Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28632 del 21/09/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 28632 Anno 2016
Presidente: BRUNO PAOLO ANTONIO
Relatore: PEZZULLO ROSA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
ROSATI GIUSEPPE PAOLO N. IL 06/08/1979
ROSATI DOMENICO N. IL 17/09/1972
avverso la sentenza n. 66/2013 CORTE APPELLO SEZ.DIST. di
TARANTO, del 15/07/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 21/09/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ROSA PEZZULLO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 21/09/2015

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale,
Dott.Enrico Delehaye, che ha concluso per il rigetto dei ricorsi;
RITENUTO IN FATTO
1.Con sentenza in data 15.7.2014 la Corte di Appello di Lecce, Sezione
distaccata di Taranto, in riforma della sentenza emessa dal Tribunale
monocratico di Taranto in data 14.3.2012 appellata, ai fini civili, dalla costituita
parte civile, Notarnicola Giuseppe, condannava Rosati Giuseppe Paolo e Rosati
Domenico al risarcimento dei danni in favore della parte civile che liquidava in

1.1.La Corte territoriale, contrariamente alla sentenza di primo grado- che
aveva assolto i Rosati dal reato di cui all’art. 110, 56, 610 c.p., per aver
compiuto, in concorso tra loro, con percosse e ripetute minacce, atti idonei
diretti in modo non equivoco a costringere Notarnicola Giuseppe e Notarnicola
Stefano ad interrompere la marcia del trattore di loro proprietà, non riuscendo
nell’intento per il pronto intervento delle forze dell’ordine, in considerazione
della non credibilità delle dichiarazioni delle p.o. in dibattimento- riteneva,
invece, non adeguatamente valutate le testimonianze raccolte e, quindi,
accoglibile la domanda risarcitoria.
2.Avverso tale sentenza hanno proposto distinti ricorsi Rosati Giuseppe Paolo
e Rosati Domenico, a mezzo dei loro difensori di fiducia, e specificamente:
2.1.Rosati Giuseppe Paolo, affidato a tre motivi, con i quali lamenta:
-con il primo motivo, la ricorrenza dei vizi di cui all’art. 606, primo comma,
lett. b), c) ed e) c.p.p., per l’inosservanza ed erronea applicazione della legge
penale e di norme processuali stabilite a pena di nullità, inutilizzabilità,
inammissibilità o decadenza, in violazione dell’art. 192 c.p.p. e mancanza,
contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione; in particolare, con la
sentenza di appello, da un lato, è stata ribaltata la sentenza di primo grado sulla
scorta delle dichiarazioni delle persone offese, dall’altro e contraddittoriamente
esse sono state ritenute non credibili, disattendendo, comunque, il principio di
diritto, secondo cui qualora la persona offesa si sia costituita parte civile e sia,
perciò, portatrice di pretese economiche, il controllo di attendibilità deve essere
più rigoroso rispetto a quello generico delle dichiarazioni di qualsiasi testimone;
-con il secondo motivo, la ricorrenza dei vizi di cui all’art. 606, primo comma,
lett. b), c) ed e) c.p.p. per l’inosservanza ed erronea applicazione della legge
penale e di norme processuali stabilite a pena di nullità, inutilizzabilità,
inammissibilità, o decadenza in violazione degli artt. 56-610 c.p., mancanza,
contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione, atteso che in nessuna
parte del testo della sentenza si ricava la prova che le persone offese siano
state di fatto ostacolate nel loro libero procedere nella marcia, risultando anzi

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complessivi euro 1.500,00.

provato il contrario, dal momento che i testi Buccoliero e Tinelli hanno
confermato che la larghezza della strada ed il posizionamento dei veicoli era tale
che alcun ostacolo si presentava per le persone offese; la Corte territoriale,
dunque, si limita solo ad intuire – sulla scorta di “dettagli” – e presupporre la
condotta materiale che costituisce presupposto indefettibile del reato contestato;
tutti gli elementi valorizzati dalla Corte, quali la mera richiesta di intervento, le
mancate spiegazioni del Tinelli e l’omessa sottoposizione degli imputati all’esame
non danno contezza della sussistenza dell’elemento materiale del reato

