Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28639 del 21/09/2015


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 5 Num. 28639 Anno 2016
Presidente: BRUNO PAOLO ANTONIO
Relatore: PEZZULLO ROSA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
BUSCEMI ANTONINO N. IL 20/01/1989
avverso la sentenza n. 1765/2014 CORTE APPELLO di CATANIA, del
20/11/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 21/09/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ROSA PEZZULLO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.

Data Udienza: 21/09/2015

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
Generale, Dott. Enrico Delehaye, che ha concluso per l’annullamento
con rinvio limitatamente alla pena;

RITENUTO IN FATTO
1.Con sentenza in data 20.11.2014, la Corte di Appello di Catania
confermava la sentenza del G.U.P. del Tribunale di Catania, emessa in
data 23.6.2013, con la quale Buscemi Antonino era stato riconosciuto
colpevole del reato di cui agli artt. 110, 624 e 625 n. 2 e 7 c.p., per il

con le aggravanti dell’esposizione alla pubblica fede e dell’effrazione
della serratura di uno sportello e condannato con la diminuente per il
rito abbreviato alla pena di anni tre di reclusione ed euro 400,00 di
multa.
2.Avverso tale sentenza ha

proposto

ricorso per cassazione

l’imputato, affidato a due motivi, con i quali lamenta:
-con il primo motivo, la ricorrenza dei vizi di cui all’art. 606, primo
comma, lett. b) ed e) c.p.p., in riferimento all’inosservanza dell’art.
63/4 c.p.; ed invero il giudice d’appello ha errato nel calcolo della
pena, poiché ha operato due aumenti di pena ad effetto speciale nella
loro massima estensione, oltre un terzo illegittimo aumento, secondo i
canoni comuni: quello relativo alla prima circostanza aggravante di cui
all’art. 625, comma 1, c.p. (secondo il binario di pena di cui allo
stesso comma 1), quello relativo alla seconda circostanza aggravante
prevista dall’art. 625, comma 1, c.p. (secondo il binario di pena
individuato poi dal comma 2 dello stesso articolo) e quello relativo alla
circostanza aggravante di cui all’art. 99, comma 4, c.p., mentre ai
sensi dell’art. 63, comma 4, c.p.:

“se concorrono più circostanze

aggravanti tra quelle indicate nel secondo capoverso di questo
articolo, si applica soltanto la pena stabilita per la circostanza più
grave, ma il giudice può aumentarla”; in base a tale disposizione il
Giudice di secondo grado, pertanto, poteva applicare soltanto la pena
stabilita per la circostanza più grave, immediatamente applicabile alla
pena base di cui all’art. 624 c.p., ossia quella delineata dal primo
comma dell’art. 625 c.p., che si scontra da subito con quella ex art.
99/4 c.p.; il dettato codicistico è chiaro: in presenza di più circostanze
aggravanti ad effetto speciale si applica la pena per la circostanza più
grave, eventualmente aumentabile secondo le regole comuni ed il
legislatore, al comma 4 dell’art. 63 c.p., adopera pacificamente la
forma singolare del sostantivo circostanza, riferendosi ad un singolo
1

furto di un’autovettura in concorso con Sampognaro Marco Rosario,

elemento di fatto che connota un’ipotesi di reato; i giudici di merito
hanno, dunque , erroneamente computato la pena, su di un binario di
sanzione che si sottrae illegittimamente al meccanismo calmieratore
generale di cui al comma 4 dell’art. 63 c.p., quello di cui al secondo
comma dell’art. 625 c.p.; ove non accolta tale tesi, se ne deve
concludere per l’illegittimità costituzionale, della disposizione di cui al
secondo comma dell’art. 625 c.p. sulle “circostanze aggravanti”,
dettata in tema di furto, correlata alla disposizione di cui al IV comma

diminuzioni di pena”: prevista in seno alla disciplina generale delle
circostanze del reato; infatti, qualora non si reputi corretta
l’interpretazione del combinato disposto delle norme indicate (secondo
una lettura costituzionalmente orientata), per come rassegnato nel
primo motivo di ricorso, appare evidente la violazione del principio di
eguaglianza di cui all’art. 3 della Costituzione; invero, ciò che ha
ignorato il Giudice dell’appello è che quando il Legislatore ha voluto
che le circostanze aggravanti di cui all’art. 625, comma 1, c.p.
concorressero nella loro pienezza sanzionatrice, ex comma 2, fra loro
stesse – o con altre ad effetto speciale – ha appositamente estromesso
due degli elementi accidentali indicati dal comma 1 dell’art. 625 c.p.
da quel novero ai sensi dell’art. 624 bis c.p.; non può infatti ignorarsi
che oggi il fatto di cui all’art. 624 bis c.p. può comportare
l’applicazione di un aumento ad effetto speciale, secondo il comma 3
dello stesso art. 624 bis c.p., in piena armonia con il dettato di cui
all’art. 63, comma 4, c.p. e, pertanto, non si comprende, perché colui
che si macchia dei reati di furto in abitazione e di furto con strappo
debba avere un trattamento più favorevole rispetto a colui che si
macchia del furto comune aggravato da due circostanze, sicchè
irragionevole appare grave tale trattamento sanzionatorio, rispetto
anche a quello ideato in riferimento a fattispecie ben più gravi; la
questione appare rilevante nel presente giudizio, poiché – in
conseguenza di una pronuncia d’incostituzionalità all’imputato
deriverebbe un più mite trattamento sanzionatorio, perché il binario di
pena – all’interno del quale individuare il trattamento per lo stesso,
sarebbe da rintracciare in quello descritto al primo comma dell’art.
625 c.p. (da uno a sei anni di reclusione), eventualmente aumentato
entro il terzo, come previsto dall’ultimo inciso del comma quarto
dell’art. 63 c.p.;

