Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28678 del 18/04/2016


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 28678 Anno 2016
Presidente: ZAZA CARLO
Relatore: GUARDIANO ALFREDO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
ADOULI MEHREZ N. IL 11/11/1981
avverso l’ordinanza n. 38/2016 TRIB. LIBERTA’ di BOLOGNA, del
01/02/2016
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALFREDO
GUARDIANO;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott. n-)” 3 —
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Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 18/04/2016

FATTO E DIRITTO

1. Con l’ordinanza di cui in epigrafe il tribunale di Bologna, adito
ex art. 310, c.p.p., rigettava l’appello proposto nell’interesse di

indagini preliminari presso il tribunale di Bologna, in data 7 e 14
gennaio 2016, aveva rigettato la richiesta di sostituzione della
misura cautelare della custodia in carcere, applicata nei confronti
del suddetto Adouli, in relazione al reato di cui agli artt. 582 e
583, co. 2, n. 4, c.p., con quella degli arresti domiciliari.
2. Avverso la suddetta ordinanza ha proposto tempestivo ricorso
per cassazione l’imputato, a mezzo del suo difensore di fiducia,
avv. Luciano Bertoluzza, del Foro di Bologna, lamentando
violazione di legge e vizio di motivazione, in quanto la condizione
ritenuta indispensabile dai giudici di merito per esaudire la
richiesta difensiva (dimostrare documentalmente che la signora
Ydelys Rodriguez Ortega, dichiaratasi disponibile ad ospitare
presso la propria abitazione in regime di arresti domiciliari l’Adouli,
è titolare di redditi regolari), appare inesigibile, non potendosi
documentare, al di fuori delle affermazioni rese al riguardo dalla
Ortega, ciò che non può risultare legalmente, trattandosi di redditi
percepiti da quest’ultima in modo fiscalmente non conforme a
legge, senza tacere che, come affermato da un arresto della
stessa Corte di Cassazione, la capacità contributiva dell’ospitante
rappresenta un elemento del tutto estraneo alla valutazione da
compiere in tema di scelta delle misure cautelari limitative della
libertà personale dell’indagato.
3. Il ricorso va dichiarato inammissibile, per genericità dei motivi
su cui si fonda.

Adouli Meherez, avverso le ordinanze con cui il giudice per le

4. Ed invero, come è noto, il ricorso che, come nel caso in esame,
sia sorretto da motivi assolutamente generici, viola l’art. 581, lett.
c), c.p.p., che nel dettare, in generale, quindi anche per il ricorso
in cassazione, le regole cui bisogna attenersi nel proporre

essere enunciati, tra gli altri, “i motivi, con l’indicazione specifica
delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che sorreggono
ogni richiesta”.
Tale violazione, ai sensi dell’art. 591, co. 1, lett.

c), c.p.p.,

determina, per l’appunto, l’inammissibilità dell’impugnazione
stessa (cfr. Cass., sez. VI, 30.10.2008, n. 47414, rv. 242129;
Cass., sez. VI, 21.12.2000, n. 8596, rv. 219087).
Nel caso in esame la genericità del ricorso si apprezza in modo
particolare alla luce del contenuto della motivazione dell’ordinanza
impugnata, in cui la mancata sostituzione della misura cautelare
della custodia in carcere con quella meno afflittiva degli arresti
domiciliari, viene motivata anche (rectius, soprattutto) alla luce
della particolare intensità dell’esigenza cautelare da soddisfare in
concreto (rappresentata dal pericolo concreto ed attuale di
reiterazione criminosa), desunta dalla gravità della condotta posta
in essere dall’indagato (e dal giudizio negativo sulla sua
personalità, che da essa discende), dovendosi, per tali ragioni, ad
avviso del tribunale del riesame, “stimarsi altamente probabile
che il prevenuto, per ragioni connesse allo spaccio di droga,
ponga in essere (come ha fatto nel recente passato) azioni
implicanti l’uso di gravi forme di violenza sulle persone”.
Con tale fondamentale aspetto del percorso argomentativo il
ricorso dell’indagato non si confronta minimamente,

2

l’impugnazione, stabilisce che nel relativo atto scritto debbano

caratterizzandosi, dunque, per una incompletezza, che, come già
detto, ne determina l’inammissibilità.
5. Sulla base delle svolte considerazioni il ricorso va, dunque,
dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente, ai sensi

nonché in favore della cassa delle ammende di una somma a
titolo di sanzione pecuniaria, che appare equo fissare in euro
1000,00, tenuto conto delle evidenziate ragioni di inammissibilità,
rispetto alle quali il difensore del ricorrente stesso non può
ritenersi immune da colpa (cfr. Corte Costituzionale, n. 186 del
13.6.2000).
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese processuali e della somma di euro
1000,00 a favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 18.4.2016

dell’art. 616, c.p.p., al pagamento delle spese del procedimento,

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