-con il terzo motivo, la ricorrenza dei vizi di cui all’art. 606, primo comma,
lett. b), c) ed e) c.p.p., per l’inosservanza ed erronea applicazione della legge
penale e di norme processuali stabilite a pena di nullità, inutilizzabilità,
inammissibilità o decadenza in violazione dell’art. 533 c.p.p. e mancanza,
contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione; la Corte di Appello ha
ribaltato la sentenza, sia pure ai soli fini civili, esclusivamente sulla base di una
rivalutazione delle testimonianze raccolte davanti al Tribunale, senza mai
procedere alla riassunzione delle prove dichiarative ritenute decisive; nello
specifico, non sono stati presi in considerazione alcuni elementi importanti,
valorizzati nella sentenza di primo grado, quali le conformi dichiarazioni dei testi
Buccoliero e Tinelli; la sentenza di appello si limita a giudicare come erronea la
valutazione delle prove da parte del primo giudice, senza però procedere a quella
puntuale disamina e confutazione della decisione di primo grado, richiesta dalla
giurisprudenza di legittimità, facendo sorgere il problema del se e in che termini
abbia violato l’art. 6 della CEDU;
2.2. Rosati Domenico, affidato ad un unico motivo, con il quale lamenta la
ricorrenza dei vizi di cui all’art. 606, primo comma, lett. b), ed e) c.p.p., atteso
che l’impugnata sentenza pecca di vizio motivazionale, dal momento che
fornisce una chiave di lettura contraddittoria ed illogica del materiale probatorio,
frutto di una opzione interpretativa sfavorevole al ricorrente; invero, i giudici
d’appello, pur dando rilievo alla testimonianza di Buccoliero Giovanni,
Carabiniere che si recò sul posto a seguito di una segnalazione della Centrale
Operativa, tuttavia, ignora il dato oggettivo inconfutabile, peraltro, riveniente da
una “testimonianza”, ritenuta di estremo rilievo, che il “mezzo agricolo” del
Notarnicola “riusciva a passare tra i due trattori agricoli di proprietà dei Rosati”,
valorizzando, invece, in maniera illogica e contraddittoria, la “dinamica descritta
dalle persone offese”; in tal modo, i giudici pervengono ad un sillogismo illogico,
oltre che contraddittorio, dal momento che manca qualsivoglia nesso di
consequenzialità logica, probatoria e motivazionale tra la premessa e la
conclusione, atteso che, se è pur vero che “la responsabilità penale

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contestato;

dell’imputato può essere provata anche mediante le sole dichiarazioni della
persona offesa”, tuttavia la dichiarazione della parte lesa, allorchè risulti
contrastata da più elementi probatori, deve essere valutata con estremo rigore;
in particolare, deve contestarsi proprio quello specifico passaggio motivazionale
della sentenza impugnata in cui la Corte di Appello ritiene “il teste” Notarnicola”
poco credibile quanto alle ragioni per cui si trovava alla guida del trattore del
fratello (un malore di quest’ultimo) ed ha anche verosimilmente esagerato nella
descrizione della condotta del Rosati; inoltre, i “significativi riscontri

