Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28691 del 06/06/2016


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 5 Num. 28691 Anno 2016
Presidente: BRUNO PAOLO ANTONIO
Relatore: AMATORE ROBERTO

SENTENZA
sul ricorso proposto da :
ARENA BIAGIO, nato a CINQUEFRONTI, il 5.11.2015 ;
avverso la ordinanza del Tribunale della Libertà di Reggio Calabria del 5.11.2015 ;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso ;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Roberto Amatore ;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. Antonio Balsamo
che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso ;

RITENUTO IN FATTO
1.Con l’ordinanza impugnata il Tribunale di Reggio Calabria ha rigettato l’appello, così
riqualificato con sentenza emessa dalla Corte di Cassazione in data 16 luglio 2015 l’originario
ricorso proposto dal detto indagato, confermando pertanto l’applicazione a quest’ultimo della
ordinanza applicativa della misura cautelare in carcere disposta dal Gip presso il Tribunale di
Reggio Calabria.
In realtà, con il provvedimento impugnato il G.u.p. aveva rigettato l’istanza difensiva diretta
alla revoca della misura cautelare in carcere disposta in precedenza nei confronti dell’indagato
per il reato di partecipazione ad associazione mafiosa di cui all’art. 416 bis c.p., fondando tale
richiesta sull’asserita inutilizzabilità delle intercettazioni telematiche sui cui era fondata l’accusa
in contestazione.
Avverso la predetta ordinanza emessa dal G.u.p. in data 7.11.2015 ricorre indagato, per
mezzo dei suoi difensori, proponendo due ricorsi e affidando la sua impugnativa a svariate
ragioni di doglianza.
1

Data Udienza: 06/06/2016

1.1Con il primo ricorso, a firma dell’ Avv.to Novella, si eccepisce, in primo luogo, ai sensi
dell’art. 606, primo comma, lett. b ed e, comma 1, c.p.p., violazione degli artt. 266, 267, 268,
271, 181 727 e ss., c.p.p., nonché violazione delle norme sulla convenzione europea di
assistenza giudiziaria di Strasburgo del 20 aprile 1959 ; si deduce inoltre, sempre ai sensi
dell’art. 606, lett. b, c.p.p., l’erronea applicazione dell’art. 234 bis c.p.p., norma inserita solo
recentemente dall’art. 2, comma 1 bis, d.l. 18 febbraio 2015, n. 7, convertito nella legge 17
aprile 2015 n. 43 ; e si eccepisce violazione di legge processuale in relazione al combinato

c.p.p.
Osserva il ricorrente che con l’atto di appello si era evidenziato che la gravità indiziarla a carico
dell’Arena era fondata quasi esclusivamente sulle risultanze delle intercettazioni “pin to pin”
effettuato dall’apparato radiomobile Blackberry, avente IMEI 25AF79E6 e nickname TUPAC ;
che le risultanze di tali intercettazioni dovevano ritenersi assolutamente inutilizzabili perché
disposte in violazione delle norme di cui all’art. 727 e ss. cpp, nonché in violazione degli artt.
266 e ss cpp ; che, in realtà, anche secondo una perizia versata in atti, le risultanze delle
intercettazioni della messaggistica “pin to pin”, operata dalla Procura della Repubblica di
Reggio Calabria, era stata realizzata all’estero e senza il rispetto della normativa in tema di
rogatoria internazionale, con la conseguenziale patologica inutilizzabilità delle stesse, ai sensi
degli artt. 271 e 696 c.p.p. ; che, più in particolare, in data 27 maggio 2013 il Procuratore
della Repubblica di Reggio Calabria aveva chiesto al competente Gip l’emissione di un decreto
di autorizzazione alla captazione del traffico informatico e telematico sull’apparato BlackBarry
avente Pin 25°267E9 e nikname NIKY che veniva emesso dal Gip distrettuale in data 28
maggio 2013 ; che medesima richiesta e conseguenziale autorizzazione veniva mantenuta
anche in relazione al Blackbarry avente PIN 25af79e6 e nickname TUPAC ; che per precisione
anche per quest’ultimo il Procuratore della Repubblica aveva richiesto autorizzazione alle
intercettazioni in data 30 maggio 2013 e ottenuto il relativo decreto autorizzativo dal Gip in
data 31 maggio 2013 ; che comunque i due decreti autorizzativi del 28 e 31 maggio non
chiarivano le ragioni per le quali si autorizzava la captazione di conversazioni mediante traffico
telematico ed informatico, e ciò violando l’art. 266 c.p.p. ; che peraltro nei provvedimenti
autorizzativi in parola non vi era stata neanche menzione della necessità dell’acquisizione della
messaggistica pin to pin rinviando sul punto ad una generica dicitura di “traffico telematico” ;
che anche nei successivi decreti autorizzativi del 27 giugno 2013 a firma della dott.ssa Cerreti
si disponevano le intercettazioni telefoniche delle 7 utenze riferibili all’Arena, al Rao e al
Catanzaro ; che con il medesimo provvedimento si disponeva l’intercettazione telematica e del
traffico informatico degli apparati Blackbarry avente PIN 25af79e6 E nickname TUPAC e
Blackbarry avente IMEI 259FC53D e nicknarne SOBRINO, convalidato poi dal Gip in data
29.06.2013 ; che anche in tali autorizzazioni si faceva riferimento genericamente alle
intercettazioni di comunicazioni informatiche, senza specificare nulla in ordine al traffico “pin to
Pin” degli apparati Blackberry ; che in data 27 giugno 2013 il Pm scriveva alla RIM I acronimo
2

