Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28689 del 06/06/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 28689 Anno 2013
Presidente: MARASCA GENNARO
Relatore: PISTORELLI LUCA

SENTENZA

sui ricorsi proposti dal difensore di:
Randazzo Salvatore, nato a Palermo, il 7/7/1955;
Spina Antonino, nato a Palermo, il 25/7/1953;
Randazzo Maria, nata a Palermo, il 9/8/1978;

avverso la sentenza del 7/5/2012 della Corte d’appello di Palermo;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Luca Pistorelli;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale Dott.
Francesco Salzano, che ha concluso per il rigetto dei ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
1.Con sentenza del 7 maggio 2012 la Corte d’appello di Napoli confermava la
condanna alla pena di giustizia ed al risarcimento del danno di Randazzo Salvatore,

Data Udienza: 06/06/2013

Spina Antonino e Randazzo Maria per il delitto di cui agli artt.476 e 482 c.p. relativo
alla formazione in concorso tra loro di una falsa denunzia di smarrimento del foglio
complementare di un’autovettura, ritenuta funzionale al rilascio di un nuovo foglio
complementare in grado di garantire la formale validità della vendita del veicolo invero di proprietà di Sportaro Francesco, cognato dello Spina – a quest’ultimo da
parte del Randazzo Salvatore.

articolando due motivi.
2.1 Con il primo i ricorrenti deducono la violazione dell’art. 603 c.p.p. e correlati vizi
motivazionali del provvedimento impugnato in merito al rigetto dell’istanza di
rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale avanzata con i motivi d’appello. In tal senso
il ricorso eccepisce che nel giudizio abbreviato d’appello troverebbe applicazione non
solo il terzo comma, ma altresì il primo della disposizione suindicata e che dunque
illegittimamente la Corte territoriale avrebbe ritenuto di non dover motivare il mancato
accoglimento della suddetta istanza. Non di meno i giudici d’appello avrebbero
comunque dovuto disporre l’assunzione della prova richiesta in quanto necessaria
all’affermazione oltre ogni ragionevole dubbio della responsabilità degli imputati.
2.2 Con il secondo motivo si lamenta l’errata applicazione della legge penale
sostanziale e processuale, nonché ulteriori carenze motivazionali della sentenza
impugnata in merito all’affermata falsità del documento oggetto di contestazione. In
proposito i ricorrenti evidenziano come la conferma della condanna degli imputati non
sia sostenuta da un sufficiente compendio probatorio, atteso che l’organo investigativo
delegato agli accertamenti tecnici sul prestampato di denuncia aveva richiesto, senza
essere ascoltato dal pubblico ministero, un approfondimento d’indagine teso a stabilire
la sua compatibilità con quelli in uso presso la stazione dei carabinieri presso cui lo
stesso sarebbe stato presentato. In tal senso, dunque, l’ipotesi accusatoria sarebbe
rimasta indimostrata e la sentenza risulterebbe viziata altresì dal fatto di non aver
tenuto conto della circostanza ai fini dell’applicazione della regola di giudizio dell’oltre
ogni ragionevole debbio, risultando peraltro la sua motivazione gravemente carente in
ordine alla dimostrazione del coinvolgimento nel reato del Randazzo Salvatore e dello
Spina Antonino, sostanzialmente condannati esclusivamente in quanto congiunti di
Randazzo Maria, firmataria della denuncia presunta falsa.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 primo motivo di ricorso è inammissibile in quanto manifestamente infondato ed
anche generico.
1.1 Innanzi tutto va ribadito il costante insegnamento di questa Corte per cui la
celebrazione del processo nelle forme del rito abbreviato, se non impedisce al giudice

