Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28644 del 07/05/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 28644 Anno 2013
Presidente: BEVERE ANTONIO
Relatore: DE MARZO GIUSEPPE

SENTENZA
sul ricorso proposto da
Marchesini Denis Antonio, nato a Susa il 17/07/1960
avverso la sentenza del 18/10/2011 della Corte d’appello di Ancona R.G. n. 1662/2005
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA la relazione svolta dal Consigliere Dott. Giuseppe De Marzo;
udito il Procuratore Generale, in persona del Dott. Giovanni D’Angelo, che ha concluso per il
rigetto del ricorso;
udito, per l’imputato, l’Aw. Andrea Albanesi, il quale ha concluso per raccoglimento del
ricorso e, in subordine, per la declaratoria di intervenuta prescrizione.

Ritenuto in fatto
1. Con sentenza del 18/10/2011 la Corte d’appello di Ancona ha condannato alla pena
ritenuta di giustizia Denis Antonio Marchesini, avendolo ritenuto responsabile di fatti di
bancarotta fraudolenta per distrazione e documentale e per avere concorso a cagionare il
dissesto della Eurogel s.r.l. attraverso l’esposizione in bilancio di fatti non rispondenti al vero.
Per quanto ancora rileva, la Corte territoriale, dopo avere esaminato la posizione di Dennis
Mancin, amministratore di diritto della società e di altro coimputato, ha qualificato il
Marchesini come amministratore di fatto, rilevando che egli, presentatosi ai dipendenti sotto
altro nome, ma riconosciuto dalle foto, aveva fatto parte del, gruppo di persone che aveva
effettivamente gestito la società. In particolare, il Marchesini era costantemente presente in
azienda, accompagnava sempre il Mancin, si recava con quest’ultimo presso le banche,
controllandone l’operato (testi Mariani, Fioravanti, Mercuri, Santoni).
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Data Udienza: 07/05/2013

2. Nell’interesse del Marchesini è stato proposto ricorso per cessazione, affidato a due
motivi.
2.1. Con il primo motivo, il ricorrente lamenta inosservanza di norme processuali stabilite a
pena di nullità, per avere la Corte territoriale ritenuto valida la notifica dell’avviso di
conclusione delle indagini e del successivo decreto di citazione, effettuate con il rito previsto
per gli irreperibili, nonostante l’imputato fosse detenuto all’estero dal 18/09/2001 al
18/03/2003. Si aggiunge che, ai sensi dell’art. 420

ter cod. proc. pen., l’ordinanza

dichiarativa della contumacia è nulle se, al momento della pronuncia, vi è la prova che

assoluta impossibilità di comparire per caso fortuito, forza maggiore o altro legittimo
impedimento.
2.2. Con il secondo motivo, il ricorrente lamenta manifesta illogicità della motivazione per
non avere la Corte d’appello e il giudice di primo grado, pur in assenza di qualunque atto
contabile riferibile all’imputato, indicato le prove idonee a dimostrare le attività poste in
essere da quest’ultimo e la stessa sussistenza del dolo, in relazione al reato di bancarotta
fraudolenta documentale.

Considerato in diritto
1. Il primo motivo di ricorso è infondato.
Deve premettersi, in fatto, che la relazione dei carabinieri del 27/10/2001 che ha condotto al
decreto di irreperibilità del 19/11/2001, non contiene alcuna menzione di un arresto
all’estero del ricorrente.
Come puntualizzato da questa Corte, la notificazione degli atti all’imputato arrestato
all’estero non può eseguirsi che nelle forme dell’art. 165 c.p.p., ossia mediante consegna
dell’atto al difensore; in tal caso, infatti, avuto riguardo alle garanzie che devono circondare
specificamente le modalità di esecuzione delle notificazioni, non sono applicabili né le forme
previste dall’art. 156 cod. proc. pen. per gli imputati detenuti, giacché esse presuppongono
che l’imputato sia ristretto in stabilimenti carcerari posti nel territorio italiano, né quelle
previste dall’art. 169 cod. proc. pen., perché tali forme si riferiscono agli imputati i quali
all’estero abbiano la residenza o la dimora ovvero, si può aggiungere, agli imputati, quando
risulti dagli atti che essi siano detenuti all’estero (per tali principi, v. Sez. 6, n. 3217 del
11/10/1999, Rigo, Rv. 214534).
Nella specie, appunto, non risultano, al momento della notifica dell’awiso di conclusione
delle indagini, emergenze della detenzione all’estero del ricorrente.
Quanto al decreto di citazione, va ribadito che, una volta verificato, attraverso la relazione
del 10/04/2003, che il Marchesini era stato detenuto in Gran Bretagna e ne era stato
espulso, si è proceduto alla rinnovazione della notifica dello stesso e del verbale d’udienza e
la notifica è avvenuta, il 23/01/2004, ossia in un momento successivo al periodo di
detenzione indicato in ricorso, a mani dello stesso. Egli dunque legittimamente e liberamente
ha scelto di rimanere contumace.

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l’assenza è dovuta a mancata conoscenza dell’awiso a norma dell’art. 420 bis ovvero ad

Va aggiunto, posto che in ricorso si lamenta anche la violazione dell’art. 420 quater cod.
proc. pen., che la detenzione all’estero dell’imputato anche per altra causa costituisce
legittimo impedimento a comparire al dibattimento che si celebra in Italia nel procedimento
a suo carico, sempre che tale impedimento risulti dagli atti (Sez. 4, n. 41687 del 17/09/2004,
Capraro, Rv. 230179; v. anche Sez. 2, n. 24535 del 29/05/2009, Volpe, Rv. 244252), mentre
nella specie, nulla è emerso nel corso del giudizio di primo grado.
2. Il secondo motivo è inammissibile.

dei poteri tipici inerenti alla qualifica od alla funzione; nondimeno, “significatività” e
“continuità” non comportano necessariamente l’esercizio di “tutti” i poteri propri dell’organo
di gestione, ma richiedono l’esercizio di un’apprezzabile attività gestoria, svolta in modo non
episodico od occasionale. L’accertamento degli elementi sintomatici di tale gestione o
cogestione societaria costituisce oggetto di apprezzamento di fatto che è insindacabile in
sede di legittimità, se sostenuto da motivazione congrua e logica (Sez. 5, n. 43388 del
17/10/2005, Carboni, Rv. 232456).
Ciò posto, deve rilevarsi che la motivazione sopra ricordata della Corte territoriale, nel
valorizzare plurimi indici della concreta condotta gestoria del ricorrente, non esibisce alcuna
manifesta illogicità.
Certamente tale vizio non ricorre per l’assenza di atti contabili riferibili al ricorrente, giacché,
proprio il ruolo di fatto da lui assunto, rende assolutamente ragionevole l’assenza di tracce
documentali e la necessità di un accertamento della realtà fattuale condotta attraverso
l’esame di testimoni.
Con riferimento all’apporto di questi ultimi, espressamente indicati dalla sentenza impugnata,
deve rilevarsi l’assenza di qualunque specificità del ricorso e di qualunque concretezza delle
critiche, che non riposano, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., sulla
puntuale indicazione degli atti del processo dal quale emergerebbe il vizio motivazionale.
L’accertata attività gestoria del Marchesini consente di estendere anche alla sua posizione le
considerazioni svolte nella sentenza di primo grado, cui la decisione impugnata rinvia, a
proposito del dolo del reato di bancarotta documentale.
Va, infatti, ribadito, che, essendosi in presenza di una doppia pronuncia conforme in punto di
penale responsabilità dell’imputato, le motivazioni delle due sentenze di merito vanno ad
integrarsi reciprocamente, saldandosi in un unico complesso argomentativo (cfr., in
motivazione, Sez. 2, n. 46273 del 15/11/2011, Battaglia, Rv. 251550).
Ora, il Tribunale di Fermo, con motivazione che non esibisce alcuna manifesta illogicità, ha
sottolineato: a) che al curatore era stata consegnata solo una minima parte delle scritture e
dell’altra documentazione contabile, peraltro tenuta; b) che doveva pertanto ritenersi che
parte della contabilità fosse stata distrutta e occultata al sicuro fine di non consentire la
ricostruzione degli affari e i conseguenti atti distrattivi; c) che il fine della condotta era

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La nozione di amministratore di fatto postula l’esercizio in modo continuativo e significativo

evidente, in quanto al momento del fallimento la società era stata quasi completamente
“svuotata” dei beni e delle altre attività, con enormi difficoltà per il curatore e i creditori
sociali di ricostruire il movimento degli affari e di far valere le rispettive pretese (pag. 8 della
sentenza di primo grado).
3. Un’ultima considerazione riguarda un profilo non contenuto nei motivi di ricorso, ma
espresso nelle conclusioni. Si chiede che questa Corte, applicate le attenuanti generiche
prevalenti, valuti l’intervenuta prescrizione dei reati contestati.
Al di là della formula adoperata, si rileva: a) che il giudice di merito ha concesso anche al

sentenza di primo grado); b) il termine di prescrizione è destinato a spirare in data
25/07/2015.
A tal proposito, si rileva che la sentenza di primo grado è stata emessa in data 02/02/2005,
ossia prima dell’entrata in vigore della dalla legge 05/12/2005, n. 251.
Ai fini dell’operatività delle disposizioni transitorie della nuova disciplina della prescrizione, la
pronuncia della sentenza di primo grado, indipendentemente dall’esito di condanna o di
assoluzione, determina la pendenza in grado d’appello del procedimento, ostativa
all’applicazione retroattiva delle norme più favorevoli (Sez. U, n. 15933 del 24/11/2011 dep. 24/04/2012, Rancan, Rv. 252012).
Ne discende che, nella specie, deve trovare applicazione la previgente disciplina che, fronte
di reati puniti, come nella specie, con la reclusione sino a dieci anni, prevedeva un termine di
prescrizione di quindici anni (art. 157, corhma primo, n. 2, cod. peri.).
4. Alla decisione di rigetto segue la condanna del ‘ ricorrente al pagamento delle spese
processuali.

P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma il 07/05/2013
Il Componente estensore

Il Pr

ricorrente le attenuanti generiche prevalenti sulle aggravanti contestate (pag. 13 della

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