Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28719 del 10/03/2016


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 28719 Anno 2016
Presidente: ROSI ELISABETTA
Relatore: RICCARDI GIUSEPPE

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Di Caccamo Giuseppa, nata a Monreale il 17/05/1956

avverso la sentenza del 24/06/2015 della Corte di Appello di Palermo

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Giuseppe Riccardi;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale
Pasquale Fimiani, che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 24 giugno 2015 la Corte di Appello di Palermo – in
parziale riforma della sentenza di condanna alla pena di giorni 15 di arresto ed
C 20.000,00 di ammenda emessa dal Tribunale di Trapani in data 11/02/2014
nei confronti di Di Caccamo Giuseppa, imputata dei reati di cui all’art. 44 lett.
c) d.P.R. 380 del 2001, 181 d.lgs. 42 del 2004 e 734 c.p. – assolveva
l’imputata dal reato di cui all’art. 734 cod. pen., e, dai reati edilizi ed

a

Data Udienza: 10/03/2016

ambientali limitatamente alla recinzione dell’area, confermando la sentenza
impugnata nel resto e rideterminando la pena mi giorni 12 di arresto ed C
17.000,00 di ammenda.

2. Avverso tale provvedimento ha proposto ricorso per cassazione il
difensore della ricorrente, Avv. Donatella Buscaino, deducendo, con un unico
articolato motivo, il vizio di motivazione.
Lamenta che la sentenza impugnata abbia ritenuto rientranti nella

intrinseche delle stesse e della vocazione alla soddisfazione di bisogni
contingenti e non duraturi; nel caso di specie, l’opera era un rimorchio ad uso
abitativo, munito di targa e libretto di circolazione, e disancorato dal suolo;
una struttura non destinata stabilmente ad uso abitativo, ma diretta
esclusivamente ad esigenze temporanee e contingenti, come desumibile,
altresì, dalla circostanza che l’imputata vive a Roma, non già in provincia di
Trapani, e che l’acquisto del terreno dove era stato collocato il rimorchio
risaliva a pochi mesi prima (28/12/2010).
Sotto altro profilo, deduce che 1’8 maggio 2011 la ricorrente ha
provveduto alla demolizione delle opere, in tal senso integrando la causa di
estinzione del reato paesaggistico, ai senso dell’art. 181, comma 1 quinquies,
d.lgs. 42 del 2004; erroneamente la sentenza impugnata ha ritenuto tardiva
la rimessione in pristino, in quanto avvenuta dopo l’emanazione del
provvedimento coercitivo dell’autorità amministrativa.
Lamenta infine l’eccessività della pena inflitta, e la mancata concessione
delle attenuanti generiche.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile.

2. Il primo motivo, oltre che generico, in quanto meramente ripropositivo
dell’appello (ex plurimis, Sez. 3, Sentenza n. 31939 del 16/04/2015, Falasca
Zamponi, Rv. 264185; Sez. 6, n. 13449 del 12/02/2014, Kasem, rv. 259456),
è manifestamente infondato, in quanto l’affermazione di responsabilità
concerne l’installazione, in zona vincolata e in assenza di permesso di
costruire, di un rimorchio ad uso abitativo con tetto a due falde, poggiato su
conci di tufo per assicurarne la stabilità, l’edificazione di una base in cemento
armato di oltre 27 mq., sopraelevata dal piano di calpestio, e la costruzione di

2

nozione di nuova costruzione opere precarie, in ragione delle caratteristiche

una struttura in legno e di una tettoia in legno, installate sulla base in
cemento.
La sentenza impugnata evidenzia altresì che, dalla documentazione
fotografica, si evince la destinazione ad uso abitativo del rimorchio, e la
stabilità delle opere desumibile dalla struttura delle stesse e dalla finalità di
soddisfare esigenze non temporanee, ma stabili, come dimostrato
dall’esistenza di scarichi.
Al riguardo, il chiaro tenore letterale dell’art. 3, comma 1, lett. e.5),

