Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28651 del 02/05/2016


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 28651 Anno 2016
Presidente: BRUNO PAOLO ANTONIO
Relatore: AMATORE ROBERTO

SENTENZA
sul ricorso proposto da :
SELETTO FEDERICO, nato a TRIVERO, il 30.06.1953 ;
MELLO GRAND CARLO ALBERTO, nato a BORGOSESIA, il 23.01.1981;
avverso la sentenza della Corte d’Appello di Torino del 3.3.2015 ;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso ;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Roberto Amatore ;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale Dott.ssa Paola Filippi
che ha concluso per il rigetto ;
RITENUTO IN FATTO
1.Con la sentenza impugnata la Corte d’Appello di Torino, in parziale riforma della sentenza
emessa dal Tribunale di Biella in data 15.3.2010, ha dichiarato non doversi procedere nei
confronti dei predetti imputati per essere il reato di cui all’art. 582 c.p. estinto per intervenuta
prescrizione.
Avverso la predetta sentenza ricorrono gli imputati, per mezzo del loro difensore, affidando la
loro impugnativa a due motivi di doglianza.
1.1 Denunziano i ricorrenti con il primo motivo l’inosservanza dell’art. 48 D.Igs. 274/2000 in
relazione alla incompetenza del Tribunale in favore del GdP. Deducono i ricorrenti l’erroneità
della decisione del giudice di appello là dove aveva ritenuto non tempestiva la eccezione di
incompetenza ai sensi del secondo comma dell’art. 23 e del primo comma dell’art. 491 c.p.p.,
norme che prevedono la rilevabilità della incompetenza, in tali casi, sino al compimento degli
accertamenti in ordine alla costituzione delle parti, con la conseguente declaratoria di
inammissibilità della detta eccezione che era stata sollevata per la prima volta con i motivi di
appello ; osservano inoltre che tale interpretazione era contraria all’art. 48 del d.lgs. 48/2000
e che, nel caso di specie, strideva ancor di più giacché la competenza del G.d.P. discendeva
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Data Udienza: 02/05/2016

dall’accertamento della insussistenza dell’aggravante di cui all’art. 585 c.p. ; rilevano infine che
il loro interesse alla impugnativa discendeva dalla possibilità di poter usufruire di modalità
alternative previste dal d.lsg. 274/2000, e ciò con particolare all’art. 35 del detto decreto.
1.2 Con il secondo motivo si censura la mancanza di motivazione in ordine alla quantificazione
del danno sofferto dalla parte civile.

CONSIDERATO IN DIRITTO

2.1 Deve essere sottolineato come la prescrizione del reato sia stata già dichiarata in grado di
appello.
2.2 Detto ciò, va subito sottolineato come in realtà già il primo motivo di ricorso sia
manifestamente infondato.
Sul punto, è già stato affermato che l’incompetenza del tribunale a conoscere di reati
appartenenti alla competenza del giudice di pace deve essere eccepita, a pena di decadenza,
entro il termine stabilito dall’art. 491, comma primo, cod. proc. pen., come richiamato dall’art.
23, comma secondo, cod. proc. pen.; né, a tal fine, rileva il disposto di cui all’art. 48 del
d.lgs.vo n. 274 del 2000, il quale non deroga al regime della non rilevabilità d’ufficio
dell’incompetenza per materia del tribunale a favore del giudice di pace, limitandosi a stabilire
che il giudice, qualora debba dichiarare l’incompetenza per materia a favore del giudice di
pace, la dichiara con sentenza e trasmettendo gli atti al P.M. e non direttamente al giudice di
pace ( Cass., Sez. 5, n. 25499 del 27/03/2015 – dep. 17/06/2015, Spadaro e altro, Rv.
265144).
2. Il secondo motivo è invece inammissibile per genericità.
Ed invero, la Corte ha fornito una motivazione adeguata sul risarcimento riconosciuto alla parte
civile, ricorrendo anche al principio di liquidazione equitativa del datto, e a fronte di ciò le
censure sono state versate in fatto e senza la necessaria specificità.
Alla inammissibilità consegue, ex art. 616 c.p.p., la condanna dei ricorrenti ciascuno al
versamento, in favore della cassa delle ammende, di una somma che appare equo determinare
in euro 1000.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
e della somma di Euro 1.000 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 2.5.2016

2. I ricorsi sono inammissibili.

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