2

dell’art. 63 c.p. in tema di “applicazione degli aumenti o delle

-con il secondo motivo, il vizio di cui all’art.606, primo comma, lett. e)
c.p.p., in riferimento alla manifesta illogicità della motivazione del
provvedimento impugnato, in punto di commisurazione della pena ed
alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche,
atteso che la Corte territoriale ha ritenuto il fatto di tale gravità, da
meritare una pena di anni quattro e mesi sei di reclusione, poi ridotta
per il rito abbreviato; la condotta ascritta all’imputato, tuttavia, non
appare sì grave da mostrare un disvalore, tale da meritare tale

riferimento alla funzione dei passamontagna a commettere più gravi
delitti ha illogicamente posto alla base di un trattamento di pena sì
aspro elementi in conferenti.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile, siccome manifestamente infondato.
1.11 primo motivo di ricorso, con il quale l’imputato si duole dell’errato
calcolo della pena in dipendenza della presenza di più circostanze
aggravanti, ravvisabili nel fatto in contestazione, oltre a presentarsi
generico, non confrontandosi compiutamente con le argomentazioni
sviluppate sul punto

nella sentenza impugnata, in risposta ad

analoga censura mossa con l’appello, è, in ogni caso, completamente
destituito di fondamento.
1.1. Ed invero, i

giudici d’appello -dopo aver rilevato che nella

fattispecie in esame- correttamente il primo giudice aveva ritenuto
sussistente l’ipotesi di un furto pluriaggravato di cui all’art. 625 n. 2 e
7 c.p., nonché della recidiva reiterata specifica e infraquinquennale,
circostanza ad affetto speciale- hanno valutato la correttezza del
percorso logico del primo giudice, laddove quest’ultimo ha ritenuto
che tale circostanza ad effetto speciale concorresse con quella
prevista dall’art. 625, ultimo comma, c.p., ed ha, quindi, applicato la
regola dettata dall’art. 63, comma quarto, c.p.. Inoltre, ha ritenuto
corretta la valutazione che la circostanza ad effetto speciale prevista
dall’art. 625, ultimo comma, c.p., prevedendo un aumento superiore
ai due terzi, fosse più grave rispetto alla recidiva reiterata, specifica e
infraquinquennale, concludendo che le modalità di calcolo delle pena
irrogata dal primo giudice, considerando quale pena base quella
prevista dall’art. 625, ultimo comma, c.p. -contemplante una sanzione
edittale specifica nel caso di ricorrenza di più aggravanti prevedute
negli articoli precedenti, od in caso di concorso di una di tali
circostanze, con altra tra quelle indicate nell’art. 61 c.p. – (e così

3

risposta sanzionatoria e, comunque, il giudice di merito con il

pena base anni 3 e mesi 6 di reclusione ed C 4 00.00 di multa,
aumentata ex art. 63 IV c.p. per la recidiva, ad anni 4 e mesi 6 di
reclusione ed C 600,00 di multa, ridotta per il rito ad anni 3 di
reclusione ed C 400, 00 di multa).
1.2.Tale valutazione non merita alcuna censura, atteso che,

si

presenta rispettosa del principio affermato da questa Corte, secondo
cui, la recidiva è circostanza aggravante, ad effetto speciale, quando
comporta un aumento di pena superiore a un terzo e, pertanto,

tipo, alla regola dell’applicazione della pena, prevista per la
circostanza più grave, e ciò, pur quando, l’aumento che ad essa segua
sia obbligatorio, per avere il soggetto, già recidivo per un qualunque
reato, commesso uno dei delitti indicati all’art. 407, comma secondo,
lett. a), cod. proc. pen.

(Sez.

U, n. 20798 del 24/02/2011, Rv.

249664). In proposito deve ritenersi circostanza più grave quella
connotata dalla pena più alta nel massimo edittale e, a parità di
massimo, quella con la pena più elevata nel minimo edittale, con
l’ulteriore specificazione che l’aumento da irrogare in concreto non
può, comunque, essere inferiore alla previsione del più alto minimo
edittale, per il caso in cui concorrano circostanze, delle quali l’una
determini una pena più severa nel massimo e l’altra più severa nel
minimo.
1.3. Il fatto, poi, che l’art. 63/4 c.p. adoperi il singolare, facendo
riferimento alla “circostanza” più grave, laddove l’art. 625/4 c.p. fa
riferimento alla pluralità di circostanze, non esclude che anche in tale
ultimo caso, la norma a cui far riferimento sia quella specifica, dettata
in tema di più aggravanti previste dall’art. 625 u.c., e che l’utilizzo del
singolare nell’art. 63/4 c.p., nel caso specifico, assume l’indubbio
significato della considerazione unitaria contenuta nell’art. 625/2 c.p.

