Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28720 del 10/03/2016


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 28720 Anno 2016
Presidente: ROSI ELISABETTA
Relatore: RICCARDI GIUSEPPE

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Riva Andrea, nato a Treviglio il 29/10/1977

avverso la sentenza del 23/03/2015 della Corte di Appello di Brescia

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Giuseppe Riccardi;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale
Pasquale Fimiani, che ha concluso chiedendo l’inammissibilità;
udito il difensore, Avv. Antonio Abbatiello, che ha concluso chiedendo
l’accoglimento del ricorso e l’annullamento della sentenza.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 23 marzo 2015 la Corte di Appello di Brescia
confermava la sentenza di condanna alla pena di anni 1 e mesi 8 di reclusione
emessa dal Tribunale di Bergamo in data 23/05/2014 nei confronti di Riva
Andrea, imputato del reato di cui all’art. 2 d.lgs. 74 del 2000, per avere

Data Udienza: 10/03/2016

indicato, nelle dichiarazioni Irpef e Iva per gli anni 2006 e 2007, elementi
passivi fittizi, avvalendosi di fatture per operazioni inesistenti.

2. Avverso tale provvedimento ha proposto ricorso per cassazione il
difensore del ricorrente Riva Andrea, Avv. Antonio Abbatiello, deducendo due
motivi, di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la
motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen. .
2.1. Violazione di legge processuale e omessa assunzione di prova

Moscato Crocefisso, già dedotta e non ammessa in 1° grado, e di D’Angeli
Salvatore e De Matteis Sasha Floriano, ovvero i soggetti indicati nella fatture
per operazioni inesistenti contestate; necessaria sarebbe stata l’audizione di
Moscato, al fine di valutarne la credibilità, in quanto egli ha negato di avere
intrattenuto rapporti commerciali con Riva Andrea, mentre era sottoposto a
verifica fiscale, probabilmente per allontanare il sospetto di omessa
contabilizzazione di fatture riguardanti prestazioni realmente effettuate, ma
pagate in contanti; anche la medesima grafia rilevata nella redazione delle
fatture intestate a D’Angeli e De Matteis non assumerebbe rilevanza indiziaria,
in quanto tali imprese avevano operato contestualmente nei cantieri del Riva;
inoltre, non è stato eseguito accertamento grafologico;
2.2. Vizio di motivazione: sebbene sia stata ammessa la procura conferita
da Riva Andrea al padre Angelo per la gestione dell’impresa, ed acquisita la
documentazione medica attestante le scadute condizioni neurologiche
dell’imputato, che ne impedivano la effettiva gestione dell’impresa, la
sentenza ha illogicamente affermato la responsabilità di Riva Andrea, anziché
del padre Angelo; tali precarie condizioni non sono state valorizzate neppure
per il riconoscimento delle attenuanti generiche e di una pena minima.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile.

2. Preliminarmente, va ribadito che deve ritenersi inammissibile
il ricorso per cassazione fondato sugli stessi motivi proposti con l’appello e
motivatamente respinti in secondo grado, sia per l’insindacabilità delle
valutazioni di merito adeguatamente e logicamente motivate, sia per
la genericità delle doglianze che, così prospettate, solo apparentemente

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decisiva: la Corte di Appello avrebbe dovuto assumere la testimonianza di

denunciano un errore logico o giuridico determinato

(ex multis,

Sez. 3, n. 44882 del 18/07/2014, Cariolo, Rv. 260608).
Invero, nel caso in esame i motivi di ricorso appaiono identici a quelli
sollevati con l’appello, e motivatamente respinti dalla sentenza impugnata,
con la quale non propongono un reale e motivato confronto argomentativo,
limitandosi a contestazioni avulse dal concreto tessuto motivazionale.
Infatti, mentre per il giudizio d’appello rileva solo la genericità intrinseca
al motivo stesso, prescindendosi da ogni confronto con quanto argomentato

generico anche il motivo che si caratterizza per l’omesso confronto
argomentativo con la motivazione della sentenza impugnata (ex plurimis,
Sez. 3, Sentenza n. 31939 del 16/04/2015, Falasca Zamponi, Rv. 264185;
Sez. 6, n. 13449 del 12/02/2014, Kasem, rv. 259456, secondo cui “la
genericità dell’appello o del ricorso per cassazione va valutata in base a
parametri diversi, in conseguenza della differente conformazione strutturale
dei due giudizi, e soltanto in relazione al secondo costituisce motivo di
inammissibilità per aspecíficità la mancanza di correlazione tra le ragioni
argomentative della decisione impugnata e quelle poste a fondamento
dell’impugnazione”).
Il difetto di specificità dei motivi, ricompreso fra le ipotesi che impongono
la dichiarazione dell’inammissibilità ai sensi dell’art. 591, comma 1, lett. c), in
relazione all’art. 581 lett. c), cod. proc. pen., deve intendersi come la
manifesta carenza di una censura di legittimità, chiaramente identificabile.
Nel caso di specie, la genericità dei motivi si evince dalla mera deduzione,
senza alcun confronto argomentativo con la sentenza impugnata, della
pretesa violazione di legge per la mancata assunzione dei titolari delle
imprese emittenti delle fatture fittizie, e della pretesa responsabilità del solo
padre dell’imputato, in ragione della procura conferitagli per le scadute
condizioni fisiche di costui.
3. Oltre che sotto il profilo ‘processuale’, il primo motivo è altresì
manifestamente infondato, in quanto, sebbene sotto l’apparente profilo della
violazione di legge processuale, propone una sostanziale richiesta di
rivalutazione probatoria degli elementi indiziari sulla base di richiami
parcellizzati del materiale probatorio.
Ebbene, senza indulgere in una valutazione parcellizzata ed atomistica
delle fonti di prova, l’affermazione di responsabilità risulta fondata sulla
ritenuta fittizietà delle operazioni indicate nelle fatture delle quali si è avvalso

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dal giudice del provvedimento impugnato, per il giudizio di cassazione è

l’imputato, desunta da molteplici elementi: le fatture apparentemente emesse
da Moscato Crocefisso in favore del Riva sono state da questi esibite, e
risultano emesse nei confronti di altro soggetto, e regolate con bonifici bancari
e assegni; circostanza che, dunque, esclude qualsiasi intento calunniatorio del
Moscato, pure evocato dal ricorrente al fine di minarne la credibilità, e
invocarne la necessità di audizione; ed esclude, altresì, la decisività della
prova dedotta, sottolineando, al contrario, la correttezza del giudizio di
superfluità già espresso dalla sentenza impugnata; anche con riferimento agli

evidenziato che De Matteis aveva cessato l’attività nel 2006, mentre, tra
quelle indicate dal Riva, risultano fatture emesse anche nel 2007, e con il
codice fiscale dell’emittente errato; quanto al D’Angeli, oltre alla redazione
con la medesima grafia di tutte le fatture emesse dalle diverse imprese,
veniva evidenziata la genericità delle operazioni economiche indicate e la
mancanza di ‘tracciabilità’ finanziaria dei sottostanti pagamenti.
Ebbene, esclusa l’ammissibilità di una rivalutazione del compendio
probatorio, va ribadito che la sentenza impugnata ha fornito logica e coerente
motivazione in ordine alla ricostruzione dei fatti, alla qualificazione giuridica
degli stessi, ed alla superfluità delle testimonianze richieste dalla difesa
dell’imputato, con argomentazioni prive di illogicità (tantomeno manifeste) e
di contraddittorietà.
Del resto, è inammissibile il ricorso per cassazione i cui motivi si limitino
genericamente a lamentare l’omessa valutazione di una tesi alternativa a
quella accolta dalla sentenza di condanna impugnata, senza indicare precise
carenze od omissioni argomentative ovvero illogicità della motivazione di
questa, idonee ad incidere negativamente sulla capacità dimostrativa del
compendio indiziario posto a fondamento della decisione di merito
(Sez. 2, n. 30918 del 07/05/2015, Falbo, Rv. 264441).

4. Anche il secondo motivo di ricorso è manifestamente infondato, avendo
la sentenza impugnata, con apprezzamento di fatto scevro da vizi logici, e
perciò insindacabile in sede di legittimità, evidenziato che Riva Angelo, pur
dichiarando che il padre si occupava della gestione dell’impresa, ha comunque
ammesso di essere stato sempre informato dal genitore in ordine alla gestione
della ‘ditta’ e dei rapporti commerciali, e, quale legale rappresentante della
società, ha sottoscritto le dichiarazioni fiscali.
Correttamente, e con motivazione adeguata, la sentenza impugnata ha
dunque rilevato che la ‘carica’ formale di amministratore della società non era,

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altri due testimoni richiesti dalla difesa del Riva, la sentenza impugnata ha

sotto il profilo fattuale, divergente dal ruolo ‘sostanziale’ di gestore
dell’impresa, mantenendo l’odierno ricorrente la responsabilità degli obblighi
connessi all’amministrazione e gestione dell’impresa, anche sotto il profilo
della sorveglianza; del resto, in tali casi, ferma la responsabilità penale
dell’amministratore di diritto, sarebbe configurabile il concorso nel reato di cui
all’art. 2 del D.Lgs. n. 74 del 2000 di coloro che – pur essendo estranei e non
rivestendo cariche nella società a cui si riferisce la dichiarazione fraudolenta abbiano, in qualsivoglia modo, partecipato a creare il meccanismo fraudolento

dichiarazione fraudolenta, di avvalersi della documentazione fiscale fittizia
(Sez. F, n. 35729 del 01/08/2013, Agrama, Rv. 256579)

5. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue la condanna al
pagamento delle spese processuali e la corresponsione di una somma di
denaro in favore della cassa delle ammende, somma che si ritiene equo
determinare in Euro 1.000,00: infatti, l’art. 616 cod. proc. pen. non distingue
tra le varie cause di inammissibilità, con la conseguenza che la condanna al
pagamento della sanzione pecuniaria in esso prevista deve essere inflitta sia
nel caso di inammissibilità dichiarata ex art. 606 cod. proc. pen., comma 3,
sia nelle ipotesi di inammissibilità pronunciata ex art. 591 cod. proc. pen. .

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali e della somma di € 1.000,00 in favore della Cassa
delle Ammende.

Così deciso in Roma il 10/03/2016

Il Consigliere estensore

Il Presidente

che ha consentito all’amministratore della società, sottoscrittore della

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