Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28700 del 09/02/2016


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 28700 Anno 2016
Presidente: ROSI ELISABETTA
Relatore: MANZON ENRICO

SENTENZA
sul ricorso proposto da
CAlaglianone Pasquale nato a San Sosti il 22/01/1955
avverso la sentenza del 22/04/2015 della Corte d’appello di Milano
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Enrico Manzon;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Giulio
Romano, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
udito per l’imputato l’avv. Giovanni Aricò, che ha concluso chiedendo
l’accoglimento del ricorso; udito altresì l’avv. Adriano Bazzoni che si riporta.

RITENUTO IN FATTO
1.Con sentenza in data 22 aprile 2015 la Corte d’appello di Milano
confermava la sentenza emessa in data 24 settembre 2014 dal Tribunale di
Milano con la quale Pasquale Gilaglianone era stato condannato alla pena di anni
1 mesi 6 di reclusione per i reati di cui agli artt. 8, 2, d.lgs. n. 74/2000,
commessi in Milano, rispettivamente il 29 dicembre 2007 (ultima fattura
emessa) ed il 24 settembre 2008. La Corte territoriale, richiamata per relationem
la motivazione della sentenza appellata, ulteriormente rilevava che l’inesistenza
delle fatture in oggetto doveva ritenersi anche sulla base del fatto che il valore
del marchio, il cui sfruttamento era oggetto delle medesime, era stato
determinato in modo del tutto unilaterale, il che di per sé importava l’inesistenza
oggettiva delle operazioni fatturate; che difettasse la prova delle spese sostenute

Data Udienza: 09/02/2016

negli anni da parte dell’imputato in favore dell’associazione sportiva emittente le
fatture, essendo la relativa annotazione contabile tardiva e generica; che il
mancato sfruttamento del marchio in questione era prova ulteriore del
fondamento “bilaterale” dell’accusa; che l’assenza di prova scritta del contratto
sottostante le fatture non pareva giustificata e che doveva altresì affermarsi la
sussistenza dell’elemento soggettivo del reato in esame; infine che il trattamento
sanzionatorio applicato dal primo giudice risultava congruo, in quanto comunque
prossimo ai minimi edittali ed altresì corretta la mancata concessione del

2. Contro la decisione, tramite il difensore fiduciario, ha proposto ricorso per
cassazione il Waglianone deducendo sei motivi.
2.1 Con un primo motivo si duole di violazione di legge e di vizio
motivazionale in ordine alla affermazione di insussistenza oggettiva delle fatture
in oggetto. Rileva anzitutto che le spese sostenute quale patron dell’associazione
sportiva Doria erano state ampiamente documentate, sicchè le fatture in
questione, di riaddebito di tali costi alla Quarzo srl doveva considerarsi
operazione “reale” e non “fittizia”.
2.2 Con un secondo motivo lamenta violazione di legge e vizio motivazionale
relativamente alla ritenuta fittizietà della cessione di utilizzo del marchio
“Kickboxing Superstar”, asserendo l’irrilevanza dell’assenza della prova scritta
del contratto correlativo e la effettività dell’operazione, sicchè afferma che la
Corte territoriale ha travisato il fatto in questione.
2.3 Con un terzo motivo censura la sentenza impugnata per vizio
motivazionale in ordine alla questione di fatto della impossibilità sopravvenuta di
utilizzo del marchio di cui al secondo motivo, rilevando la non correttezza
giuridica delle osservazioni sviluppate sul punto dalla Corte territoriale.
2.4 Con un quarto motivo lamenta violazione di legge e vizio motivazionale
in relazione alla affermata sussistenza del dolo specifico di evasione, tipico dei
reati de quibus, trattandosi come ribadito di operazioni reali e non fittizie.
2.5 Con un quinto motivo deduce violazione di legge e vizio motivazionale in
ordine alla mancata dichiarazione di prescrizione in relazione alle fatture emesse
il 12 e 19 febbraio 2007, essendo decorso il relativo periodo massimo.
2.6 Con un sesto motivo lamenta violazione di legge e vizio motivazionale in
ordine al mancato riconoscimento del beneficio della “non menzione”, in
considerazione degli elementi prospettati con i motivi di appello.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso non è fondato quanto ai primi cinque motivi; è di contro fondato
in ordine al sesto motivo.

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beneficio della “non menzione” della condanna.

