Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28639 del 12/04/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 28639 Anno 2013
Presidente: DUBOLINO PIETRO
Relatore: BRUNO PAOLO ANTONIO

SENTENZA
Sul ricorso proposto da

MELIS Tullio, nato a Gairo il 27/08/1973

avverso la sentenza della Corte d’Appello di Cagliari del 23/11/2010.

Visti gli atti, la sentenza ed il ricorso;
sentita la relazione del consigliere Paolo Antonio BRUNO.
udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
Generale Oscar Cedrangolo, che ha chiesto l’inammissibilità del ricorso;
sentito, altresì, l’avv. Luigi Burchi, che ne ha chiesto, invece, l’accoglimento.

RITENUTO IN FATTO

1. Tullio Melis era chiamato a rispondere, innanzi al Tribunale di Lanusei, del
reato di tentato omicidio in danno di Biagio Murino, che aveva attinto con un coltello
a serramanico, di tipo pattadese, della lunghezza di cm. 25,5, con lama di cm. 12, in
varie parti dell’addome, del fianco sinistro, dell’ipocondrio sinistro ed al capo.

Data Udienza: 12/04/2013

Con sentenza del 28/11/2007 il Tribunale dichiarava l’imputato colpevole del
reato di lesioni personali aggravate ex art. 583, comma 1, n. 2, 585 e 61 n. 1 cod.
pen., così riqualificata l’originaria imputazione, e per l’effetto l’aveva condannato previa concessione delle attenuanti generiche equivalenti alle contestate aggravanti alla pena di anni uno e mesi undici di reclusione per il delitto di lesioni aggravate e di
mesi uno di arresto e C 100,00 di ammenda per la contravvenzione di porto illegale
di coltello. Lo aveva, altresì, condannato al risarcimento dei danni in favore della
consequenziali statuizioni.
1.1. Pronunciando sui gravami proposti dal Procuratore Generale di Cagliari e

dal difensore dell’imputato, la Corte di appello di Cagliari, con la pronuncia indicata in
epigrafe, rigettava l’impugnazione del PG e, in parziale accoglimento di quella
proposta in favore del Melis, escludeva l’aggravante dei futili motivi e,
conseguentemente, riduceva la pena alla misura di anni uno e mesi sei di reclusione;
confermava nel resto con ulteriori statuizioni di legge.
2. Avverso la pronuncia anzidetta il difensore dell’imputato, avv. Luigi Burchi,

ha proposto ricorso per cassazione, affidato alle ragioni di censura indicate in parte
motiva.
CONSIDERATO IN DIRITTO

IL. Con il primo motivo di impugnazione parte ricorrente denuncia violazione o

falsa applicazione della legge penale con riferimento all’art. 52 cod. pen.,
relativamente al mancato riconoscimento dell’esimente della legittima difesa pur in
presenza dei relativi presupposti.
Il secondo motivo lamenta identico vizio di legittimità con riferimento all’art. 55
cod. pen. per mancato riconoscimento, in linea gradata, della fattispecie
dell’eccesso colposo di legittima difesa.
2. Le due ragioni di doglianza – congiuntamente esaminabili stante l’identità di

logica contestativa che le accomuna – sono destituite di fondamento. Ed infatti,
parte ricorrente non ha ragione di dolersi del mancato riconoscimento dell’esimente
della legittima difesa, anche se il diniego appare giustificabile per motivi in parte
diversi da quelli espressi dal giudice di appello, che ha posto l’accento
sull’accettazione della sfida da parte dell’imputato.
Ed infatti, a differenza di quanto avviene con riguardo allo stato di necessità, la
configurabilità della legittima difesa non è di per sè esclusa dalla volontaria
accettazione di una situazione di pericolo ma solo dalla già prevista necessità di
dover fronteggiare quel pericolo mediante la commissione di un reato, come si

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persona offesa, costituitasi parte civile, nella misura ritenuta di giustizia, oltre

verifica nel caso dell’accettazione di una vera e propria “sfida” – comportando
questa, per sua natura, un inevitabile pericolo per la propria incolumità personale,
fronteggiabile solo con la lesione dell’incolumità altrui -, mentre non si verifica
quando ci si limiti semplicemente ad esporsi a possibili (ma non assolutamente
certe) iniziative aggressive altrui, senza essere a propria volta animati da alcun
intento aggressivo (cfr. Cass. Sez. 1, n. 9606 del 09/01/2004, Rv. 227222).
Ed infatti, indipendentemente da ogni riferimento all’idea di sfida – la cui

pericolo per la propria incolumità, fronteggiabile solo con l’aggressione altrui),
escludeva di per sé l’applicabilità dell’esimente (cfr. Cass. Sez. 1, n. 4874 del
27/11/2012, Rv. 254697) – assumeva primario rilievo, nel caso di specie,
l’insostenibilità della tesi difensiva, che reclamava l’esimente per il solo fatto che la
persona aggredita avesse messo la mano in tasca. Non era emerso da alcunché,
invero, che il soggetto agente potesse ragionevolmente ipotizzare che la persona
offesa tenesse in tasca un coltello, indipendentemente dal fatto che tale circostanza
potesse, poi, risultare vera o meno.
E’ di tutta evidenza, poi, che il mancato riconoscimento della legittima difesa
non consentiva l’accoglimento della gradata richiesta di applicazione dell’eccesso
colposo di cui all’art. 55 cod. pen.

3. Per quanto precede, il ricorso deve essere rigettato, con le consequenziali

statuizioni dettate in dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.

Così deciso il 12/04/2013

accettazione (implicando volontaria esposizione ad una situazione di inevitabile

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