Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28718 del 10/03/2016


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 28718 Anno 2016
Presidente: ROSI ELISABETTA
Relatore: RICCARDI GIUSEPPE

SENTENZA
sul ricorso proposto da
Faro Alberto, nato a Catania il 09/11/1961

avverso la sentenza del 13/05/2014 della Corte di Appello di Catania

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Giuseppe Riccardi;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale
Pasquale Finniani, che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso.

RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 13 maggio 2014 la Corte di Appello di Catania
confermava la sentenza di condanna alla pena di mesi tre di arresto ed €
4.000,00 di ammenda emessa dal Tribunale di Catania, Sezione distaccata di
Acireale, in data 16/01/2012 nei confronti di Faro Alberto, imputato dei reati di
cui agli artt. 44 lett. b) e 71-72 d.P.R. 380 del 2001, per avere eseguito, in
assenza di permesso di costruire, opere consistite in un aumento di volumetria di
un immobile in Acireale, con modifica della sagoma, dei prospetti e delle
superfici, innalzamento del preesistente corpo edilizio ed eliminazione della
originaria copertura, e creazione di un solaio in cemento armato ad altezza

Data Udienza: 10/03/2016

maggiore dell’originaria quota, e di una scala di collegamento, omettendo di
denunciare al genio civile la realizzazione delle opere in cemento armato.

2. Avverso tale provvedimento ha proposto ricorso per cassazione il
difensore del ricorrente, Avv. Alessandro Antoci, deducendo, con unico motivo, la
violazione di legge sostanziale in relazione all’art. 157 cod. pen., per non aver la
sentenza impugnata dichiarato l’estinzione per prescrizione dei reati; lamenta
che la data di consumazione è stata indicata “in epoca anteriore e prossima al

considerarsi prescritto prima della sentenza di appello.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è parzialmente fondato.

2.

Invero, secondo quanto espressamente evidenziato dalla sentenza

impugnata, al momento dell’accertamento, nel gennaio del 2007, i lavori non
erano ancora ultimati, ma in corso di realizzazione, come evinto dalla
documentazione fotografica allegata.
Al riguardo, la costante giurisprudenza di questa Corte in ordine alla nozione
di ultimazione delle opere afferma che essa, ai soli fini del condono edilizio,
corrisponde alla realizzazione del rustico completo di tamponature laterali e
copertura (ex multis, Sez. 3, n. 28233 del 14/06/2011, Aprea, Rv. 250658),
mentre, ai fini dell’individuazione del tempus commissi delicti, corrisponde al
completamento del manufatto, comprese le rifiniture esterne e interne (di
recente, sulla cessazione della permanenza, Sez. 3, n. 29974 del 06/05/2014,
Sullo, Rv. 260498: “La permanenza del reato di edificazione abusiva termina,
con conseguente consumazione della fattispecie, o nel momento in cui, per
qualsiasi causa volontaria o imposta, cessano o vengono sospesi i lavori abusivi,
ovvero, se i lavori sono proseguiti anche dopo l’accertamento e fino alla data del
giudizio, in quello della emissione della sentenza di primo grado”).
Infatti, come disposto dall’art. 31, comma 2, I. n. 47 del 1985, si intendono
come ultimati, ai fini della condonabilità, “gli edifici nei quali sia stato eseguito il
rustico e completata la copertura, ovvero, quanto alle opere interne agli edifici
già esistenti e a quelle non destinate alla residenza, quando esse siano state
completate funzionalmente”. Tale disposizione di favore, che non può trovare
applicazione al di fuori del limitato ambito di operatività assegnatole dal
legislatore con riferimento al condono, non è estensibile, anche in quanto norma

2

17/01/2007″, e quindi, avendo l’imputato sospeso i lavori, il reato doveva

eccezionale, ad altre fattispecie non previste, quale è l’ipotesi dell’individuazione
del tempus commissi delicti e della cessazione della permanenza.
Nel caso in esame, dunque, in assenza di sequestro, la prima causa di
cessazione ‘giudiziale’ della permanenza del reato risulta essere stata la
sentenza di condanna emessa in 10 grado il 16/01/2012; pertanto, il reato di
esecuzione di opere in assenza di permesso di costruire non poteva ritenersi
estinto al momento di emissione della sentenza di appello, in data 13/05/2014; il
termine di prescrizione massimo, di cinque anni, non risulta decorso, tenuto

presente giudizio di cassazione, atteso che esso sarebbe maturato il 16/01/2017.

3. Il ricorso deve ritenersi invece fondato limitatamente al reato di omessa
denuncia delle opere in conglomerato cementizio, che ha natura di reato
istantaneo, in quanto si consuma con l’omissione degli adempimenti richiesti
prima della esecuzione delle opere (Sez. 3, n. 41854 del 08/10/2008, Patane’
Tropea, Rv. 241383; Sez. 3, n. 3351 del 13/11/2003, dep. 2004, Catanese, Rv.
227396; Sez. U, n. 18 del 14/07/1999, Lauriola, Rv. 213933).
Deve pertanto ritenersi decorso il termine massimo di prescrizione di cinque
anni dall’omessa denuncia delle opere in corso di realizzazione nel 2007.

4. Va dunque annullata senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente
alla contravvenzione di cui al capo b) per essere il reato estinto per prescrizione,
con conseguente riduzione della pena, applicata in aumento in relazione a tale
reato, di giorni venti di arresto.

P.Q.M.

Annulla senza

rinvio la sentenza

impugnata

limitatamente alla

contravvenzione di cui al capo b) per essere il reato estinto per prescrizione,
rigetta il ricorso nel resto.

Così deciso in Roma il 10/03/2016

Il Consigliere estensore

Presidente

conto dell’atto interruttivo rappresentato dalla sentenza di appello, prima del

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