Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28717 del 10/03/2016


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 28717 Anno 2016
Presidente: ROSI ELISABETTA
Relatore: RICCARDI GIUSEPPE

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Mastrangelo Ambrogio, nato a Alberobello il 03/12/1941

avverso la sentenza del 26/03/2015 del Tribunale di Brindisi

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Giuseppe Riccardi;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale
Pasquale Fimiani, che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 26 marzo 2015 il Tribunale di Brindisi condannava
Mastrangelo Ambrosio alla pena di € 1.000,00 di ammenda, in ordine al reato
di cui agli artt. 16-20, comma 1, d.lgs. 8 marzo 2006, n. 139, per avere
detenuto, in qualità di responsabile del Villaggio turistico “Ecosport” in Ostuni,
prodotti infiammabili (3 gruppi elettrogeni e 2 serbatoi di gasolio) in assenza
del certificato di prevenzione antincendio.

Data Udienza: 10/03/2016

2. Avverso tale provvedimento ha proposto personalmente ricorso per
cassazione Mastrangelo Ambrogio, deducendo due motivi di censura, e
chiedendo, in subordine, l’applicazione dell’art. 131 bis cod. pen.
2.1. Violazione di legge sostanziale: il precetto penale di cui agli artt. 16
e 20 d.lgs. 139 del 2006 non può essere integrato dal d.m. 16/02/1982.
2.2. Vizio di motivazione, con riferimento alla mancata concessione

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è infondato.

2. Invero, con riferimento al primo motivo di ricorso, per una migliore
comprensione della questione devoluta, appare opportuno richiamare le
disposizioni che regolano la materia.
Il d.lgs. 8 marzo 2006, n. 139, «Riassetto delle disposizioni relative alle
funzioni ed ai compiti del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, a norma
dell’articolo 11 della legge 29 luglio 2003, n. 229», si occupa, al Capo III,
della prevenzione incendi, che l’art. 13, comma 1 definisce come «(…)

la

funzione di preminente interesse pubblico diretta a conseguire, secondo criteri
applicativi uniformi sul territorio nazionale, gli obiettivi di sicurezza della vita
umana, di incolumità delle persone e di tutela dei beni e dell’ambiente
attraverso la promozione, lo studio, la predisposizione e la sperimentazione di
norme, misure, provvedimenti, accorgimenti e modi di azione intesi ad evitare
l’insorgenza di un incendio e degli eventi ad esso comunque connessi o a
limitarne le conseguenze».
Il successivo art. 16, comma 1, stabilisce che il certificato di prevenzione
incendi, rilasciato dal competente Comando provinciale dei vigili del fuoco, su
istanza dei soggetti responsabili delle attività interessate, «(…)

attesta il

rispetto delle prescrizioni previste dalla normativa di prevenzione incendi e la
sussistenza dei requisiti di sicurezza antincendio nei locali, attività, depositi,
impianti ed industrie pericolose, individuati, in relazione alla detenzione ed
all’impiego di 2 prodotti infiammabili, incendiabili o esplodenti che comportano
in caso di incendio gravi pericoli per l’incolumità della vita e dei beni ed in
relazione alle esigenze tecniche di sicurezza, con decreto del Presidente della
Repubblica, da emanare a norma dell’articolo 17, comma 1, della legge 23

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d’ufficio della sospensione condizionale della pena.

agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro dell’interno, sentito il Comitato
centrale tecnicoscientifico per la prevenzione incendi».
L’art. 20 del medesimo decreto legislativo individua le condotte
sanzionabili, tra le quali rientra quella attribuita all’odierno ricorrente.
L’articolo specifica, al comma 1, che «chiunque, in qualità di titolare di una
delle attività soggette al rilascio del certificato di prevenzione incendi, ometta
di richiedere il rilascio o il rinnovo del certificato medesimo è punito con
l’arresto sino ad un anno o con l’ammenda da 258 euro a 2.582 euro, quando

incendiabili o esplodenti, da cui derivano in caso di incendio
gravi pericoli per l’incolumità della vita e dei beni, da individuare con il
decreto del Presidente della Repubblica, previsto dall’articolo 16, comma 1».
Il d.P.R. 1 agosto 2011, n. 151 «Regolamento recante semplificazione
della disciplina dei procedimenti relativi alla prevenzione degli incendi, a
norma dell’articolo 49, comma 4-quater, del decreto-legge 31 maggio 2010,
n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122», come
precisato nell’art. 2, comma 1, «(…) individua le attività soggette ai controlli
di prevenzione incendi e disciplina, per il deposito dei progetti, per l’esame dei
progetti, per le visite tecniche, per l’approvazione di deroghe a specifiche
normative, la verifica delle condizioni di sicurezza antincendio che, in base alla
vigente normativa, sono attribuite alla competenza del Corpo nazionale dei
vigili del fuoco».
L’art. 3, comma 1, stabilisce che «gli enti ed i privati responsabili delle
attività di cui all’Allegato I categorie 8 e C, sono tenuti à richiedere, con
apposita istanza, al Comando l’esame dei progetti di nuovi impianti o
costruzioni nonché dei progetti di modifiche da apportare a quelli esistenti,
che comportino un aggravio delle preesistenti condizioni di sicurezza
antincendio».
In particolare, secondo quanto stabilito dal successivo art. 4, comma 1,
«per le attività di cui all’Allegato I del presente regolamento, l’istanza di cui al
comma 2 dell’articolo 16 del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139, è
presentata al Comando, prima dell’esercizio dell’attività, mediante
segnalazione certificata di inizio attività, corredata dalla documentazione
prevista dal decreto di cui all’articolo 2, comma 7, del presente regolamento.
Il Comando verifica la completezza formale dell’istanza, della documentazione
e dei relativi allegati e, in caso di esito positivo, ne rilascia ricevuta».
Il menzionato Allegato I al d.P.R. 151\2011, contenente, come si è detto,
l’elenco delle attività soggette alle visite e ai controlli di prevenzione incendi,

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si tratta di attività che comportano la detenzione e l’impiego di prodotti

ne fornisce una descrizione secondo un elenco numerico e le suddivide in tre
diverse categorie: A, B e C.
Al numero 13 dell’elenco, il suddetto Allegato, indica gli “impianti fissi di
distribuzione carburanti per l’autotrazione, la nautica e l’aeronautica;
contenitori-distributori rimovibili di carburanti liquidi”, e al numero 49 indica
gli “gruppi per la produzione di energia elettrica sussidiaria con motori
endotermici ed impianti di cogenerazione di potenza complessiva superiore a
25 kW”.

irrilevante, atteso che il reato contestato di omessa richiesta del certificato di
prevenzione antincendi è un reato omissivo proprio, di natura permanente, in
quanto l’obbligo di agire si protrae fino alla cessazione della condotta
antidoverosa, o fino alla dismissione della posizione di garanzia.
Nel caso in esame, dunque, è irrilevante che l’obbligo di ottenere il
certificato di prevenzione antincendi fosse previsto, in precedenza, da un
decreto ministeriale (16/02/1982), e non già da un decreto del Presidente
della Repubblica, secondo quanto previsto dal richiamato art. 16 d.lgs.
139/2006, in quanto, prescindendo dalla fondatezza o meno della questione,
l’imputato risulta avere assunto la carica di Presidente del consiglio di
amministrazione dal 23/10/2010, e, dall’entrata in vigore (il 07/10/2011) del
d.P.R. 1 agosto 2011, n. 151 alla presentazione della c.d. Scia ai competenti
Vigili del Fuoco, avvenuta il 28/03/2012, erano trascorsi quasi sei mesi
durante i quali l’obbligo non era stato osservato.
Pertanto, rientrando la detenzione dei serbatoi di gasolio e dei gruppi
elettrogeni tra le attività pericolose sottoposte al controllo dei Vigili del Fuoco,
il reato omissivo risulta consumato fino alla presentazione della richiesta del
certificato antincendi.

