2014 della Corte di Appello di Genova

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere °ronzo De Masi;
udito il Pubblico Ministero, in persona Sostituto Procuratore generale Mario Fraticelli, che ha
concluso per l’inammissibilità del ricorso;
udito il difensore, avv. Fabio Spaziani, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;

Data Udienza: 30/03/2016

RITENUTO IN FATTO

La Corte di Appello di Genova, con sentenza emessa in data 30/5/2014, ha parzialmente
riformato la sentenza pronunciata, all’esito di giudizio abbreviato, dal GUP del Tribunale di
Savona, appellata da SOARES DE FONSECA DEIZIANY, dichiarata responsabile dei reati di
associazione per delinquere e favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione, con

con giudizio di prevalenza e la riduzione per il rito, ha rideterminato la pena inflitta in anni 2 ed
euro 240 di multa, con i benefici di legge.
Osservava la Corte territoriale che l’assunto difensivo secondo cui si era trattato di una libera
scelta di un gruppo di donne che avrebbero realizzato una sorta di organizzazione di mutuo
soccorso per gestire la prostituzione, mediante la creazione di un fondo comune destinato
all’affitto degli immobili ed alle altre spese, con tageva radicalmente con il ponderoso quadro
probatorio acquisito e che la SOARES aveva ammesso di essere stata alla direzione di tre
case, due a Cassino ed una a Frosinone, nelle quali si esercitava la prostituzione.
Avverso la sentenza, la SOARES propone ricorso per cassazione, tramite il difensore fiduciario,
affidato a due motivi.
Con un primo motivo di doglianza, deduce, ai sensi dell’art. 606 lett. e), c.p.p., in relazione
all’art. 533 c.p.p., mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione, per
avere la Corte territoriale basato l’affermazione della penale responsabilità dell’imputata su
risultanze processuali che, se correttamente valutate, avrebbero dovuto condurre ad una
pronuncia assolutoria.
Con un secondo motivo di doglianza, deduce, ai

sensi dell’art. 606 lett.

b), c.p.p.,

inosservanza o erronea applicazione della legge penale, in riferimento alla dosimetria della
pena ed ai criteri di cui all’art. 133 c.p., perchè la pena base risulterebbe comunque troppo
elevata ed eccessivo l’aumento per la continuazione tra i due reati contestati.

CONSIDERATO IN DIRITTO

li ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
I motivi in esso dedotti sono manifestamente infondati, ripropongono le stesse ragioni già
discusse e ritenute infondate dal giudice del gravame e, per di più, non sono specifici.
La mancanza di specificità del motivo, invero, deve essere apprezzata non solo per la sua
genericità, come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni
argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione, questa
non potendo ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di
aspecificità, conducente a mente dell’art. 591 c.p.p., comma 1, lett. c), all’inammissibilità.
2

l’aggravante del fatto commesso ai danni di più persone, e concesse le attenuanti generiche

Sulla manifesta infondatezza del primo motivo, diretto ad invalidare il valore probatorio delle
intercettazioni telefoniche, soprattutto rispetto al delitto di associazione per delinquere
finalizzata al favoreggiamento ed allo sfruttamento della prostituzione, va osservato che la
ricorrente si limita a reiterare le doglianze già sconfessate dal Giudice di appello e ripropone
una propria lettura alternativa delle risultanze processuali fondata su mere ed indimostrate
congetture, senza documentare nei modi di rito eventuali travisamenti.
Ed invero, è sufficiente rilevare che la Corte territoriale, richiamando le motivazioni della
sentenza di primo grado, che si salda con quella di appello in quanto entrambe le decisioni