(“se concorrono due o più delle circostanze prevedute dai numeri
precedenti …la pena è della reclusione da tre a dieci anni “),
effettuata a monte dal legislatore. La lettura alternativa offerta
dall’imputato tralascia ingiustificatamente ed incomprensibilmente il
chiaro ed inequivoco disposto dell’art. 625/2 c.p., che intende
espressamente punire con maggiore severità le condotte che si
caratterizzano per la presenza di una pluralità di aggravanti, tra quelle
previste dal medesimo art. 625 c.p..
1.4.In tale contesto del tutto corretta si presenta la valutazione
effettuata dai giudici d’appello, secondo cui alcun profilo di
4

soggiace, in caso di concorso con circostanze aggravanti dello stesso

incostituzionalità, ai sensi dell’art. 3 Cost., è dato ravvisare nel
disposto dell’art. 625/2 c.p., in relazione all’art. 63/4 c.p., atteso che
la scelta del legislatore di sanzionare in modo più rigoroso i soggetti
che si rendano responsabili di delitti di furto pluriaggravato, rispetto a
coloro che, con la loro condotta, determinino l’integrazione di una sola
circostanza aggravante, e, dunque, di prevedere una forbice edittale
specifica, non appare irragionevole, ma al contrario, si presenta frutto
di una precisa scelta di politica criminale, non censurabile, che non

concreto disvalore del fatto reato accertato. Infatti, in tal caso, la
sanzione penale, non colpisce in modo diverso, e, dunque, in
violazione dell’art. 3 della Carta Costituzionale, soggetti che realizzano
la medesima condotta, ma prevede, in forza di scelte di politica
criminale, demandate al solo legislatore, sanzioni edittali distinte per
adeguare la pena alla gravità del fatto commesso. Inoltre, non si
rinviene alcuna violazione del principio di uguaglianza tra coloro che,
già recidivi, si rendano responsabili del delitto di furto aggravato
rispetto ai soggetti ritenuti colpevoli di diversi delitti contro l’ordine
pubblico, o la salute pubblica, come genericamente richiamati
dall’appellante, atteso che, come già rilevato, la violazione del
principio di cui all’art. 3 Costituzione ricorre in presenza di un
trattamento diversificato a fronte di situazioni analoghe. Pertanto ,
correttamente, sulla pena stabilita per il delitto di furto
pluriaggravato (che prevede una sanzione da tre a dieci anni di
reclusione), è stato applicato l’ulteriore aumento previsto dall’art. 63,
comma quarto, c.p., per la contestata e ritenuta sussistente recidiva,
per la gravità del fatto, la professionalità e abitualità dimostrata
dall’agente e la negativa personalità dello stesso.
2. Manifestamente infondato si presenta, altresì, il secondo motivo di
ricorso, relativo al trattamento sanzionatorio e specificamente in
merito al diniego delle circostanze attenuati generiche, atteso che non
appaiono in alcun modo censurabili le ragioni che hanno condotto a
tale diniego ed, in particolare, la gravità della condotta ascritta (furto
pluriaggravato commesso in orario notturno, laddove più difficili sono i
controlli delle forze dell’ordine), alla professionalità dimostrata dall’
agente ed alla presenza a bordo dell’auto di due passamontagna, tutti
elementi sintomatici dell’ intenzione dell’imputato di perpetrare più
gravi delitti, da valutarsi in uno alla personalità negativa dello stesso
(gravato da precedenti per rapina e furto), malgrado la sua giovane

5

lede l’eguaglianza tra cittadini, trovando specifico fondamento nel

età. Invero, le circostanze attenuanti generiche hanno lo scopo di
estendere la possibilità di adeguamento della pena in senso
favorevole all’imputato in considerazione di situazioni e circostanze
che effettivamente incidano sull’apprezzamento dell’entità del reato e
della capacità a delinquere dello stesso, sicché il riconoscimento di
esse richiede la dimostrazione di elementi di segno positivo (Sez. III,
27/01/2012, n. 19639), all’evidenza non effettuata nel caso in esame.
3. Alla declaratoria di inammissibilità segue per legge la condanna del

di causa di inammissibilità riconducibile a colpa del ricorrente (Corte
Costituzionale n. 186 del 7-13 giugno 2000), al versamento, a favore
della cassa delle ammende, di una somma che si ritiene equo e
congruo determinare in Euro 1000,00, ai sensi dell’art. 616 c.p.p..
P•chm.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali e della somma di € 1.000,00 in favore della
Cassa delle Ammende.
Così deciso il 21.9.2015

ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché, trattandosi

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA