Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28653 del 07/05/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 28653 Anno 2013
Presidente: BEVERE ANTONIO
Relatore: LIGNOLA FERDINANDO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
MASTRILLI GIUSEPPINA N. IL 01/08/1951
avverso la sentenza n. 4631/2010 CORTE APPELLO di PALERMO,
del 26/11/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 07/05/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. FERDINANDO LIGNOLA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 07/05/2013

Il Procuratore generale della Corte di cassazione, dr. Giovanni D’Angelo, ha
concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
per il ricorrente è presente l’avv. Anna vittoria Vadino, che chiede l’accoglimento
del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

la sentenza del 20 ottobre 2010 del G.U.P. del Tribunale di Palermo, con la quale
Mastrilli Giuseppina era condannata per truffa aggravata ai danni dello Stato, falsità
Ideologica in atto pubblico per induzione in errore e falsità materiale commessa dal
privato in atti pubblici, in relazione alla presentazione presso l’ufficio territoriale del
governo di un falso verbale di visita medica collegiale, apparentemente redatto
dalla commissione medica per l’accertamento delle invalidità civili, con il quale
Induceva in errore il funzionario addetto alla verifica dei presupposti e requisiti della
concessione delle provvidenze economiche per invalidità civile, inducendolo ad
emettere un decreto di concessione e procurandosi un ingiusto profitto della
pensione e/o indennità di accompagnamento per l’ammontare complessivo di C
20.843,55.
2. Contro la decisione della Corte d’appello di Palermo propone ricorso per
cassazione l’imputata, con atto redatto personalmente, affidato ad unico motivo,
con il quale si deduce violazione dell’articolo 606 c.p.p., lettere B ed E, in relazione
agli artt. 133, 157, 482, 476 e 479 c.p. nonché 125 c.p.p., per non aver dichiarato
la prescrizione dei reati di falso, come riqualificati, poiché alla data del 26 novembre
2012 questi erano prescritti, essendo stati commessi in data anteriore e prossima al
30 giugno 2004.
Viene censurata altresì la motivazione in ordine alla quantificazione della pena,
ritenuta eccessiva, senza che siano enunciati, neppure sinteticamente, gli elementi
giustificativi della scelta.
CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile.
1.1 Con riferimento al primo profilo (omessa pronuncia della estinzione del delitto di
falso per intervenuta prescrizione) deve rilevarsi l’erroneità del calcolo dei termini
proposto dall’imputata.
Ed invero, avuto riguardo alla pena edittale massima prevista per i delitti di falso
contestati ai capi B e C (4 e 6 anni di reclusione), il termine fissato dagli artt. 157 e
161 c.p. pari a sette anni e sei mesi, per effetto degli atti interruttivi, aveva la sua
naturale scadenza al 30 dicembre 2011 (il fatto è stato commesso, secondo quanto
2

1. Con sentenza del 26 novembre 2012, la Corte d’appello di Palermo confermava

accertato in primo grado, il 30 giugno 2004); a tale termine va però aggiunto
l’ulteriore periodo di 1 anno, 6 mesi e 17 giorni, per effetto del rinvio all’udienza del
9 maggio 2012, disposto ex art. 2 ter del D.L. 23 maggio 2008 n. 92 (cd. Pacchetto

sicurezza), al 20 settembre 2012 ed il successivo rinvio al 26 novembre 2012 per
astensione degli avvocati dalle udienze; il termine finale di prescrizione resta fissato
al 17 luglio 2013 e, dunque, alla data odierna, non è ancora maturato.
1.2 Quanto poi alla motivazione in ordine alla quantificazione della pena, va
ricordato che la graduazione della pena, anche rispetto agli aumenti ed alle

discrezionalità del giudice di merito, il quale la esercita, così come per fissare la
pena base, in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 c.p. (Sez. 3, n.
1182 del 17/10/2007, Cilia e altro, Rv. 238851); ne consegue che è inammissibile
la censura che nel giudizio di cassazione miri ad una nuova valutazione della
congruità della pena.
Nel caso di specie la Corte d’Appello di appello di Palermo ha operato tale
valutazione con adeguata motivazione: “la pena appare determinata in misura non

eccessiva avuto riguardo alla gravità dei fatti commessi in danno del pubblico erario
ed alla prosecuzione delle condotte in un arco temporale rilevante”.
Siffatta linea argomentativa non presta il fianco a censura, rendendo
adeguatamente conto delle ragioni della decisione adottata; d’altra parte non è
necessario, a soddisfare l’obbligo della motivazione, che il giudice prenda
singolarmente in osservazione tutti gli elementi di cui all’art. 133 c.p., essendo
invece sufficiente l’Indicazione di quegli elementi che, nel discrezionale giudizio
complessivo, assumono eminente rilievo.
3. In definitiva il ricorso deve essere dichiarato inammissibile; alla declaratoria di
inammissibilità segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle
spese processuali nonché (trattandosi di causa di inammissibilità riconducibile alla
volontà, e quindi a colpa, del ricorrente: cfr. Corte Costituzionale sent. n. 186 del 713 giugno 2000) al versamento, a favore della cassa delle ammende, di una somma
che si ritiene equo e congruo determinare in Euro 1.000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro 1000 a favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 7 maggio 2013
Il Presidente

Il.Consiglire e tensore

diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti, rientra nella

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