Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28669 del 21/05/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 28669 Anno 2013
Presidente: MARASCA GENNARO
Relatore: PISTORELLI LUCA

SENTENZA

sul ricorso proposto dal difensore di:
Mongelli Vanessa, nata a Bari, il 29/11/1971;

avverso la sentenza del 12/1/2012 della Corte d’appello di Bari;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Luca Pistorelli;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale Dott.
Francesco Salzano, che ha concluso per l’annullamento senza rinvio della sentenza per
intervenuta prescrizione.

RITENUTO IN FATTO
1.Con sentenza del 12 gennaio 2012 la Corte d’appello di Bari confermava la condanna
alla pena di giustizia di Mongelli Vanessa per i reati di bancarotta fraudolenta

Data Udienza: 21/05/2013

patrimoniale e documentale commessi nella sua qualità di amministratrice di diritto
della G.E.S. s.r.l. dichiarata fallita il 17 giugno 1996.
2. Avverso la sentenza ricorre a mezzo del proprio difensore l’imputata che con unico
motivo deduce l’errata applicazione degli artt. 157 e 160 c.p. in ragione del
compimento del termine di prescrizione dei reati in contestazione antecedentemente
alla pronunzia del provvedimento impugnato. In proposito la ricorrente osserva come

erroneamente i rinvii subiti dal procedimento nel primo grado di giudizio (dal 26
ottobre 2000 al 1° marzo 2001 e dal 7 giugno 2001 al 9 gennaio 2002) come
altrettante cause di sospensione del corso della prescrizione, nel mentre gli stessi
sarebbero intervenuti per ragioni d’ufficio.

CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile in quanto manifestamente infondato.
Infatti, per come risulta dai relativi verbali, il rinvio di tutte le udienze celebrate nei
due periodi indicati dal ricorrente sono stati determinati da impedimenti degli imputati
o comunque sono stati disposti su richiesta del difensore ed in particolare: all’udienza
del 26 ottobre, questi chiedeva un rinvio funzionale a munirsi della procura speciale
necessaria per richiedere il giudizio abbreviato nell’interesse del coimputato
dell’odierna ricorrente, mentre all’udienza del 14 febbraio 2001 il medesimo difensore
richiedeva un rinvio della discussione; l’udienza del 7 giugno 2001 venne invece
rinviata per un legittimo impedimento del summenzionato coimputato determinato
dalle sue condizioni di salute, mentre, infine, quella del 10 ottobre 2001 per l’adesione
del difensore all’astensione delle udienze.
Correttamente, dunque, la Corte territoriale ha ritenuto che i suddetti rinvii abbiano
determinato la sospensione del corso della prescrizione per i periodi corrispondenti,
impedendo conseguentemente l’estinzione del reato in epoca antecedente alla
pronunzia della sentenza impugnata. Né in proposito rileva – e peraltro la ricorrente
non lo ha nemmeno eccepito – che in alcuni casi il differimento dell’udienza sia stato
causato dal coimputato, atteso che la sospensione del corso della prescrizione si
estende a tutti i coimputati del medesimo procedimento allorchè costoro, ove non
abbiano dato causa essi stessi al differimento, non si siano, come nel caso di specie,
opposti al rinvio del dibattimento ovvero non abbiano sollecitato (se praticabile)
l’eventuale separazione degli atti a ciascuno di essi riferibili. (Sez. F, n. 34896 del 11
settembre 2007, Lagana’, Rv. 237586).
Il termine di prescrizione si è invece compiuto solo il 24 maggio 2012, ma la causa
estintiva non può essere dichiarata d’ufficio in questa sede, ostandovi la ritenuta
inammissibilità del ricorso.

la Corte territoriale abbia escluso il perfezionamento della causa estintiva qualificando

La oramai consolidata e condivisa giurisprudenza di questa Corte afferma infatti che
l’inammissibilità del ricorso per cessazione non consente il formarsi di un valido
rapporto di impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e
dichiarare le cause di non punibilità a norma dell’articolo 129 c.p.p. (v. per tutte Sez.
Un. n. 32 del 22 novembre 2000, De Luca, rv 217266).
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue pertanto, ai sensi dell’art. 616
c.p.p., la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro 1.000 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso il 21/5/2013

versamento della somma, ritenuta congrua, di euro mille alla cassa delle ammende.

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