2. I primi quattro motivi espongono censure che, sotto diversi profili di
violazione di legge e vizio della motivazione, ineriscono alla “doppia conforme”
affermazione della penale responsabilità del ricorrente in ordine ai reati
ascrittigli, rispettivamente di emissione di fatture per operazioni inesistenti nella
qualità di legale rappresentante della Associazione Sportiva Doria Team (capo A
della rubrica) e di dichiarazione fraudolenta con utilizzazione delle fatture
medesime quale legale rappresentante della Quarzo srl (capo B della rubrica).
Risulta perciò utile ed opportuno trattarne congiuntamente.

della effettività ovvero inesistenza delle operazioni fatturate, contestata dalla
Pubblica accusa, affermata dai due giudici di merito e pervicacemente negata
dall’imputato.
Il Glglianone in particolare sostiene che tali fatture hanno effettivamente
riguardato la reale, non fittizia, cessione da parte della Associazione Doria alla
Quarzo dello sfruttamento del marchio “Kickboxing Superstar”, relativo ad una
avviata manifestazione di arti marziali in Milano, per il corrispettivo complessivo
di euro 804.000 (IVA euro 134.000). Ed è per tale ragione di fondo che ravvisa e
denunzia violazione di legge e vizio della motivazione quanto alle contrarie
considerazioni specificamente sviluppate, per relationem e direttamente, nella
sentenza impugnata.
Questa tesi difensiva si basa essenzialmente su tre considerazioni che
attengono al piano oggettivo delle operazioni economiche in questione, a
confutazione dei contrari specifici argomenti accusatorii, quali recepiti nelle due
decisioni di merito.
La prima consiste nella allegazione della circostanza che il corrispettivo sia
stato effettivamente pagato dalla Quarzo, sia pure mediante la compensazione
del credito personale che, per pari importo, il GUEiglianone vantava nei confronti
della Associazione sportiva “fatturante attiva” per finanziamenti effettuati nel
corso degli anni precedenti. La seconda si incentra sulla effettività della cessione
dello sfruttamento di marchio oggetto della fatturazione incriminata. La terza
sulla imprevedibilità della sopravvenuta impossibilità di esercizio di tale privativa.
Intorno a questi tre argomenti il Giaglianone sviluppa le relative censure di
illegittimità della pronuncia della Corte d’appello di Milano, essendone di stretta
derivazione logica il quarto motivo, che pertiene alla valutazione della
sussistenza dell’elemento soggettivo dei reati in esame.
Osserva questa Corte che nessuna di queste tre considerazioni, quindi
nessuno dei correlativi quattro motivi di ricorso dedotti, ha pregio e fondamento,
avendo invece la Corte territoriale puntualmente e correttamente valutato ed
argomentato in ordine ai punti di fatto e di diritto correlativamente implicati.

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Nella sostanza infatti tutte dette censure riguardano, ab imis, la questione

Trattandosi di una “doppia conforme”, perciò integrandosi le motivazioni dei
due giudici di merito (tra le molte, v. Cass.sez. 3 n.44418 del 16.7.2013,
Argentieri, Rv. 2575959), si deve infatti rilevare che adeguatamente e
logicamente essi hanno osservato che plurimi elementi fattuali inducono alla
affermazione della fondatezza della ipotesi accusatoria circa la “non
esistenza/effettività” dell’operazione in esame sì come frazionatamente fatturata.
In particolare il primo giudice ha valorizzato l’assenza di alcuna prova scritta
della pattuizione, pur di importo assai rilevante, la fissazione del prezzo una

royalties,

il mancato sfruttamento reale del marchio; quello di appello, in

aggiunta rafforzativa, la determinazione del tutto unilaterale del prezzo di
cessione da parte dell’imputato e sulla base del suo personale credito nei
confronti della titolare del marchio, pagata così per compensazione. Entrambi i
giudici hanno poi fatto riferimento alla singolare “tempestività” della
appostazione contabile di tale credito, che pur maturato per gradi nel corso degli
anni, è emerso nella contabilità dell’Associazione debitrice solo nel 2007 ossia
nell’anno della operazione in oggetto.
Tali considerazioni risultano congrue e non censurabili sul piano della loro
intriseca logicità. Esse devono pertanto affermarsi adeguate alla affermazione
della sussistenza dell’elemento oggettivo dei reati ascritti al ricorrente.
Per ciò che concerne la ritenuta sussistenza dell’elemento soggettivo dei
reati medesimi, che è il tema specifico del quarto motivo di ricorso, va rilevato
che la Corte territoriale ha sinteticamente, ma correttamente individuato il “dolo
di evasione” che ha ispirato complessivamente l’operazione. Il giudice di appello
infatti ha ben spiegato che, in assenza di una reale corrispettività contrattuale
sottostante alla cessione del godimento del segno distintivo commerciale de quo,
la Quarzo srl ha potuto utilizzare a fini dichiarativi sia reddituali che IVA un costo
fittizio ingente, che ha prodotto i relativi indebiti vantaggi fiscali derivanti dai
rispettivi risparmi di imposta. Sicchè in questo senso risulta in ultima analisi
irrilevante che il credito del Giàglianone nei confronti della Associazione
emittente le fatture in oggetto fosse effettivo e quindi effettiva la compensazione
operata con la stessa, essendo di contro unicamente rilevante ai fini del giudizio
di fondatezza delle accuse mosse al abglianone stesso, quale legale
rappresentante della Quarzo srl, che tale società contribuente abbia utilizzato
nell’autotassazione delle imposte dirette e dell’IVA un costo per un’operazione
che non ha avuto una sostanza economica effettiva.
Peraltro sia nel secondo sia nel quarto motivo del ricorso è la stessa difesa
dell’imputato che ammette lo scopo effettivo della fatturazione de qua ossia
appunto quello di “riaddebitare” alla Quarzo srl gli esborsi effettuati nel corso
degli anni dall’imputato medesimo in favore dell’ Associazione Doria.
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tantum in luogo del più comune pagamento individualizzato e parcellizzato delle