teste della difesa Tinelli”, tali non sono, avendo i giudici d’appello evidenziato
che “i trattori dei Rosati erano stati parcheggiati ai lati della strada ed il
trattore del Notarnicola era al centro della strada, fermo; comunque il mezzo del
Notarnicola poteva passare perché ‘c’è parecchio spazio perché è bella larga”.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi di entrambi gli imputati sono infondati e verranno trattati
congiuntamente, quanto alle questioni comuni.
1. Il primo ed il terzo motivo di ricorso di Rosati Giuseppe Paolo adducono, in
sostanza, l’illegittimità della sentenza impugnata che ha ribaltato la sentenza di
primo grado -limitatamente agli effetti civili- attraverso una diversa valutazione
della medesima prova dichiarativa, senza procedere ad escutere nuovamente i
testi. Infatti, nel caso in esame, la Corte territoriale ha condiviso le censure
dell’appellante in ordine ad una non adeguata valutazione delle testimonianze
raccolte da parte del Tribunale, ritenendo di estremo rilievo la testimonianza di
Buccoliero Giovanni, Carabiniere della Compagnia di Massafra, che si era recato
sul posto a seguito di una segnalazione della Centrale Operativa, notando
Notarnicola Giuseppe e gli altri che evidenziavano di non poter passare con il
loro trattore, poiché la strada era ostruita, essendovi altri trattori agricoli di
proprietà di Rosati Giuseppe e “se non mi sbaglio pure c’era un altro Rosati, ed
altre persone”, verificando l’effettiva presenza dei due gruppi contrapposti.
Il Buccoliero, quindi, aveva invitato il Notarnicola a verificare se poteva
effettivamente passare e Notarnicola Stefano, messosi sul mezzo agricolo,
riusciva a passare tra i due trattori di proprietà dei Rosati.
I giudici d’appello, poi, valorizzavano le dichiarazioni della p.o., Notarnicola
Stefano, secondo cui durante il suo percorso ad un certo punto era stato
interrotto da Rosati Giuseppe Paolo, “proprio al centro strada, che mi ha bloccato
con la mano destra ha fatto… mi ha intimato l’alt, di fermarmi “, dopo che già
alcuni trattori degli imputati lo avevano rallentato:

“nel momento in cui stavo

diciamo quasi per passare, anche se ho trovato difficoltà, perché comunque non
nel primo, né il secondo, il terzo trattore, era spostato più al centro strada, e

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dell’accaduto” che la Corte di Appello ritiene di ricavare “dalla deposizione del

comunque mi impediva la possibilità di proseguire”.

Entrambi i fratelli si

opponevano al passaggio, in quanto “in quel posto non dovevamo lavorare….”
qua solo loro potevano lavorare”.
In proposito, la Corte territoriale ha rilevato che, pur essendo Notarnicola
Stefano teste poco credibile, quanto alle ragioni per cui si trovava alla guida del
trattore del fratello (un malore di quest’ultimo) verosimilmente esagerando nella
descrizione della condotta del Rosati (“è salito sulla trattrice, ha aperto lo
sportello, senza dire nulla mi ha dato uno schiaffo in faccia”), tuttavia questi

deposizioni, atteso che sebbene si intuiva chiaramente che il teste si trovava
alla guida del trattore, in quanto chiamato “in aiuto” dal fratello, al fine di far
valere la sua qualità di agente della Polizia di Stato, ciò toglieva rilevanza penale
alla condotta degli imputati.
1.1. In tale cornice probatoria, la Corte territoriale ha ritenuto di dover procedere
appunto ad una rivalutazione delle prove dichiarative, ritenendole sufficienti a
fondare il giudizio di responsabilità dei Rosati agli effetti civili.
Sul punto, deve osservarsi che non si rilevano profili di illegittimità, posto che
come già evidenziato da questa Corte, i principi affermati dalla sentenza della
Corte Europea dei diritti dell’uomo del 05/07/2011, nel caso Dan c. Moldavia, e,
più recentemente, dalla sentenza della medesima Corte del 04/06/2013, nel caso
Hanu c. Romania, ancorché fondati sull’art. 6, par. 1 della Convenzione europea
per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali e, in
particolare, sulla garanzia dell’equità del processo – garanzia che, in linea
generale, si estende, ai sensi dell’art. 6 cit., anche alle controversie sui diritti e le
obbligazioni di natura civile – si riferiscono, a ben vedere, alla posizione
dell’imputato rispetto all’accusa in materia penale.
Al riguardo, va rilevato che stessa Corte europea dei diritti dell’uomo ha
riconosciuto (sentenza del 04/03/2014, nel caso Grande Stevens c. Italia, par.
120 della motivazione) che le esigenze del processo equo sono più rigorose in
materia penale. La citata sentenza resa nel caso Hanu c. Romania, del pari,
muove dalla premessa che il modo in cui si applica l’articolo 6 ai procedimenti
dinanzi ai tribunali competenti per l’appello dipende dalle particolari
caratteristiche dei procedimenti interessati (par. 31 della motivazione).
Nel caso di specie, la decisione contestata concerne la riforma, ai soli effetti
civili, della pronuncia di assoluzione.
2. L’ulteriore profilo segnalato nel primo motivo di ricorso di Rosati Giuseppe
Paolo e nel motivo di ricorso di Rosati Domenico, circa il vizio motivazionale
relativo all’attendibilità delle p.o., da un lato, ritenute credibili solo parzialmente
non è fondato. Ed invero, la Corte territoriale ha ampiamente dato conto delle
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profili non erano in grado di inficiare il nucleo fondamentale delle sue

