Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28668 del 16/02/2016


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 28668 Anno 2016
Presidente: BRUNO PAOLO ANTONIO
Relatore: DE MARZO GIUSEPPE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
SOMMA LUIGI N. IL 20/03/1970
SOMMA GIOVANNI N. IL 03/03/1982
SOMMA TERESA
SOMMA GIUSEPPINA
avverso il decreto n. 135/2012 CORTE APPELLO di NAPOLI, del
20/11/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIUSEPPE DE MARZO;
lette/se_ntite le conclusioni del PG Dott. 9–LA,A70
L L.
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U.keit.
c”?

Udi sifensor Avv.;

Data Udienza: 16/02/2016

Ritenuto in fatto
1. Con decreto del 20/11/2014 la Corte d’appello di Napoli ha revocato il
sequestro e la confisca disposti dal Tribunale di Napoli, nell’ambito di un
procedimento di prevenzione, in relazione all’immobile sito in Noia, frazione
Piazzolla, alla via Manzoni, 31, di proprietà di Giovanni Somma, confermando nel
resto il decreto impugnato, che aveva disposto l’applicazione della misura di
prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza, con obbligo di
soggiorno, per la durata di quattro anni, nei confronti di Salvatore Somma e, per

già sequestrati ed analiticamente indicati, di proprietà di Giovanni Somma,
Teresa Somma, Giuseppina Somma, Luigi Somma, Anita Luisa Sarnnino e Rosaria
Trocchia.
2. Sono stati proposti distinti ricorsi nell’interesse di Giovanni Somma, Teresa e
Giuseppina Somma, Luigi Somma.
3. Il ricorso proposto nell’interesse di Giovanni Somma cl. 1982 è affidato ai
seguenti motivi.
3.1. Con il primo motivo si lamenta inosservanza ed erronea applicazione
dell’art.

2-ter della I. n. 575 del 1965 e successive modificazioni, anche in

ragione della inesistenza o mera apparenza della motivazione che aveva sorretto
la conclusione per la quale il solo Salvatore Somma avrebbe avuto le risorse per
acquistare un immobile, quello situato in via Albertini, in Piazzolla di Noia, nel
1987.
Rileva il ricorrente: a) dagli atti presenti nel fascicolo emergeva che non era
stato acquistato alcun immobile, ma solo un terreno, sul quale erano stati
realizzati prima la parte relativa all’opificio e successivamente – e gradualmente
– delle abitazioni; b) che, pertanto, la somma di cinque milioni di lire, indicata
dalla Corte territoriale come inidonea ad acquistare l’immobile era, in realtà,
stata utilizzata per comperare un terreno, sul quale il fabbricato era poi stato
realizzato e ultimato quasi del tutto nel 1992, come puntualmente era stato
indicato nell’elaborato peritale predisposto su incarico della medesima Corte
d’appello; c) che, del resto, il terreno acquistato era anche modesto rispetto alle
possibilità e ai ricavi dell’attività imprenditoriale di Giovanni Somma cl. 1933
(senior) e della moglie, Teresa La Marca; d) che la medesima perizia aveva
constatato la coerenza dell’importo pagato con il prezzo di suoli analoghi; e) che,
peraltro, neppure erano state considerate le conclusioni della perizia, laddove si
era rilevato che l’attività svolta negli anni aveva garantito flussi finanziari
sufficienti a poter effettuare investimenti dei beni oggetto di confisca.
3.2. Con il secdndo motivo si lamenta inosservanza ed erronea applicazione
dell’art. 2-ter della I. n. 575 del 1965 e successive modificazioni, per inesistenza
1

la durata di tre anni, nei confronti di Luigi Somma, nonché la confisca dei beni,

o mera apparenza della motivazione relativa alla sproporzione tra l’attività
economica svolta e i pretesi pagamenti di cifre rilevanti finalizzate all’acquisto di
beni strumentali.
Rileva il ricorrente: a) che dagli atti del fascicolo non emerge alcun ingente
acquisto di beni strumentali negli anni 1987 – 1988, idoneo a provocare
“un’esplosione dell’impresa”; b) che, in particolare, numerose bolle di
accompagnamento dimostravano che nel 1987 e nel 1988, l’ingente quantità di
beni strumentali – tessuto – non era stata acquistata ma consegnata per la

registrano fatture di acquisto merce se non per una piccola quantità di tessuti; d)
che tali dati erano riportati anche dalla perizia, dalla consulenza di parte e dagli
atti difensivi; e) che secondo una ricostruzione ragionevole e prudenziale, il
guadagno attribuibile alla lavorazione del tessuto ricevuto per la trasformazione
era tale da attestarsi, per il solo 1988 e in relazione alla sola committenza
Annunziata, in almeno 135.000.000 milioni dell’epoca; f) che, a differenza di
quanto affermato dalla Corte territoriale, la lavorazione della merce trasformata
nel 1988 era stata effettuata nell’opificio di Ottaviano, che era tutt’altro che di
modeste dimensioni ed era di proprietà di alcuni familiari dei Somma; g) che tale
conclusione era dimostrata proprio dalle menzionate bolle di accompagnamento
dalle quali emergeva che la merce era consegnata in Ottaviano e non a Piazzolla
di Noia.
3.3. Con il terzo motivo si lamenta inosservanza ed erronea applicazione dell’art.
2-ter della I. n. 575 del 1965 e successive modificazioni, anche per inesistenza o
mera apparenza della motivazione relativa alla conclusione per la quale nel 1988
la provvista disponibile ammontava ad euro 5.275,09.
Rileva il ricorrente: a) che i criteri valutativi per la stima dei redditi da parte dei
periti erano stati mutuati da quelli adoperati dalla Agenzia delle Entrate, in
occasione della verifica operata sulla posizione della La Marca, nel 2005, in
relazione al periodo di imposta 1998, quando ormai da vari anni, ossia dal 1990,
l’attività imprenditoriale si era trasformata da lavorazione per conto terzi alla
trasformazione e commercializzazione in proprio dei tessuti; b) che pertanto i
redditi indicati dalla perizia per l’anno 1988 in euro 5.275,09 si riferiscono,
considerato il criterio valutativo adoperato, ai ricavi calcolati sulla merce
acquistata dall’impresa e non ai proventi derivanti dall’attività di trasformazione
per conto terzi.
4. Il ricorso proposto nell’interesse di Teresa Somma e Giuseppina Somma è
affidato ad un unico articolato motivo, con il quale si lamenta inosservanza ed
erronea applicazione dell’art.

2-ter della I. n. 575 del 1965 e successive

modificazioni, in relazione alla mancanza assoluta di motivazione rispetto alle
2

trasformazione su incarico della ditta Annunziata; c) che negli stessi anni non si

conclusioni raggiunte quanto al complesso immobiliare sito in Piazzolla di Noia, in
contrada Albertini.
Le ricorrenti, premesso di essere titolari dei beni, per effetto delle disposizioni
testamentarie del nonno, padre del proposto: a) sottolineano che la perizia
svolta nel giudizio di appello aveva confermato l’esistenza, in capo alla famiglia
Somma, di flussi finanziari sufficienti per poter effettuare gli investimenti dei
beni oggetto di confisca; b) svolgono, anche attraverso un esplicito richiamo al
ricorso proposto nell’interesse di Giovanni Somma, difese di contenuto

terzi interessanti, diversi dal proposto, assumono rilievo anche i redditi sottratti
all’imposizione fiscale.
5. Il ricorso proposto nell’interesse di Luigi Somma, dopo avere esplicitamente
riproposto i tre motivi del ricorso proposto nell’interesse di Giovanni Somma,
aggiunge anche i seguenti motivi.
5.1. Con il quarto motivo si lamenta inosservanza ed erronea applicazione
dell’art. 2-ter della I. n. 575 del 1965 e successive modificazioni, in relazione alla
mancanza assoluta di motivazione, in relazione alle acquisizioni patrimoniali che
avevano consentito di realizzare l’opificio di Saviano, costruito anche grazie al
contributo statale a fondo perduto di cui alla I. n.488 del 1992. La specifica
doglianza indirizzata contro la decisione del giudice di primo grado, dal quale
risultava confiscato solo il terreno e non anche il fabbricato sovrastante, era
rimasta del tutto ignorata.
5.2. Con il quinto motivo si lamenta inosservanza ed erronea applicazione
dell’art. 2-ter della I. n. 575 del 1965 e successive modificazioni, in relazione alla
mancanza assoluta di motivazione, per avere la Corte territoriale considerato il
ricorrente proposto per la misura di sicurezza personale e formale intestatario
del fratello Salvatore in relazione ai beni.
Rileva il ricorrente: a) che, come dimostrato da una serie di atti e documenti,
egli sin dal 1988 era presente a pieno titolo nell’azienda familiare condotta da
Giovanni Somma senior e dalla moglie e che, a suo carico, sino a tutti gli anni
novanta del secolo scorso, non vi era neanche un indizio che lo collocasse fuori
dell’attività lavorativa; b) che le condotte illecite indicate a carico del ricorrente
dalla Corte d’appello erano collocate a partire dal 2000, quando le acquisizioni’
patrimoniali si erano completate, ad eccezione dell’opificio di Saviano, realizzato,
come detto, grazie al contributo previsto dalla I. n. 488 del 1992; c) che, in
definitiva, la Corte territoriale aveva omesso di motivare in ordine alla
pericolosità del ricorrente al momento delle acquisizioni.
5.3. Con il sesto motivo si lamenta violazione di legge, in relazione al principio
per il quale solo nel caso in cui le trasformazioni di beni già nella disponibilità del
3

sostanzialmente sovrapponibile a quest’ultimo; c) ribadiscono che, nel caso di

proposto assumano natura e valore economico preminenti rispetto a quanto
legittimamente acquisito può essere disposta la confisca del bene nel suo
complesso.
6. Nell’interesse dei ricorrenti sono state depositate note di replica alla
requisitoria del Procuratore Generale.

Considerato in diritto
1. Prima di esaminare i ricorsi, che presentano un nucleo comune di censure, cui
si aggiungono critiche calibrate sulla posizione dei singoli destinatari del

fondamentali del decreto impugnato, che, con riferimento all’immobile sito in
Piazzolla di Nola, contrada Albertini, ha chiaramente affermato che esso era
sempre stato nella disponibilità di Salvatore Somma, che ne aveva deliberato,
.programmato e finanziato l’acquisto e ne aveva sempre curato la gestione e
l’utilizzazione.
Pertanto, attesa la posizione del Somma, doveva ritenersi operante il principio in
forza del quale, in tema di confisca di prevenzione di cui all’art. 2-ter I. n. n. 575
del 1965 (attualmente art. 24 d. Igs. n. 159 del 2011), la sproporzione tra i beni
posseduti e le attività economiche del proposto non può essere giustificata
adducendo proventi da evasione fiscale, atteso che le disposizioni sulla confisca
mirano a sottrarre alla disponibilità dell’interessato tutti i beni che siano frutto di
attività illecite o ne costituiscano il reimpiego, senza distinguere se tali attività
siano o meno di tipo mafioso (Sez. U, n. 33451 del 29/05/2014, Repaci, Rv.
260244).
Fatta tale premessa, va poi ribadito che, di recente, la Corte costituzionale, con
sentenza 09/06/2015, n. 106, ha dichiarato non fondata la questione di
legittimità costituzionale «del combinato disposto» dell’art. 4, undicesimo
comma, della I. n. 1423 del 1956 e dell’art. 3-ter, secondo comma, della I. n.
575 del 1965 («ora art. 10, comma 3, e art. 27, comma 2», del d.lgs. n. 159 del
2011) «nella parte in cui limitano alla sola violazione di legge la proponibilità del
ricorso per cassazione avverso i provvedimenti di confisca adottati nell’ambito
dei procedimenti di prevenzione».
2.

Ciò posto, passando ad esaminare i tre motivi del ricorso proposto

nell’interesse di Giovanni Somma, le critiche di identico tenore sviluppate, anche
attraverso il richiamo al ricorso del fratello Giovanni, dal ricorso proposto
nell’interesse di Teresa Somma e Giuseppina Somma, e i primi tre motivi del
ricorso proposto nell’interesse di Luigi Somma, si osserva che essi sono
infondati, per le ragioni che seguono.

4

provvedimento impugnato, occorre considerare gli snodi argomentativi

Per intanto, poiché il bene risulta intestato a Giovanni, Teresa e Giuseppina
Somma, le critiche contenute nel ricorso proposto da Luigi Somma sono
inammissibili per carenza di interesse.
Per il resto, rileva il Collegio che, nonostante qualche incertezza lessicale, nel
decreto impugnato è chiaramente menzionato l’acquisto del terreno, destinato ad
ospitare la sede dell’impresa formalmente intestata ai genitori dei proposti, con
la conseguenza che la mancata precisazione che su tale suolo fu realizzato ex
novo un fabbricato rappresenta un dato assolutamente irrilevante, dal momento

a sostenere siffatto sforzo economico (e da questo punto di vista, a tutto voler
concedere, non si apprezza una significativa differenza tra l’intervento
ricostruttivo operato su un fabbricato esistente e l’edificazione di un autonomo
corpo edilizio).
Peraltro, come puntualmente rilevato dal decreto, non si trattava di un massiccio
investimento di risorse finalizzato ad un acquisto per così dire statico, come
quello avente ad oggetto la casa di abitazione, ma di un progetto di più ampio
respiro imprenditoriale, che si proiettava necessariamente nel futuro.
I ricorrenti, senza investire con alcuna censura la disponibilità del bene in capo a
Salvatore Somma, non ricorrente (se non nella memoria depositata dopo la
requisitoria del Procuratore generale e ipotizzando l’impiego di una presunzione
di fittizietà, da parte della Corte d’appello, in realtà, insussistente), valorizzano,
anche nella memoria depositata, dati reddituali tratti dagli elaborati tecnici,
trascurando di confrontarsi con il reiterato rilievo – giuridico e non tecnico contenuto nel decreto impugnato, secondo il quale i proventi che si assumono
essere stati ritratti dall’attività non potevano giustificare l’acquisto, in quanto
frutto di una ammessa e massiccia evasione fiscale.
D’altra parte, neppure si coglie una motivazione solo apparente nei rilievi
dedicati dalla Corte d’appello all’improvvisa prosperità dell’impresa intestata ai
genitori dei due proposti, perché essa razionalmente opera un raffronto tra
l’entità dell’attività antecedente agli anni 1987- 1988 (attività di scarso rilievo,
alla stregua degli elementi probatori raccolti: e sul punto non si registrano
critiche specifiche alla rilevata mancata ricostruzione, anche su basi congetturali,
di tali dati, da parte del consulente di parte) e quella contemporanea e
successiva (nel periodo in cui Salvatore Somma si colloca al vertice del potere
criminale nel territorio), che si caratterizza per la mole di materiale ricevuto in
conto lavorazione (e di tanto il decreto appare ben consapevole) – ciò che
richiede, evidentemente, per conseguire i redditi ricostruiti, anche adeguate
risorse produttive – e l’improvvisa acquisizione di ratti-7g bancario.

5

che il nucleo della motivazione si ravvisa nell’inadeguatezza dei redditi disponibili

3.

Il quarto motivo del ricorso proposto nell’interesse di Luigi Somma è

infondato, giacché la Corte territoriale ha chiaramente ricondotto i beni a lui
intestati (peraltro, anche Luigi Somma risulta destinatario, come ricordato in
principio di misura dì prevenzione personale), all’impiego di risorse ricavate
dall’impresa di famiglia, gestita dallo stesso Luigi e dal proposto Salvatore
Somma, e sottratte massivamente all’imposizione fiscale, con conseguente loro
irrilevanza a giustificare l’acquisto.
Tale profilo motivazionale non è contrastato dal ricorso, che opera un generico

signíficatività rispetto alla portata dell’operazione immobiliare e imprenditoriale
realizzata. Peraltro, secondo l’incontestata ricostruzione contenuta nel decreto
impugnato, la cui correttezza è riconosciuta dallo stesso ricorso, la doglianza
investiva la mancanza di specifica motivazione concernente l’opificio confiscato,
laddove nella decisione si apprezza appunto, e non in termini di mera apparenza,
una esplicita considerazione della fonte delle risorse impiegate.
4. Il quinto motivo ricorso proposto nell’interesse di Luigi Somma è infondato, sia
perché il decreto istituisce una stretta correlazione criminale tra Salvatore
Somma, della cui caratura criminale sin dal 1987 si è già detto, e Luigi Somma,
sia perché, a fronte comunque del rilievo assegnato al primo, la Corte territoriale
ha anche esplicitamente osservato, sia pure parlando del fabbricato situato in
località Albertini, ma con considerazioni chiaramente generali, che tutti i beni
acquistati o prodotti grazie all’investimento del capitale illecito erano riconducibili
alla disponibilità di Salvatore Somma.
5.

Il sesto motivo del ricorso proposto nell’interesse di Luigi Somma è

inammissibile per genericità, poiché si limita nella sostanza ad enunciare un
principio di diritto senza raccordarlo criticamente all’apparato motivazionale del
decreto impugnato.
6. Alla pronuncia di rigetto dei ricorsi consegue, ex art. 616 cod. proc. pen., la
condanna di ciascuno dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna ciascuno dei ricorrenti al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso in Roma il 16/02/2016

Il Componente estensore

Il Presidente

riferimento al contributo previsto dalla I. n.488 del 1992, senza illustrarne la

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