Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28671 del 01/03/2016


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 28671 Anno 2016
Presidente: FUMO MAURIZIO
Relatore: AMATORE ROBERTO

SENTENZA
sul ricorso proposto da :
DI STEFANO NUNZIO, nato a MESSINA, il 8.8.1970;
avverso l’ordinanza n. 576/2015 del Tribunale della Libertà di Messina del 10.9.2015 ;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso ;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Roberto Amatore ;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. Stefano Tocci
che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso ;

RITENUTO IN FATTO
1.Con l’ordinanza impugnata

il Tribunale del Riesame di Messina ha confermato il

provvedimento emesso dal G.i.p. presso il medesimo Tribunale applicativo nei confronti del
ricorrente della misura cautelare in carcere per il reato di cui agli artt. 110, 61 n. 5, 56, 624
bis, 625 n. 2, 4 e 5 cod. pen. ( tentato furto in abitazione ).
1.2 Avverso la predetta ordinanza ricorre l’indagato personalmente, affidando la sua
impugnativa a due motivi di doglianza.
1.3 Il ricorso proposto nell’interesse dell’indagato deduce, come primo motivo, la violazione di
legge in relazione all’art. 309, commi 8, 9 e 10, cod. proc. pen.. Osserva il ricorrente che
erroneamente il Tribunale impugnato aveva ritenuto che la decisione adottata in data
10.9.2019 era intervenuta tempestivamente in relazione al termine di inefficacia della misura
prevista dal nono comma dell’art. 309 cod. proc. pen. in ragione dell’affermata inesistenza di
una rinunzia alla sospensione dei termini processuali determinata dalla proposizione della
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Data Udienza: 01/03/2016

richiesta di riesame nel periodo feriale ; che tale erroneità derivava dal fatto che la rinunzia
alla sospensione dei termini feriali non deve essere necessariamente espressa e che può
desumersi da qualsiasi comportamento concludente incompatibile con la volontà di avvalersi
della sospensione feriale; che, nel caso di specie, la proposizione della richiesta di riesame nel
mese di agosto e la presenza del difensore all’udienza del 3.9.2015 dovevano essere intesi
come tacita rinunzia alla sospensione feriale dei termini con la conseguenza che la misura
custodiale doveva ritenersi divenuta inefficace.

in relazione agli artt. 275 comma 3 bis, 275 bis, 284 e 285 cod. proc. pen.. Lamenta il
ricorrente la mancanza di motivazione in ordine alla negata applicazione della richiesta misura
degli arresti domiciliari assistiti dal controllo elettronico.

CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il ricorso è infondato.
3.1 II primo motivo di doglianza è infondato.
3.2 Ritiene il Collegio di dover aderire all’orientamento interpretativo secondo cui la mera
presentazione di istanza di riesame durante il periodo feriale non può essere considerata come
implicita rinuncia alla sospensione dei termini processuali, occorrendo, a tal fine, una “espressa
ed inequivoca” manifestazione della volontà di rinunciare alla sospensione disposta per legge
(Cass. Sez. 3, n. 11291 del 30/01/2015 – dep. 17/03/2015, Vitasevic, Rv. 262860).
3.3 In realtà, va ricordato che questa Corte ha avuto più volte occasione di pronunciarsi a
riguardo affermando (Cass., sez. 6, 28.1.08, Komani, n. 8419, Rv. 239315) proprio il principio
da ultimo ricordato, e cioè che la semplice presentazione del ricorso in periodo feriale non
costituisce implicita rinuncia alla sospensione dei termini occorrendo, a tal fine, una “espressa
ed in equivoca” volontà di rinunciare alla sospensione dei termini per il periodo feriale.
È ben vero che talune decisioni ammettono la rinuncia in forma tacita ma sempre quando essa
sia desumibile da “condotte o iniziative implicitamente significative della volontà di rinunciare
alla sospensione di detti termini” ( Cass., Sez. 5, 30.9.02 n. 32363). Sul punto, deve
effettivamente darsi atto di un diverso orientamento secondo il quale “La deroga alla
sospensione dei termini processuali nel periodo feriale è prevista nell’interesse dell’imputato
che si trovi in stato di custodia cautelare ed è preordinata alla rapida definizione del giudizio,
per cui spetta all’imputato e al suo difensore il diritto di rinunciare alla sospensione dei termini
e consentire lo svolgimento del processo anche durante il periodo feriale. Ne consegue che la
rinuncia può essere anche tacita quando possa essere desunta da condotte ed iniziative
implicitamente significative della volontà di rinunciare alla sospensione dei detti termini” (Cass.
Sez. 2, sent. 17448 del 01/04/2015 Cc. (dep. 27/04/2015) Rv. 263528).
3.4 Ritiene tuttavia questo Collegio che detta rinuncia deve essere desumibile, sia pure per
facta condudentia, da indicatori chiari ed univoci di una tale volontà.
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2. Con il secondo motivo il ricorrente denunzia infine violazione di legge e vizio di motivazione