3. Altrettanto infondata è la censura riguardante l’omessa concessione
della sospensione condizionale della pena, il cui riconoscimento, in assenza di
richiesta di parte, rientra nella discrezionalità del giudice; nel caso in esame,
non risulta avanzata alcuna richiesta dall’odierno ricorrente in sede di
conclusioni, allorquando si è limitato a chiedere l’assoluzione.
In assenza di richiesta, dunque, non è possibile individuare un profilo di
omessa motivazione censurabile in sede di legittimità (Sez. 6, n. 30201 del
27/06/2011, Ferrante, Rv. 256560:

“Il giudice d’appello ha l’obbligo di

motivare sulla mancata concessione, ai sensi dell’art. 597, quinto comma,
cod. proc. pen., della sospensione condizionale della pena solo se il beneficio

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2.1. Tanto premesso, la questione dedotta con il primo motivo appare

sia stato espressamente richiesto da una delle parti almeno in sede di
conclusioni, ovvero se la sentenza d’appello abbia condannato l’imputato in
riforma della decisione assolutoria di primo grado, sempre che la sospensione
condizionale fosse stata richiesta, in via subordinata, dinanzi al giudice “a
quo””).

4. La richiesta di applicazione della clausola di non punibilità di cui all’art.
131 bis cod. pen. è infondata.

ed è dunque applicabile ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore
del d.lgs. 16 marzo 2015, n. 28, compresi quelli pendenti in sede di
legittimità, nei quali la Suprema Corte può rilevare di ufficio ex art. 609,
comma secondo, cod. proc. pen., la sussistenza delle condizioni di
applicabilità del predetto istituto, dovendo peraltro limitarsi, attesa la natura
del giudizio di legittimità, ad un vaglio di astratta non incompatibilità della
fattispecie concreta (come risultante dalla sentenza impugnata e dagli atti
processuali) con i requisiti ed i criteri indicati dal predetto art. 131 bis (Sez. 2,
Sentenza n. 41742 del 30/09/2015, Clemente, Rv. 264596); invero, la nuova
causa di non punibilità può essere applicata nel giudizio di legittimità con
annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, ogniqualvolta emerga,
dal contenuto di quest’ultima, la sussistenza dei presupposti oggettivi e
soggettivi richiesti per l’operatività dell’istituto previsto dall’art. 131

bis cod.

pen., nonchè un apprezzamento del giudice di merito coerente con tale
soluzione (Sez. 6, Sentenza n. 44683 del 15/09/2015, T., Rv. 265114; Sez. 3,
Sentenza n. 38380 del 15/07/2015, Ferraiuolo, Rv. 264795).
Tanto premesso, nel caso in esame la particolare tenuità del fatto risulta
non configurabile in ragione della stessa valutazione della sentenza
impugnata, che, pur ritenendo la non eccessiva gravità obiettiva del fatto, ha
determinato la pena base discostandosi in maniera non insignificante dal
minimo edittale (pari ad C 258,00), in tal senso considerando la gravità del
fatto in termini incompatibili con l’invocata causa di non punibilità, e non
riconoscendo le attenuanti generiche.
Non sussistono, pertanto, le condizioni di astratta non incompatibilità
della fattispecie concreta (come risultante dalla sentenza impugnata e dagli
atti processuali) con i requisiti ed i criteri indicati dal predetto art. 131 bis cod.
pen., tali da legittimare un rinvio per nuovo esame.

5

Al riguardo va ribadito che la causa di non punibilità ha natura sostanziale

5. Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento
delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.

Il Consigliere estensore

Il Presidente

Così deciso in Roma il 10/03/2016

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