Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28614 del 09/06/2016


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 28614 Anno 2016
Presidente: CARCANO DOMENICO
Relatore: CRISCUOLO ANNA

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Oriolo Giulio, nato a Napoli il 07/02/1979

avverso la sentenza del 31/03/2015 della Corte di appello di Napoli

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Anna Criscuolo;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Felicetta
Marinelli, che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Napoli ha confermato la
sentenza emessa il 4 febbraio 2010 dal locale Tribunale, che aveva dichiarato
Oriolo Giulio colpevole dei reati di favoreggiamento personale, resistenza e
lesioni a pubblico ufficiale e condannato, ritenute le aggravanti e la recidiva
contestate, alla pena di anni 2 e mesi nove di reclusione.
I giudici hanno ritenuto provata la responsabilità dell’Oriolo in base alle
dichiarazioni del maresciallo Di Resta, che, insieme ai colleghi, aveva predisposto

Data Udienza: 09/06/2016

un mirato servizio di osservazione per assistere all’incontro programmato tra i
proprietari di un’autovettura, oggetto di furto, e l’autore della richiesta estorsiva,
il quale, accortosi della presenza dei militari, si era dato alla fuga, abbandonando
le chiavi dell’autovettura. Rifugiatosi in un portone, aveva colpito il Di Resta, che
insieme ad altro militare, tentava di entrare, ma aveva sentito all’interno più
persone esortare i malviventi a fuggire; rimasto senza esito l’ordine di aprire ai
carabinieri, espressamente qualificatisi, il Di Resta aveva rotto con il calcio della
pistola i vetri del portone ed aveva visto l’imputato indicare all’estorsore,

pensato lui alle guardie. Entrato insieme ai colleghi, ai quali indicava la via di
fuga dell’estorsore, riuscito definitivamente a dileguarsi, il Di Resta, benché
sanguinante, era stato colpito dall’imputato con varie testate al volto, da altro
soggetto con pugni all’addome, mentre un terzo aveva tentato di sfilargli la
pistola.
Ritenuta la sussistenza dei reati contestati e l’adeguatezza del trattamento
sanzionatorio per la gravità del fatto e la capacità criminale dell’imputato,
attestata dalla recidiva contestata e ritenuta, l’appello è stato rigettato.

2. Avverso la sentenza propone ricorso il difensore dell’imputato, che ne
chiede l’annullamento per i seguenti motivi:
– mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione: la
Corte si sarebbe sottratta all’onere motivazionale, limitandosi a richiamare
integralmente la motivazione della sentenza di primo grado senza indicare le
ragioni per le quali la stessa andava condivisa;
– manifesta illogicità della motivazione ed erronea applicazione dell’art. 192
cod. proc. pen. in relazione agli artt. 378 e 337 cod. pen: la Corte ha condiviso
l’impianto accusatorio fondato sulle dichiarazioni del Di Resta senza fornire
adeguata risposta alle obiezioni difensive, specie alla luce delle perplessità
nutrite anche dal giudice di primo grado in ordine all’attribuibilità delle frasi
incitanti alla fuga. Si sostiene che la frase “ci hanno sgamati” non poteva
provenire dall’Oriolo, la cui partecipazione al reato presupposto è stata esclusa,
ma su tale punto la motivazione si limita a dedurne la prova del reato di
favoreggiamento;
– omesso esame dei motivi di gravame ed erronea applicazione dell’art. 99
cod. pen.: si eccepisce che la Corte ha reiterato l’errore di diritto in cui è caduto
il primo giudice, che era stato segnalato nei motivi di appello, in quanto la
recidiva è stata ritenuta con riferimento a reati commessi successivamente al
reato in esame ed in particolare, alla sentenza di condanna per un reato
commesso il 27 dicembre 2006 ovvero mesi dopo il fatto per cui si procede,

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sfuggito alla cattura, la via di fuga, sentendo rassicurare l’altro che avrebbe

commesso il 23 marzo 2016, divenuta irrevocabile il 22 ottobre 2008 ovvero a
distanza di due anni dai fatti in oggetto;
– erronea applicazione dell’art. 62 bis cod. pen. in relazione all’art. 133 cod.
pen.: la motivazione è carente in punto di diniego delle attenuanti generiche,
non essendo stati considerati il comportamento processuale dell’imputato o altri
elementi inerenti il fatto in grado di ridurre il trattamento sanzionatorio.

CONSIDERATO IN DIRITTO

proposte in appello, disattese dalla Corte territoriale con motivazione esauriente
e logica con la quale il ricorrente non si confronta affatto, insistendo nella propria
tesi difensiva e pretendendo una rilettura delle risultanze processuali,
inammissibile in questa sede.
1.1 II primo motivo è manifestamente infondato, risultando non solo
pienamente legittimo il richiamo alla sentenza di primo grado della quale il
giudice di secondo grado condivida il percorso motivazionale, ma anche perché,
nel caso in esame, la Corte di appello ha con autonoma motivazione giustificato
la decisione di conferma.
1.2 Anche il secondo motivo è infondato. Non solo va rilevato che la base
probatoria non era costituita dalle sole dichiarazioni del Di Resta, ma anche da
quelle dei militari intervenuti, ma, soprattutto, che è inconferente
l’argomentazione difensiva circa la non attribuibilità all’Oriolo della frase “ci
hanno sgamati”, logicamente attribuibile agli autori della pretesa estorsiva, in
quanto, come correttamente ritenuto dalla Corte di appello, proprio la presenza
dell’imputato nello stesso luogo ne rende evidente la consapevolezza della
precedente commissione di un reato da parte dei correi del fuggitivo,
effettivamente agevolato nella fuga e rassicurato circa l’azione ostruzionistica nei
confronti dei carabinieri, poi effettivamente posta in essere dall’Oriolo e da altri
soggetti, che lo coadiuvarono nell’azione oppositiva per ostacolare l’intervento
dei militari e garantire l’immunità all’estorsore. In modo logico e coerente la
Corte ha desunto dalla frase pronunciata dall’Oriolo “alle guardie ci penso io” sia
la consapevolezza del reato presupposto che il dolo del reato di resistenza e di
lesioni.
3. Quanto alla contestata recidiva specifica infraquinquennale la Corte ha
ritenuto corretta la contestazione in ragione delle condanne precedenti riportate
nel quinquennio, atteso che l’art. 99, comma 2 n. 2, cod. pen. fa riferimento alla

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1. Il ricorso è inammissibile perché meramente reiterativo delle censure

”condanna precedente” e non alla data di commissione del reato, così come la
qualità di recidivo semplice ex art. 99, comma 1, cod. pen. è connessa alla
necessaria qualità di “condannato” del soggetto cui tale qualità è riferita, va,
peraltro, rilevato che nella sentenza di primo grado il giudice valorizza la
precedente condanna al solo fine di giustificare il diniego delle attenuanti
generiche, risultando da detta condanna la commissione di più reati anche
specifici a distanza di pochi mesi dal fatto in esame, dunque, al solo fine di
rimarcare la capacità a delinquere dell’imputato.

congruamente motivato il diniego delle attenuanti generiche, in ragione della
gravità del fatto, della callidità dell’azione, della pericolosità e della capacità a
delinquere dimostrata dall’imputato.
All’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle
ammende, che si stima equo determinare in euro 1.500,00.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 1.500 in favore della cassa delle ammende.
Così deciso, il 09/06/2016.

4. Palesemente infondato e generico è anche il quarto motivo, risultando

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