Pertanto, la semplice circostanza – occorsa nel caso di specie – di avere l’indagato proposto il
ricorso in periodo feriale è tutt’altro che rispondente a questi requisiti potendo benissimo
trattarsi di una pura casualità che non legittimava automaticamente la deroga invocata.
Sul punto, è il caso di ricordare che, in costanza del periodo c.d. “feriale”, la sospensione è la
regola ed essa è stata prevista proprio per una maggiore garanzia del diritto di difesa.
Ciò è tanto vero che, quando le peculiarità del caso impongano la c.d. “dichiarazione di
urgenza”, la conseguente non osservanza della regola deve essere espressamente dichiarata

comma 4).
Pertanto, anche quando sia l’indagato a non volersi avvalere della sospensione dei termini
processuali nel periodo feriale, è necessario che tale sua manifestazione di volontà sia
desumibile – anche in modo informale – ma inequivoco.
Del resto, l’art. 2, legge citata, comma 1, prevede che, nei procedimenti relativi ad imputati in
stato di custodia cautelare, la sospensione dei termini procedurali nel periodo feriale non operi
qualora essi o i loro difensori facciano rinunzia. Detta possibilità è prevista nell’esclusivo
interesse dell’indagato o imputato e trova la sua ragion d’essere nell’esigenza di evitare una
sospensione del procedimento che potrebbe comprometterne la rapida definizione.
La norma, tuttavia, costituendo eccezione alla regola, non può operare – in virtù dell’art. 14
disp. gen. – oltre i casi e i tempi in essa considerati e va, inoltre, interpretata in modo
restrittivo.
Alla luce pertanto delle sopra esposte considerazioni la doglianza così sollevata dalla parte
ricorrente va disattesa.
4. Il secondo motivo di ricorso è invece inammissibile per manifesta infondatezza.
4.1 Rileva subito la Corte come le censure mosse dal ricorrente in ordine al profilo motivatorio
dell’ordinanza impugnata, in punto di esigenze cautelari, siano state formulate in modo
generico e non circostanziato, con conseguente inammissibilità, sotto tale profilo, dei relativi
profili di doglianza.
Ma non è comunque rintracciabile nel tessuto motivatorio della sentenza impugnata neanche il
lamentato vizio argomentativo, atteso che la Corte, con motivazione logica ed esente da
contraddittorietà, ha evidenziato l’impossibilità di applicare nel caso di specie misure cautelari
gradate, e ciò in ragione della condivisibile valutazione dell’esistenza di precedenti penali, della
commissione del reato nel corso di esecuzione di altra misura e delle modalità di
organizzazione del furto, circostanze quest’ultime che denotano un pericolo di recidiva nella
commissione del reato per cui si procede non diversamente contenibile con una misura
cautelare più blanda.
5. Ricorre nel caso di specie l’ipotesi di cui all’art. 94 comma 1 ter disp. att. Cpp con necessità
pertanto che copia del provvedimento sia trasmessa a cura della cancelleria al ricorrente.

P.Q.M.
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con provvedimento motivato del giudice o del pubblico ministero (v. L. n. 742 del 1969, art. 2,

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ; manda alla
cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 comma 1 ter disp. att. cpp.

Così deciso in Roma, il 1.3.2016

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