Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28616 del 22/06/2016


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 28616 Anno 2016
Presidente: IPPOLITO FRANCESCO
Relatore: CITTERIO CARLO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
LONGINOTTI MICHELE nato il 19/06/1986 a CHIAVARI

avverso la sentenza del 02/07/2015 della CORTE APPELLO di GENOVA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso udito in PUBBLICA UDIENZA
del 22/06/2016, la relazione svolta dalConsigliere CARLO CITTERIO
Udito il Procuratore Generale in persona del MARIO MARIA STEFANO PINELLI
che ha concluso per

Uditi difejSor Avv.;

z4 o

Data Udienza: 22/06/2016

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1

RITENUTO IN FATTO
1. Michele Longinotti è imputato di calunnia per aver dichiarato falsamente di
aver acquistato sostanza stupefacente in due o tre occasioni da Christian José
Parraga Chiriguaya, sapendolo innocente.

costituisce reato”.

1.2

Adìta dalle impugnazioni del procuratore della Repubblica e del

procuratore generale, con sentenza del 02.07.2015 la Corte d’appello di Genova ha
affermato la colpevolezza di Longinotti, condannandolo alla pena di due anni di
reclusione.
I Giudici d’appello non riferiscono le ragioni assolutorie del primo giudizio, ma
subito danno atto dei diversi percorsi argomentativi dei due atti di impugnazione.
Per quanto esposto in sentenza: secondo il procuratore generale, poiché Longinotti
aveva effettivamente acquistato stupefacente da Parraga, a suo carico avrebbe
dovuto ritenersi il fatto diverso per reato di falsa testimonianza; secondo il
procuratore della Repubblica, la mancata conferma dibattimentale delle
dichiarazioni accusatorie rese nelle indagini preliminari non erano dovute a minacce
di Parraga (mancandone alcuna prova e, in definitiva, lo stesso attuale imputato
avendo dato spiegazione congrua delle iniziali false accuse: una vendetta
determinata da gelosia per una ragazza contesa tra i due).
La Corte genovese spiega di condividere la seconda ricostruzione, precisando
che sussiste la calunnia perché l’originaria accusa di Longinotti a Parraga fu non di
una generica attività di spaccio, di una specifica cessione che sarebbe avvenuta tra
i due.

2. Longinotti ricorre a mezzo del difensore con due motivi di vizi alternativi
della motivazione: mancherebbe nella sentenza d’appello ogni confronto con la
sentenza di primo grado ed ogni critica specifica alla stessa; non sarebbe
“compiutamente illustrata” l’argomentazione del diniego delle attenuanti generiche.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato nei termini che seguono.

1.1 E’ stato assolto dal Tribunale di Chiavari il 26.10.2012 “perché il fatto non

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2

Il primo motivo, ancorché affronti il tema in termini in larga misura generici, il
evidenzia e deduce un dato oggettivo che emerge dalla motivazione della sentenza
d’appello.
Pur in fattispecie di prima condanna in appello, la Corte distrettuale non
risulta essersi adeguata alla giurisprudenza ormai consolidata della Corte in
materia: quando il giudice d’appello afferma per la prima volta la colpevolezza
dell’imputato assolto in primo grado, la motivazione che sorregge la decisione e dà
conto del percorso logico-giuridico che ha condotto alla deliberazione deve: essere

contraddittorietà, soli rilevanti ai sensi dell’art. 606, comma 1, lettera e), cod. proc.
pen.; confrontarsi espressamente con le argomentazioni con cui il giudice del primo
grado ha spiegato l’assoluzione; tener conto della regola di giudizio secondo cui “il
giudice pronuncia sentenza di condanna se l’imputato risulta colpevole del reato
contestatogli al di là di ogni ragionevole dubbio” (art. 533 cod. proc. pen.). Come è
stato affermato, « quando, immutato il materiale probatorio acquisito al processo,
afferma sussistente una responsabilità penale negata nel giudizio di primo grado, il
giudice d’appello deve confrontarsi espressamente con il principio dell’oltre ogni
ragionevole dubbio, non limitandosi pertanto (sia pure con motivazione per sè
immune dai vizi, tassativi e soli, indicati all’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. E) ad una
rilettura di tale materiale, quindi ad una ricostruzione alternativa, ma spiegando
perché, dopo il confronto puntuale con quanto di diverso ritenuto e argomentato dal
giudice che ha assolto, il proprio apprezzamento è l’unico ricostruibile al di là di
ogni ragionevole dubbio, in ragione di evidenti vizi logici o inadeguatezze probatorie
che abbiano caratterizzato il primo giudizio minandone conseguentemente la
permanente sostenibilità » (tra le altre, Sez. 6, sent. 8705 del 24.01.2013).
In definitiva, il giudice d’appello non può condannare limitandosi ad una pur
plausibile diversa valutazione dei fatti: deve spiegare perché, dopo le
argomentazioni del proprio diverso apprezzamento, quello del primo giudice non è
più sostenibile, perché è stato trascurato del materiale probatorio determinante (o
ne è stata affermata la presenza quando invece mancava) ovvero perché il
ragionamento era viziato da palesi illogicità o erronee applicazioni di criteri anche
normativi di valutazione della prova o di massime di esperienza risolventesi invece
in mere congetture. Altrimenti permangono due letture alternative dei medesimi
fatti, e ciò che solo rileva non è la maggiore o minore efficacia di persuasione di una
delle due quanto, appunto, proprio tale permanenza, per sé incompatibile con la
regola di giudizio dell’oltre ogni ragionevole dubbio.

immune dai vizi logici di mancanza/mera apparenza, manifesta illogicità e

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3

Nel nostro caso il Tribunale aveva argomentato dalla deposizione del
maresciallo Iandiorio la probabile genuinità delle dichiarazioni accusatorie iniziali,
per poi escludere la rilevanza penale della mancata loro conferma dibattimentale in
ragione del ritenuto ragionevolmente possibile timore nei confronti dell’accusato
Parraga, soggetto che qualificava contestualmente “di un certo spessore criminale”,
spiegando che il richiamo alla gelosia doveva considerarsi solo strumentale a
coprire tale timore.
La Corte d’appello pare invece attribuire credibilità alla versione

ordine al significato probatorio delle modalità dell’originaria narrazione dell’imputato
alla polizia giudiziaria e senza indicare ragioni di inadeguatezza probatoria o
illogicità intrinseca della prima ricostruzione.
La sentenza deve pertanto essere annullata con rinvio per nuovo giudizio: il
Giudice del rinvio si atterrà al principio di diritto sopra enunciato per la
deliberazione e la motivazione in fattispecie di prima condanna nel giudizio di
appello.
L’annullamento assorbe il motivo sulle attenuanti generiche.

P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della Corte d’appello
di Genova.
Così deciso il 22.6.2016

dibattimentale, senza tuttavia alcun confronto con l’apprezzamento del Tribunale in

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