disposto degli artt. 253 e 178, lett. b e 191 in ordine agli artt. 267, comma 4, 271 e 191

di Research in motion ossia alla società proprietà del marchio Blackberrym alla quale ordinava
di fornire assistenza alla Pg per le procedure di intercettazioni ; che in maniera inedita in tale
comunicazione si faceva per la prima volta riferimento anche al traffico PIN to PIN, qui in
esame ; che pertanto la richiesta del Pm travalicava il provvedimento autorizzativo emesso dal
Gip ; che pertanto la inutilizzabilità del contestato traffico informativo telematico derivava dalla
circostanza che la richiesta di informazioni inviata alla Rim non era stata autorizzata da un
provvedimento d’urgenza del Pm ovvero dal decreto di convalida del Gip ; che la risposta

utilizzabilità di intercettazioni non autorizzate.
1.2 Deduceva inoltre l’indagato con il primo ricorso che per la corrispondenza Pin to Pin
occorreva l’acquisizione di codici di decifratura da effettuare all’estero atteso che gli stessi
erano nella esclusiva disponibilità della Rim canadese ovvero inglese ; che pertanto
l’acquisizione dei dati richiesti era intervenuta non in Italia, come affermato dal Gup e dal
Tribunale impugnato, ma più probabilmente in Canada ; che anzi, secondo la perizia a firma
del Prof. Paoloni, la sede di snodo di questo flusso informativo era il Regno Unito, di talché era
evidenze che il Pm aveva acquisito i codici di decifrazione all’estero senza la necessaria
rogatoria ; che pertanto erroneamente il Tribunale del riesame aveva ritenuto che non vi fosse
violazione di legge sulla base del presupposto che nessuna attività di acquisizione probatoria
era stata eseguita all’estero ; che la Rim Italia aveva assecondato tale richiesta senza nulla
opporre ( così rendendo superflua la rogatoria all’estero ) ; che comunque non era invocabile
ratione temporis l’art. 234-bis c.p.p., perché entrato in vigore con la legge 17 aprile 2015 n. 4;
che comunque era stato violato anche l’art. 253 c.p.p. giacché per il sequestro probatorio
occorreva un decreto motivato dell’A.G..
2.Con secondo ricorso a firma dell’Avv. Pittelli si impugna sempre la predetta ordinanza del
Tribunale della Libertà, proponendo quattro motivi di doglianza.
2.1 Con il primo motivo si denunzia il vizio argonnentativo. Denunzia l’oscurità della disciplina
codicistica applicata dal Tribunale impugnato, atteso che, per un verso, si richiamava l’art. 266
bis c.p.p. e che, per altro verso, richiamava la normativa sulle intercettazioni di comunicazioni,
dando comunque atto della “asincronia” delle comunicazioni sopra descritte.
2.2 Con il secondo motivo si denunzia violazione di legge in riferimento all’art. 254, in
combinato disposto con gli artt. 253 e 178, comma 1, lett b, e 191 c.p.p., nonché con
riferimento all’art. 125, comma 3, c.p.p. e al combinato disposto degli artt. 267, comma 4, 271
e 191 c.p.p. Si denunzia che nel caso di specie non è richiamabile l’art. 266 bis c.p.p. ; che
l’accertata mancanza di contestualità tra le conversazioni faceva sì che non ci si trovasse di
fronte ad una intercettazione di traffico telematico, quanto piuttosto in sede di un sequestro di
corrispondenza ; che per l’esercizio di tale attività probatoria si richiedeva l’attivazione della
procedura di rogatoria internazionale ; che comunque mancava nel fascicolo processuale un
provvedimento di sequestro ai sensi degli artt. 253 e 254 bis c.p.p..