proprie valutazioni e, pur rilevando profili di “esagerazione” nelle dichiarazioni
rese dal Notarnicola, ha senza illogicità ritenuto che esse fossero pienamente
attendibili nel nucleo fondamentale, corroborate dalle dichiarazioni rese dal
Carabiniere Buccoliero, intervenuto sul posto nell’immediatezza.
In proposito, vanno richiamati i principi costantemente espressi da questa
Corte, secondo cui la valutazione della credibilità della persona offesa dal reato
rappresenta una questione di fatto, che ha una propria chiave di lettura nel
compendio motivazionale fornito dal giudice e non può essere rivalutata in sede

ex plurimis Sez. 6, n. 27322 del 2008, De Ritis, cit.; Sez. 3, n. 8382 del
22/01/2008, Finazzo, Rv. 239342; Sez. 6, n. 443 del 04/11/2004, dep. 2005,
Zannberlan, Rv. 230899; Sez. 3, n. 3348 del 13/11/2003, dep. 2004, Pacca, Rv.
227493; Sez. 3, n. 22848 del 27/03/2003, Assenza, Rv. 225232) all’evidenza
non ravvisate nella fattispecie.
3. Sulla base di quanto emerso dal dibattimento, pertanto, si presenta immune
da vizi la valutazione della Corte territoriale circa la piena configurabilità del
delitto ipotizzato di tentata violenza privata, contrariamente a quanto
evidenziato dai ricorrenti Rosati Giuseppe Paolo- specie con il secondo motivo di
ricorso- e da Rosati Domenico, avendo ripetutamente questa Corte rilevato che
integra il delitto di violenza privata la condotta di chi alla guida del proprio
veicolo, compie deliberatamente manovre, tali da interferire significativamente
nella guida di altro utente della strada, costringendolo ad una condotta diversa
da quella programmata (Sez. 5, n. 33253 del 09/03/2015); in altri termini, il
concetto di violenza ex art. 610 c.p. comprende qualunque condotta che valga a
impedire il libero movimento del soggetto passivo e ponga quest’ultimo
nell’alternativa di non muoversi, oppure di muoversi con il pericolo di menomare
l’integrità propria o altrui, compreso lo stesso agente che ha creato
consapevolmente l’ostacolo, non essendo altresì necessario, come sembra
presupporre il ricorrente, che l’impedimento sia assoluto
(Sez. 5, n. 41311 del 15/10/2008).
4. I ricorsi vanno, dunque, respinti e ciascun ricorrente va condannato al
pagamento delle spese processuali.

p.q.m.
rigetta i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso il 21.9.2015

di legittimità, salvo che il giudice non sia incorso in manifeste contraddizioni (cfr.

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