costruzione”, per i quali è necessario il permesso di costruire, “l’installazione
di manufatti leggeri, anche prefabbricati, e di strutture di qualsiasi genere,
quali roulottes, campers, case mobili, imbarcazioni, che siano utilizzati come
abitazioni, ambienti di lavoro, oppure come depositi, magazzini e simili” (la
Corte costituzionale, con sentenza n. 189 del 24 luglio 2015, ha dichiarato
l’illegittimità costituzionale dell’art. 41, comma 4, d.l. 66 del 2013, conv. in I.
98 del 2013, che aveva escluso “quelli che siano diretti a soddisfare esigenze
meramente temporanee o siano ricom presi in strutture ricettive all’aperto per
la sosta e il soggiorno dei turisti, previamente autorizzate sotto il profilo
urbanistico, edilizio e, ove previsto, paesaggistico, in conformità alle
normative regionali di settore”).
Del resto, la giurisprudenza di questa Corte ha pacificamente affermato
che “integra il reato di costruzione edilizia abusiva (art. 44, comma primo,
lett. b), d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380) la collocazione su un’area di una “casa
mobile” con stabile destinazione abitativa, in assenza di permesso di
costruire, perché quest’ultimo non è necessario, ai sensi dell’art. 3 del citato
d.P.R. (come modificato dalla I. 3 agosto 2013, n. 98 e dalla I. 23 maggio
2014, n. 80), per i soli interventi in cui ricorrono contestualmente i requisiti di
cui al comma primo, lett. e 5), del predetto art. 3 (collocazione all’interno di
una struttura ricettiva all’aperto, temporaneo ancoraggio al suolo, conformità
alla normativa regionale di settore, destinazione alla sosta ed al soggiorno,
necessariamente occasionali e limitati nel tempo, di turisti)” (Sez. 3, n. 41067
del 15/09/2015, Pullara, Rv. 264840; in senso analogo, Sez. 3, n. 7047 del
04/12/2014, dep. 2015, Gaiotto, Rv. 262631).
Nel caso in esame, sia le caratteristiche strutturali delle opere – un
rimorchio stabilmente ancorato al suolo, adibito ad uso abitativo, con
predisposizione di scarichi, e realizzazione di una base in cemento armato -,
sia la destinazione ad esigenze non temporanee delle stesse (evincibile

3

d.P.R. 380 del 2001, include in ogni caso tra gli “interventi di nuova

dall’uso abitativo), escludono una precarietà, sia strutturale che funzionale,
delle stesse.

3. Il secondo profilo dedotto, riguardante l’effetto estintivo conseguente
alla demolizione delle opere, è manifestamente infondato, in quanto la
sentenza impugnata ha puntualmente rilevato che la demolizione era stata
parziale, avendo avuto ad oggetto soltanto la base in cemento armato e la
struttura in legno; al contrario, i due prefabbricati erano rimasti integri.
Al riguardo, la rimessione in pristino parziale non può naturalmente avere

4. Infine, il terzo profilo è manifestamente infondato, in quanto, a
prescindere dal rilievo che la pena inflitta è stata determinata in prossimità
del minimo edittale (pena base pari a giorni 9 di arresto ed C 15.000,00 di
ammenda), è pacifico che la graduazione della pena, anche in relazione agli
aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed
attenuanti, rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che la esercita,
così come per fissare la pena base, in aderenza ai principi enunciati negli artt.
132 e 133 cod. pen.; ne discende che è inammissibile la censura che, nel
giudizio di cassazione, miri ad una nuova valutazione della congruità della
pena la cui determinazione non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento
illogico e sia sorretta da sufficiente motivazione (ex multis, Sez. 5, n. 5582
del 30/09/2013, dep. 2014, Ferrario, Rv. 259142).
Analoga considerazione va estesa al mancato riconoscimento delle
attenuanti generiche, che, con apprezzamento in fatto immune da illogicità, e
dunque incensurabile in sede di legittimità, la sentenza impugnata ha negato,
ritenendo non essere emersi elementi favorevoli all’imputata, avendo la stessa
provveduto solo parzialmente alla rimessione in pristino, e comunque dopo il
provvedimento coercitivo dell’autorità amministrativa.

5. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue la condanna al
pagamento delle spese processuali e la corresponsione di una somma di
denaro in favore della cassa delle ammende, somma che si ritiene equo
determinare in Euro 1.000,00: infatti, l’art. 616 cod. proc. pen. non distingue
tra le varie cause di inammissibilità, con la conseguenza che la condanna al
pagamento della sanzione pecuniaria in esso prevista deve essere inflitta sia
nel caso di inammissibilità dichiarata ex art. 606 cod. proc. pen., comma 3,
sia nelle ipotesi di inammissibilità pronunciata ex art. 591 cod. proc. pen. .

4

a-

efficacia estintiva del reato paesaggistico accertato.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento
delle spese processuali e della somma di C 1.000,00 in favore della Cassa
delle Ammende.

Il Consigliere estensore

residente

Così deciso in Roma il 10/03/2016

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