Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28611 del 15/06/2016


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 28611 Anno 2016
Presidente: BLAIOTTA ROCCO MARCO
Relatore: DOVERE SALVATORE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
BEJAJ JULGERT N. IL 11/05/1990
avverso l’ordinanza n. 30/2016 TRIB. LIBERTA’ di TRENTO, del
01/03/2016
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. SALVATORE
DOVERE;
ak
“(é/sentite le conclusioni del PG Dott. Vt4AL.
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Uditi dife or Avv.;

Data Udienza: 15/06/2016

RITENUTO IN FATTO
1. Con l’ordinanza indicata in epigrafe il Tribunale di Trento, sezione per il
riesame, ha rigettato l’istanza di riesame avanzata da Bejaj Julgert nei confronti
dell’ordinanza emessa dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di
Trento, ritenendo che la detenzione di quasi nove chilogrammi di eroina (ma
sette sono costituti da sostanza da taglio) ed il trasporto di ulteriori trecento
grammi di cocaina e di una superiore quantità di eroina stesse a dimostrare la
sussistenza della necessità di interrompere il legame con una presumibilmente

Bejaj nelle operazioni di narcotraffico rendeva prevedibile la continuazione delle
attività illecita ove l’indagato fosse stato ristretto in abitazione e che, pur non
essendo contestata la partecipazione ad un reato associativo doveva ritenersi la
ricorrenza di “una situazione sostanzialmente simile a quella di cui” all’art. 275,
co. 3 cod. proc. pen.

2. Avverso tale decisione ricorre per cassazione personalmente il Bejaj
deducendo violazione di legge per non ,aver spiegato il Tribunale per quale
ragione il pericolo di reiterazione della condotta illecita non sarebbe eliminato in
caso di applicazione degli arresti domiciliari con le prescrizioni ritenute idonee;
anche la valutazione della personalità dell’imputato ed il ruolo assunto nella
vicenda avrebbe dovuto condurre ad una diversa valutazione.
Violazione di legge si ravvisa anche laddove il Tribunale ha posto un’analogia
tra la posizione del Bejaj e quella disciplinata dall’art. 275, co. 3 cod. proc. pen.;
la supposta esistenza di una realtà associativa non risulta contestata e non può
valere la presunzione stabilita dalla menzionata norma.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il ricorso è infondato, nei termini di seguito precisati.
Va rimarcato che il ricorso devolve a questa Corte unicamente la statuizione
concernente l’adeguatezza a soddisfare le esigenze cautelari (risulta ravvisato il
pericolo di recidiva) della sola misura della custodia in carcere.
Orbene, rammentato che, in

tema di misure cautelari personali,

l’insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza (art. 273 cod. proc. pen.) e delle
esigenze cautelari (art. 274 cod. proc. pen.) è rilevabile in cassazione soltanto
se si traduce nella violazione di specifiche norme di legge o nella mancanza
ovvero nella manifesta illogicità della motivazione, risultanti dal testo del
provvedimento impugnato. Il controllo di legittimità, in particolare, non riguarda
né la ricostruzione dei fatti, né l’apprezzamento del giudice di merito circa
l’attendibilità delle fonti e la rilevanza e concludenza dei dati probatori, per cui
non sono consentite le censure che, pur formalmente investendo la motivazione,

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stabile rete di trafficanti; che le modalità della condotta ed il ruolo assunto dal

si risolvono in realtà nella prospettazione di una diversa valutazione di
circostanze esaminate dal giudice di merito. Da ciò derivando che, ove venga
denunciato, con ricorso per cassazione, vizio di motivazione del provvedimento
cautelare in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, alla Corte di
legittimità spetta solo il compito di verificare se il giudice di merito abbia dato
adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare la gravità
del quadro indiziario a carico dell’indagato, controllando la congruenza della
motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni

probatorie (ancora, Sezione I, 12 dicembre 2007, Prisco).
Orbene, vale rilevare che il Tribunale ha motivato in merito all’adeguatezza
della sola misura carceraria rimarcando l’inserimento e comunque il rapporto tra
il prevenuto e un’associazione criminale – il che non equivale a ritenere la
partecipazione ad essa e chiarisce il senso dell’evocazione dell’art. 275, co. 3
cod. proc. pen. – sulla scorta della quantità considerevole di stupefacente, parte
del quale era detenutw dal Bejaj nella sua abitazione; sicché non solo questi
svolgeva il ruolo di corriere, secondo la versione fornita in sede di interrogatorio
per la convalida dell’arresto in flagranza di reato, ma anche quello di
magazziniere, per esprimersi con le parole del giudice territoriale.
Tale rilievo vale a sostenere l’affermazione della possibilità per il Bejaj di
continuare a delinquere una volta posto agli arresti domiciliari, poiché attinge la
propria ragionevolezza da riconosciuti criteri inferenziali.

4. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato ed il ricorrente condannato
al pagamento delle spese processuali.
Va disposto inoltre che copia del presente provvedimento sia trasmesso al
direttore dell’istituto penitenziario competente perché provveda a quanto
stabilito dall’art. 94 c. 1 ter disp. att. c.p.p.
P.Q.M.

rigetta nel resto il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
La Corte dispone inoltre che copia del presente provvedimento sia trasmesso
al direttore dell’istituto penitenziario competente perché provveda a quanto
stabilito dall’art. 94 c. 1 ter disp. att. c.p.p.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 15/6/2016.

della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze

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