Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28677 del 30/05/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 28677 Anno 2013
Presidente: MARASCA GENNARO
Relatore: DEMARCHI ALBENGO PAOLO GIOVANNI

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CAMMAROTA MAURO NICOLA N. IL 28/01/1952
avverso la sentenza n. 907/2004 CORTE APPELLO di MILANO, del
21/10/2011
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 30/05/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. PAOLO GIOVANNI DEMARCHI ALBENGO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha oncluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 30/05/2013

e
Il Procuratore generale della Corte di cessazione, dr. Carmine Stabile,
ha concluso chiedendo rigettarsi il ricorso.
Per il ricorrente è presente l’Avvocato Asta Pietro, il quale si riporta ai
motivi e ne chiede l’accoglimento.

RITENUTO IN FATTO
1.

Carnrnarota Mauro Nicola, imputato di plurimi reati fallimentari

dichiarata fallita dal tribunale di Milano il 23/04/1998, è stato
condannato dallo stesso tribunale alla pena di anni tre di reclusione. La
Corte d’appello di Milano ha confermato integralmente la sentenza di
primo grado.
2.

Il Cammarota propone ricorso per cessazione per i seguenti due

motivi;
a. erronea applicazione della legge penale in relazione
all’emissione del decreto di irreperibilità; afferma il ricorrente
che il decreto è stato emesso a seguito del mancato
rinvenimento dell’imputato presso la sua abitazione, senza il
compimento di ulteriori ricerche presso i luoghi indicati
dall’articolo 159 del codice di rito (nascita, ultima residenza
anagrafica, ultima dimora, esercizio dell’attività lavorativa,
amministrazione

carceraria).

Sostiene

pertanto

la

incompletezza delle ricerche, non essendo sufficiente un unico
accesso presso il suo domicilio, che egli non ha contestato,
affermando di essersi solo temporaneamente assentato.
Chiede pertanto dichiararsi la nullità dell’intero procedimento
di primo e secondo grado.
b. Mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della
motivazione in relazione all’articolo 62 bis del codice penale;
l’imputato contesta la motivazione della Corte laddove ha
ritenuto che non siano stati prospettati elementi significativi
che consentano di valutare con giudizio di prevalenza le
circostanze attenuanti generiche. In particolare non sarebbe
stato considerato il comportamento ampiamente collaborativo,
così come riferito dal curatore, nonché il fatto che la
contumacia durante la prima fase del giudizio non fu
volontaria, bensì dovuta alla mancata notifica del decreto di

commessi nella qualità di amministratore unico della Trade Service S.r.l.,

citazione per l’irreperibilità dell’imputato. Secondo l’imputato,
questi due elementi di giudizio, indebitamente trascurati dalla
Corte, compromettono in modo decisivo la tenuta logica e
viziano quindi irrimediabilmente la motivazione.

CONSIDERATO IN DIRITTO

infatti, come il ricorso non sia chiaro sulla indicazione del decreto di
irreperibilità oggetto di impugnazione (si ricorda che nel corso del
giudizio sono stati emessi due decreti di irreperibilità; uno in primo grado
dal pubblico ministero ed uno in appello da parte della Corte territoriale).
Anche le conclusioni sono contraddittorie, posto che si chiede
l’annullamento solo della sentenza impugnata (e non anche di quella di
primo grado), ma poi si domanda la trasmissione degli atti alla Procura
della repubblica.
2. In ogni caso, il primo decreto di irreperibilità risulta correttamente
emesso, essendo stato preceduto dalle ricerche presso la residenza (via
Doria), nel comune di nascita e di ultima residenza (Milano, ed in
particolare alla via Carpi, ove vi erano indicazioni di trasferimento da
parte del custode di via Doria, ma dove l’imputato non fu trovato), e
presso il DAP. Non furono effettuate ricerche presso il luogo di lavoro per
il semplice fatto che la società amministrata dal Cammarota era fallita e
dunque egli non poteva più svolgervi alcuna attività, né ha egli indicato
un diverso lavoro che svolgeva in quel periodo ed il relativo luogo.
3. Le considerazioni che precedono possono essere riproposte per
quanto riguarda il decreto emesso in appello, con due ulteriori
considerazioni: -in primo luogo è l’imputato ad aver dato luogo a
confusione, dichiarando alternativamente diverse residenze. Dopo la
notifica della sentenza contumaciale di primo grado presso l’indirizzo di
via Corpi, egli ha indicato nuovamente quale propria residenza quella di
Viale Doria (si veda l’atto di nomina del difensore di fiducia in atti, foglio
1 del fascicolo di primo grado), mentre il giorno successivo, nell’atto di
appello, si è dichiarato residente di nuovo in via Corpi. Con ciò
ingenerando una perdurante situazione di incertezza che non si può
certo presumere casuale. In tale contesto, la mancata produzione di un
certificato di residenza storico rende il ricorso non autosufficiente, non
essendo questa Corte in grado di valutare appieno il motivo di doglianza.
2

1. Il ricorso è infondato, ai limiti dell’inammissibilità; si deve rilevare,

4. Ma vi è un’ultima considerazione che risulta risolutiva; con l’atto di
appello datato 12 gennaio 2004 il Cammarota aveva eletto domicilio
presso il difensore di fiducia, avv. Bertolozzi, in Milano, via Piave n. 5.
Prima della notifica del decreto di citazione a giudizio per l’appello tale
difensore era deceduto e quindi andava applicato l’art. 161, co. 4, c.p.p.,
essendo venuto meno il domicilio eletto. Ne consegue che la notifica
andava effettuata al difensore (di ufficio, in quanto non era stato
nominato nuovo difensore di fiducia, in sostituzione di quello deceduto).
Cammarota; per cui, anche se si volesse ritenere irrituale il decreto di
irreperibilità, non sussisterebbe alcuna irregolarità della notifica, perché
è stata eseguita nelle mani del soggetto indicato dalla legge.
5. Il secondo motivo è inammissibile; il giudizio di bilanciamento
costituisce espressione del potere di merito di graduare la pena ed è
pertanto escluso dal controllo di legittimità, ove correttamente motivato.
Nel caso di specie, la sentenza dimostra di aver considerato gli elementi
indicati dal ricorrente, ritenendoli implicitamente non rilevanti al fine del
giudizio di prevalenza. Trattasi, appunto, di valutazione di merito non
sindacabile in cassazione.
6. Consegue a quanto detto che il ricorso deve essere rigettato;

p.q.m.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso il 30/05/2013

E la notifica, in effetti, è stata eseguita al difensore d’ufficio del

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