Ciò rende evidente la finalità di evasione fiscale della fatturazione stessa.
3. Il quinto motivo di ricorso è infondato.
E’ infatti giurisprudenza consolidata di questa Corte, che il Collegio condivide
ed intende ribadire, che «Il termine di prescrizione del delitto di emissione di
fatture per operazioni inesistenti inizia a decorrere, per l’unità del reato previsto
dall’art. 8, comma secondo, del D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, non dalla data di
commissione di ciascun episodio ma dall’ultimo di essi, anche nel caso di rilascio
di una pluralità di fatture nel medesimo periodo di imposta» (tra le molte, v.

In applicazione di questo principio di diritto va rilevato che al tempo della
sentenza di appello ossia il 22 aprile 2015, diversamente da quanto sostiene il
ricorrente con questa censura, non era affatto decorso il termine di prescrizione
massimo del reato di cui al capo A di sette anni e sei mesi, tenuto conto delle
interruzioni, e va perciò fissato al 29 giugno 2015, essendo stata l’ultima fattura
emessa il 29 dicembre 2007 ed essendo state emesse nello stesso anno fiscale
tutte le tre fatture considerate nella imputazione.
4. Il sesto motivo è invece fondato.
Risulta infatti inadeguata la risposta data dalla Corte territoriale a questa
specifica censura della sentenza di primo grado contenuta nell’atto di appello.
Anzitutto il giudice di secondo grado non ha riscontrato puntualmente, come
d’obbligo, gli argomenti a difesa spesi sul punto ed inerenti i presupposti concreti
della concessione del beneficio de quo, con particolare riguardo alla valutazione
dei precedenti penali per i quali vi era comunque pacificamente stata la
riabilitazione e delle qualità personali dell’imputato. In secondo luogo non ha
adeguatamente valutato il principio di diritto affermato nella giurisprudenza di
legittimità secondo il quale «Considerato che l’art.178 cod.pen. stabilisce che la
riabilitazione, oltre alle pene accessorie, estingue ogni altro effetto penale della
condanna, salvo che la legge disponga altrimenti, e poiché l’art.175, primo
comma, cod.pen., non introduce alcuna deroga al riguardo, ne deriva che la non

Sez. 3, n. 10558 del 06/02/2013, D’Ippoliti, Rv. 254759).

menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale può essere
concessa a chi abbia riportato una precedente condanna per la quale sia
intervenuta pronuncia di riabilitazione» (cfr. Sez. 1, n. 7552 del 19/04/2000, PM
in proc. Meneghetti, Rv. 216428).
5. In virtù delle considerazioni che precedono, il ricorso va accolto in
relazione al sesto motivo, mentre deve essere respinto in relazione ai primi
cinque motivi.
Peraltro la non manifesta infondatezza dei motivi respinti e la fondatezza di
quello accolto implicano l’effettivo radicamento del rapporto processuale nel
presente grado, con la conseguenza che va d’ufficio rilevata la prescrizione del

I

reato contestato al Gihglianone nel capo A della rubrica, poiché, come detto
sopra, il termine prescrizionale massimo dello stesso è spirato il 29 giugno 2015.
In conclusione, la sentenza impugnata va annullata senza rinvio
limitatamente al reato di cui al capo A), per essere lo stesso estinto per
prescrizione; va altresì annullata con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello
di Milano limitatamente al beneficio della non menzione.
Il ricorso va rigettato nel resto.

Annulla la sentenza impugnata limitatamente al reato di cui al capo A) per
essere lo stesso estinto per prescrizione; annulla con rinvio la sentenza
impugnata ad altra sezione della Corte d’appello di Milano limitatamente al
beneficio della non menzione; rigetta nel resto il ricorso.

Così deciso il 09/02/2016

P.Q.M.

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