doppia conforme (Sez. 4, n. 17/9/2008, n. 38824, Sez. 1, n. 8868 del 26/6/2000Rv. 216906),
ha evidenziato come le intercettazioni telefoniche, i servizi di osservazione, i documenti relativi
agli affitti degli appartamenti e la documentazione contabile sequestrata nelle varie case
consentissero di delineare una “capillare organizzazione verticistica che diramandosi in varie
zone del territorio, provvedeva al reclutamento delle ragazze, agli affitti delle case, alla
gestione di ciascuna di esse con rotazione delle ragazze, pubblicizzazione degli annunci delle
offerte di meretricio, gestione degli appartamenti, suddivisione dei ricavi”, e come la SOARES
si muovesse all’interno di tale organizzazione in maniera “consapevole”: circostanza
comprovata dal contenuto delle conversazioni con la coimputata FERREIRA GOMES
MARINALVA, posta al vertice della stessa, esplicitamente riferibile all’attività criminosa.
Va peraltro posto in rilievo che la giurisprudenza di legittimità si è più volte espressa nel senso
che, ai fini del controllo di legittimità sul vizio di motivazione, l’impostazione della struttura
giustificativa della sentenza di appello si salda con quella di primo grado, per formare un unico
complessivo corpo argomentativo, allorquando i Giudici del gravame, esaminando le censure
proposte dall’appellante con criteri omogenei a quelli del primo giudice ed operando frequenti
riferimenti ai passaggi logico giuridici della prima sentenza, concordino nell’analisi e nella
valutazione degli elementi di prova posti a fondamento della decisione (Sez. 3, n. 44418 del
16/7/2013).
L’integrazione tra le due motivazioni si realizza non solo allorché i giudici di secondo grado
abbiano esaminato le censure proposte dall’appellante con criteri omogenei a quelli usati dal
primo giudice e con frequenti riferimenti alle 6 determinazioni ivi prese ed ai passaggi logico giuridici della decisione, ma anche, e a maggior ragione, quando i motivi di appello non
abbiano riguardato elementi nuovi, ma si siano limitati a prospettare circostanze già esaminate
ed ampiamente chiarite nella decisione di primo grado (da ultimo, Sez. 3, n. 13926 del
1/12/2011,dep. 12/4/2012).
L’apparato argomentativo della sentenza di appello è del tutto logico ed incensurabile in questa
sede atteso che il controllo della Corte di legittimità non mai comportare una rivisitazione
dell’iter costruttivo del fatto, attraverso una nuova valutazione delle emergenze processuali,
finalizzata ad individuare percorsi logici alternativi ed idonei ad inficiare il convincimento
espresso dal giudice di merito (Sez. 2, n. 23419 del 23/5/2007, Rv. 236893).
3

concordano nell’analisi e nella valutazione degli elementi di prova, dando luogo ad una c.d.

Quanto al secondo motivo di doglianza, la difesa della SOARES introduce nel giudizio di
legittimità censure non consentite, in quanto concernenti il trattamento sanzionatorio la cui
valutazione è riservata al giudice di merito.
La sentenza sul punto è adeguatamente motivata ed immune da censure logiche.
t
La Corte territoriale, infatti, ha riconsiderato complessivamente detto trattamento affermando
che la gravità dei fatti, già ritenuta dal primo giudice (con l’irrogazione di una sanzione
decisamente meno mite), avuto riguardo al rilevante numero di giovani sfruttate ed alla
circostanza che la SOARES era preposta alla “direzione di tre case (due a Cassino ed una a

costituisse circostanza impeditiva del riconoscimento delle attenuanti generiche, con giudizio di
prevalenza sulla contestata aggravante, ma che la pena base per il più grave reato – quello di
cui al capo b) dell’imputazione – dovesse quantificarsi in una misura “maggiore rispetto al
minimo edittale, considerata la pluralità di appartamenti gestiti e la consistente capacità
organizzativa dimostrata” dalla imputata.
A fronte di tale adeguata motivazione, e dei così evocati parametri di cui all’articolo 133 c.p.,
non appare censurabile in questa sede di legittimità la valutazione espressa dal Giudice del
merito nei legittimo e motivato esercizio del potere discrezionale che al riguardo gli è riservato
dalla legge, non potendosi procedere ad una rinnovata valutazione delle modalità mediante le
quali il Giudice di appello ha esercitato il potere discrezionale a lui concesso dall’ordinamento ai
fini della commisurazione della pena.
L’esercizio di detto potere deve essere motivato nei soli limiti atti a far emergere in misura
sufficiente il pensiero del giudice in ordine all’adeguamento della pena concreta alla gravità
effettiva del reato ed alla personalità del reo, né può trascurarsi che, in tema di
determinazione della pena nel reato continuato, non sussiste l’obbligo di specifica motivazione
per gli aumenti relativi ai reati satellite, valendo a questi fini le ragioni a sostegno della
quantificazione della pena – base (ex multis, Sez. 2, n. 4707 del 21/11/2014, Rv. 262313).
Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile, con la condanna della ricorrente al
pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1500,00 in favore della Cassa delle
Ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali
e della somma di Euro 1500,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 30 marzo 2016.

Frosinone), dove per sua stessa ammissione si esercitava l’attività di prostituzione”, non

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