2. Avverso la sentenza ricorrono tutti e tre gli imputati a mezzo del comune difensore

d’appello di esercitare i poteri officiosi di integrazione probatoria, comporta tuttavia
l’esclusione di un diritto dell’imputato a richiedere la rinnovazione dell’istruzione
dibattimentale ed un corrispondente obbligo per il giudice di motivare il diniego di tale
richiesta (ex multis Sez. 2, n. 3609 del 18 gennaio 2011, Sermone e altri, Rv.
249161). L’adesione dell’imputato al giudizio abbreviato esclude infatti che egli in
grado di appello vanti un diritto di accesso alla prova addirittura più ampio di quello a
cui ha rinunciato scegliendo il rito alternativo. In definitiva non è possibile in sede di
stato degli atti che questi ha accettato come base cognitiva del giudizio nei suoi
confronti. Ciò ovviamente non esclude la facoltà dell’imputato di chiedere al giudice
d’appello la riassunzione di prove cui aveva condizionato la sua richiesta qualora possa
lamentare lacune nell’istruzione svolta dinanzi al giudice dell’abbreviato e ancor più,
come accennato, il potere dello stesso giudice dell’appello di esercitare i medesimi
poteri officiosi di quello di primo grado, eventualmente anche su sollecitazione di
parte.
1.2 Nel caso di specie i ricorrenti hanno richiesto si procedesse all’audizione del m.11o
Girgenti al fine di acclarare se la firma di ricezione della denuncia di smarrimento
potesse essere stata apposta da altro militare della stazione dallo stesso comandata.
La Corte territoriale, pur richiamando il ricordato principio per cui non sussiste alcun
obbligo di motivare su tale istanza, ha comunque spiegato le ragioni per cui la prova
richiesta non solo non poteva considerarsi necessaria, ma altresì doveva considerarsi
superflua, atteso che erano state acquisite agli atti le dichiarazioni del sottufficiale, il
quale aveva disconosciuto la firma apposta in calce al prestampato, nonché escluso
che alcuno dei suoi sottoposti fosse stato mai delegato alla ricezione di atti in sua
assenza.
1.3 Il ricorso, dunque, per un verso non precisa se l’oggetto della richiesta riguardasse
o meno la riassunzione di una delle prove cui era stato condizionato l’abbreviato, per
l’altro non si confronta con il reale contenuto della sentenza sul punto, eccependo in
maniera apodittica l’assenza di una motivazione invece resa dalla Corte territoriale e
idonea a dimostrare come oggetto della nuova audizione del m.11o Girgenti avrebbero
dovuto essere circostanze invero già escluse dal medesimo.
2. Anche il secondo motivo di ricorso si rivela inammissibile.
2.1 Ancora una volta i ricorrenti, infatti, hanno omesso il doveroso confronto con
l’effettivo contenuto della motivazione della sentenza impugnata, la quale ha chiarito il
senso delle raccomandazioni dei R.I.S. Infatti l’organo investigativo tecnico si era
limitato semplicemente ad accertare che il prestampato con il quale era stata redatta
la falsa denuncia non era una fotocopia. La Corte ha dunque ritenuto superfluo ogni
ulteriore approfondimento teso ad accertare la corrispondenza formale del documento

gravame implementare il volume della prova su richiesta dell’imputato modificando lo

a quelli in uso alla stazione dei carabinieri di Palermo Borgo Novo, giacchè anche
qualora tale accertamento avesse avuto esito positivo ciò non poteva in alcun modo
influire sul risultato probatorio fornito dalle dichiarazioni del comandante della
stazione, secondo cui, come si è visto in precedenza, era comunque da escludersi che
la firma di ricezione della denuncia potesse corrispondere a quella di uno dei militari in
forza al reparto. In altri termini, in maniera tutt’altro che illogica, la sentenza ha
implicitamente ritenuto non necessario accertare se gli imputati abbiano imitato un
procurati un prestampato autentico o ancora abbiano elaborato un modello del tutto
originale, atteso che in tutte e tre le ipotesi rimaneva comunque provata la
falsificazione della firma di ricezione. Ed in tal senso il motivo di ricorso, che in alcun
modo confuta tale ragionamento, si rivela per l’appunto non specifico.
2.2 E non meno generica è la doglianza relativa alla presunta inosservanza della regola
di giudizio posta dall’art. 533 c.p.p., atteso che la Corte territoriale, contrariamente a
quanto sostenuto nel ricorso, ha chiarito le ragioni per cui del reato debbano
rispondere, oltre a Randazzo Maria che ha sottoscritto la denuncia di smarrimento,
anche gli altri due imputati. In tal senso i giudici d’appello hanno dedotto in maniera
non manifestamente illogica dal fatto che parti della vendita dell’autovettura in danno
di Sportaro Francesco fossero stati proprio questi ultimi il coinvolgimento degli stessi
quantomeno nell’ideazione del reato, atteso che il conseguimento di un nuovo foglio
complementare, necessario per legittimare l’alienazione del veicolo da parte di
soggetto che non ne fosse l’effettivo proprietario, presupponeva la prova dello
smarrimento o della distruzione di quello originario. Non di meno la sentenza, in
maniera altrettanto logica, ha altresì fondato il suo convincimento sul fatto che tra lo
Spina – detentore del bene – e lo Sportaro – che si era prestato ad intestarsi
formalmente lo stesso per fargli un favore non potendo lo Spina accedere al credito
della Società Finanziaria che aveva finanziato l’acquisto – era insorta una vertenza in
ordine al rimborso del finanziamento, che gli accordi intercorsi tra i due prevedevano a
totale carico dell’imputato.
La linea argomentativa così sviluppata dalla Corte di merito appare, come detto,
immune da qualsiasi caduta di consequenzialità logica evidenziabile dal testo del
provvedimento, né i ricorrenti sono stati in grado di individuarne alcuna, limitandosi
per l’appunto ad obiettare che il ragionamento probatorio si sarebbe fondato
esclusivamente sull’esistenza di rapporti familiari tra gli imputati – circostanza che
come si è visto nemmeno è stata valorizzata dalla sentenza – ed a denunciare in
maniera apodittica la violazione del canone dell’oltre ogni ragionevole dubbio, senza
nemmeno premurarsi di spiegare quale sarebbe la razionale spiegazione alternativa
dei fatti che i giudici del gravame avrebbero trascurato di prendere in considerazione.

prestampato del tipo utilizzato nella suddetta stazione ovvero si siano in qualche modo

3. Alla declaratoria di inammissibilità dei ricorsi consegue ai sensi dell’art. 616 c.p.p. la
condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e al versamento della
somma, ritenuta congrua, di euro mille ciascuno alla cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese

Così deciso il 6/6/201

processuali e della somma di euro mille in favore della Cassa delle Ammende.

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