Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28657 del 16/05/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 28657 Anno 2013
Presidente: MARASCA GENNARO
Relatore: DE MARZO GIUSEPPE

SENTENZA
sul ricorso proposto da
Paolini Piero, nato a Portoferraio il 03/08/1946
avverso la sentenza datata 11/11/2009 del Giudice di pace di Portoferraio R.G. n. 40/2009
visti gli atti, il provvedimento impugnato, il ricorso e la memoria depositata nell’interesse del
Paolini;
udita in PUBBLICA UDIENZA la relazione svolta dal Consigliere Dott. Giuseppe De Marzo;
udito il Procuratore Generale, in persona del Dott. Sante Spinaci, che ha concluso per il
rigetto del ricorso;
udito, per l’imputato, l’Avv. Fabio D’Amato, iI quale ha concluso per raccoglimento del
ricorso.
Ritenuto in fatto
1. Con sentenza datata 11/11/2009 il Giudice di pace di Portoferraio, prendendo atto che la
persona offesa aveva dichiarato di non avere presentato querela nei confronti di Piero
Paolíni, destinatario del decreto di citazione a giudizio, ma di Giuseppe Paolini, ha dichiarato
non doversi procedere nei confronti dell’imputato per non avere commesso il fatto.
Il giudice di pace ha rigettato la richiesta di condanna della parte civile alla rifusione delle
spese e al risarcimento dei danni, rilevando: che tutte le parti avevano concordato sulla
considerazione che l’imputato non aveva commesso il fatto; che non vi era stata costituzione
di parte civile prima dell’apertura del dibattimento e che, al momento del deposito della
stessa, non era stata formulata alcuna eccezione da parte dell’imputato, che avrebbe dovuto
rilevare l’erronea indicazione nell’atto di costituzione così come nel decreto di citazione, che
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Data Udienza: 16/05/2013

per primo risultava errato così da indurre in errore il redattore dell’atto di costituzione di
parte civile; che in definitiva, tale comportamento dell’imputato aveva finito col consentire la
prosecuzione del giudizio.
2. Nell’interesse del Paolini è stato proposto ricorso per cassazione, affidato ad un unico
motivo, con il quale si lamenta erroneità ed illogicità della motivazione, per avere il giudice di
pace trascurato di considerare che l’imputato aveva potuto dimostrare la sua estraneità ai
fati solo a seguito dell’esame della persona offesa, la quale, pur avendo riconosciuto in tale
sede la estraneità ai fatti dello stesso, non si era preoccupata di far notare al P.M. l’errata

civile contro una persona che sapeva non essere colpevole.
3. Nell’interesse del Paolini è stata depositata memoria, nella quale sono state approfondite
le critiche sopra indicate.
Considerato in diritto
1. Va premesso che l’atto di appello proposto dall’imputato va qualificato come ricorso per
cassazione, ai sensi dell’art. 568, comma 5, cod. proc. peri., dal momento che
l’impugnazione è stata diretta contro una sentenza di proscioglimento del giudice di pace
(alt. 37, comma 2, d. Igs. n. 274 del 2000).
2. Nel merito il ricorso è infondato.
L’art. 542, comma 1, cod. proc. pen. rinvia all’art. 427 del medesimo codice, per ciò che
concerne la condanna del querelante alla rifusione delle spese e al risarcimento del danno a
favore dell’imputato.
Il comma 2 dell’art. 427 dispone che, nei casi previsti dal comma 1 (ossia, quando venga
pronunciata sentenza di non luogo a procedere perché il fatto non sussiste o l’imputato non
lo ha commesso), il giudice, quando ne è fatta domanda, condanna inoltre il querelante alla
rifusione delle spese sostenute dall’imputato e, se il querelante si è costituito parte civile,
anche di quelle sostenute dal responsabile civile citato o intervenuto. Quando ricorrono giusti
motivi, le spese possono essere compensate in tutto o in parte. Il comma 3 del medesimo
articolo 427 aggiunge che, se vi è colpa grave, il giudice può condannare il querelante a
risarcire i danni all’imputato e al responsabile civile che ne abbiano fatto domanda.
Nel caso di specie, la persona offesa ha proposto una querela indirizzata verso soggetto
diverso dall’odierno ricorrente, talché la necessità di difesa di quest’ultimo all’interno del
processo penale è scaturita essenzialmente dall’errata indicazione del nominativo nel decreto
di citazione a giudizio.
Il significato complessivo della motivazione, non affetta in tali argomentazioni da illogicità
manifesta, è sostanzialmente quello di avere ravvisato: a) quanto alle spese, l’esistenza di
giusti motivi per la compensazione, in ragione dell’errore materiale commesso ed indotto
dall’erroneità del decreto di citazione e del comportamento processuale susseguente sia
dello stesso imputato, che era rimasto silente sul punto (nel verbale d’udienza del
22/07/2009 si dà anzi atto che, a seguito del deposito dell’atto di costituzione di parte civile,

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indicazione del nominativo nel decreto di citazione e, anzi, aveva deciso di costituirsi parte

il giudice sente le parti che “nulla oppon gono”), in tal modo consentendo un’inutile
prosecuzione del processo, sia della persona offesa, che, appena era stata sentita
personalmente aveva dichiarato di avere presentato q uerela nei confronti di persona diversa;
b) quanto alla richiesta risarcitoria, per le stesse ra gioni, l’assenza di una colpa g rave di

q uest’ultima.
3. Alla decisione di rigetto segue la condanna del ricorrente al pa gamento delle spese
processuali.
P.Q.M.

pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma il 16/05/2013

Il Componente estensore

Qualificato l’appello come ricorso per cessazione, lo ri getta e condanna il ricorrente al

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