3

fornita dal Tribunale della Libertà era elusiva sul punto perché non spiegava le ragioni della

2.3 Con il terzo motivo si deduce violazione di legge in riferimento agli artt. 696, 727 e 729
cpp. Si osserva ancora che il traffico di dati era stato captato in Canada e non già in Italia e
dunque occorreva attivare il procedimento di rogatoria internazionale.
2.4 Con il quarto ed ultimo motivo si deduce comunque violazione dell’art. 267, comma 4, in
combinato disposto con l’art. 271, comma 1, c.p.p.. Si deduce che anche a voler ricondurre
l’attività di indagine nell’alveo applicativo di cui all’art. 266 bis c.p.p. mancherebbe nel caso di
specie alcuna attività svolta direttamente dal Pm ovvero da un ufficiale di Pg a ciò delegato,

CONSIDERATO IN DIRITTO
2. Il ricorso è inammissibile.
2.1 Va subito rilevato che con atto depositato nella Cancelleria di questa Corte in data 23
maggio 2016 la parte ricorrente ha dichiarato di rinunziare al proposto ricorso per cassazione.
2.2 Sul punto, occorre ricordare che alla declaratoria di inammissibilità del ricorso per
cassazione per rinuncia all’impugnazione, consegue la condanna al pagamento delle spese
processuali e della sanzione pecuniaria a favore della cassa delle ammende, in quanto l’art.
616 cod. proc. pen. non prevede distinzioni tra le ipotesi di inammissibilità previste dall’art.
606, comma terzo, cod. proc., pen. e quelle contemplate dall’art. 591 cod. proc. pen. (Sez. 6,
n. 26255 del 17/06/2015 – dep. 22/06/2015, P.M. in proc. Degennaro, Rv. 263921 ; Sez. 4, n.
16425 del 17/03/2015 – dep. 20/04/2015, Gelao, Rv. 263400)
Pertanto, va precisato che il ricorso e’ inammissibile ai sensi dell’art. 591 c.p.p., comma 1, lett.
d), attesa l’intervenuta, rituale, rinuncia al ricorso, come sopra accennato.
Ne consegue che alla predetta declaratoria d’inammissibilital segue, per legge, la condanna del
ricorrente al pagamento non solo delle spese processuali ma anche (trattandosi di causa di
inamnnissibilita’ riconducibile alla volonta’, e quindi a colpa, del ricorrente: Corte Cost. n.186
del 7-13 giugno 2000) al versamento, a favore della cassa delle ammende, di una somma che
si ritiene equo e congruo determinare in Euro 500,00.
2.2 Orbene, il Collegio ritiene di dover dare continuita’ all’orientamento recentemente espresso
più volte da questa Corte (Sez. 3, n. 26477 del 30/04/2014, Martellotta, Rv. 259193; Sez. 5,
n. 36372 del 13/06/2013, Rosati, Rv. 256953), non condividendo l’orientamento (Sez. 6, n.
31435 del 24/04/2012, Ighune, Rv. 253229), secondo cui, qualora il ricorso per cassazione sia
dichiarato inammissibile per taluna delle cause indicate nell’art. 591 c.p.p., non si
applicherebbe la sanzione pecuniaria prevista dall’art. 616 c.p.p., riguardando tale previsione
soltanto i casi in cui l’inannmissibilita’ sia dichiarata ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 3.
Tale ultimo orientamento appare in contrasto con il tenore letterale citato art. 616 c.p.p., il
quale, nello stabilire l’applicazione di detta sanzione “se il ricorso e’ dichiarato inammissibile”,
non distingue tra le varie possibili cause di inammissibilita’
Ricorre nel caso di specie l’ipotesi di cui all’art. 94 comma 1 ter disp. att. Cpp con necessità
pertanto che copia del provvedimento sia trasmessa a cura della cancelleria al ricorrente.
4

con violazione del quarto comma dell’art. 267 c.p.p.

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
e della somma di Euro 500 in favore della Cassa delle Ammende.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 comma 1 ter disp. att. Cpp

Così deciso in Roma, il 6.6.2016

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA