Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 2861 del 17/10/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 2861 Anno 2014
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: ANDRONIO ALESSANDRO MARIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PANERO GIUSEPPE N. IL 21/10/1945
avverso la sentenza n. 201/2012 CORTE APPELLO di TORINO, del
02/11/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 17/10/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ALESSANDRO MARIA ANDRONIO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Pds-No”
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che ha concluso per kr , N UU-1~ N 5 o,- l
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Udito, per la parte civile, l’Avv
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Data Udienza: 17/10/2013

RITENUTO IN FATTO
1. – Con sentenza del 2 novembre 2012, la Corte d’appello di Torino ha
parzialmente confermato la sentenza del Tribunale di Alba – sezione distaccata di Bra
del 19 luglio 2011, con la quale l’imputato era stato condannato, per il reato di cui agli
articoli 101, comma 1, e 137, comma 6, del decreto legislativo n. 152 del 2006,
perché, in qualità di legale rappresentante di una società affidataria del servizio idrico
integrato che gestiva l’impianto di depurazione, effettuava uno scarico di acque reflue

novembre 2007). La Corte d’appello ha dichiarato non doversi procedere per
prescrizione per il fatto commesso il 23 ottobre 2007 e ha rideterminato la pena per il
residuo fatto – previa sostituzione dell’arresto con l’ammenda – nella complessiva
ammenda di euro 2532,00.
2. – Avverso la sentenza l’imputato ha proposto, tramite il difensore, ricorso per
cassazione, deducendo: 1) la violazione dell’art. 507 cod. proc. pen., perché le parti
processuali avevano concordato di acquisire alcuni atti e di definire la causa con
l’assoluzione ex art. 129 cod. proc. pen. ed avevano concluso senza altre richieste
istruttorie, ma, nonostante ciò, il giudice aveva emesso ordinanza con cui aveva
disposto l’acquisizione della convenzione tra la società dell’imputato e il Comune, con
ciò violando il disposto del richiamato articolo, il quale consentirebbe l’assunzione di
nuovi mezzi di prova solo “terminata l’acquisizione delle prove”; 2) la nullità del
decreto di citazione a giudizio per genericità del capo di imputazione, per la mancata
descrizione della condotta contestata all’imputato, in quanto non sarebbero stati
indicati i valori-limite che si assumono violati né i valori di concentrazione degli
inquinanti riscontrati nelle acque reflue scaricate; 3) la manifesta illogicità della
motivazione, sul rilievo che non si sarebbe tenuto conto della inesigibilità della
condotta dell’imputato, il quale aveva, peraltro, proceduto ad adeguati controlli
sull’impianto di depurazione; 4) l’erronea applicazione degli artt. 101 e 137 del d.lgs.
n. 152 del 2006, nonché la mancanza di motivazione sulla questione di legittimità
costituzionale sollevata sull’ultima di tali disposizioni, sul rilievo che i limiti stabiliti dal
decreto legislativo n. 152 del 2006 per gli scarichi di acque reflue sarebbero «più
severi di quelli stabiliti dal d.P.R. n. 236/88 con riferimento alla disciplina delle acque
destinate all’consumo umano», come evidenziato dal consulente tecnico del pubblico
ministero; 5) l’intervenuta prescrizione del reato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. – Deve essere dichiarata l’estinzione del reato per intervenuta prescrizione.

con superamento dei valori limite fissati per lo zinco (in Bra il 23 ottobre 2007 e il 27

3.1. – Come chiarito dalla giurisprudenza di questa Corte, il presupposto per
l’applicazione dell’art. 129, comma 2, cod. proc. pen. è costituito dall’evidenza,
emergente dagli atti di causa, che il fatto non sussiste o che l’imputato non lo ha
commesso o che il fatto non costituisce reato, o non è previsto dalla legge come
reato. Solo in tali casi, infatti, la formula di proscioglimento nel merito prevale sulla
causa di estinzione del reato ed è fatto obbligo al giudice di pronunziare la relativa
sentenza. I presupposti per l’immediato proscioglimento devono, però, risultare dagli

considerazione della chiarezza della situazione processuale. È necessario, quindi, che
la prova dell’innocenza dell’imputato emerga positivamente dagli atti stessi, senza
ulteriori accertamenti, dovendo il giudice procedere non ad un “apprezzamento”, ma
ad una mera “constatazione”.
L’obbligo di immediata declaratoria delle cause di non punibilità vale anche in
sede di legittimità, tanto da escludere che il vizio di motivazione della sentenza
impugnata, che dovrebbe ordinariamente condurre al suo annullamento con rinvio,
possa essere rilevato dalla Corte di cassazione che, in questi casi, deve invece
dichiarare l’estinzione del reato. In caso di annullamento, infatti, il giudice del rinvio si
troverebbe nella medesima situazione, che gli impone l’obbligo dell’immediata
declaratoria della causa di estinzione del reato. E ciò, anche in presenza di una nullità
di ordine generale che, dunque, non può essere rilevata nel giudizio di legittimità,
essendo l’inevitabile rinvio al giudice del merito incompatibile con il principio
dell’immediata applicabilità della causa estintiva

(ex plurimis, sez. 6, 1° dicembre

2011, n. 5438; sez. un., 28 maggio 2009, n. 35490, rv. 244275; sez. un., 27 febbraio
2002, n. 17179, rv. 221403; sez. un. 28 novembre 2001, n. 1021, rv. 220511).
3.2. – I presupposti per l’applicazione dell’art. 129, comma 2, cod. proc. pen.,
come appena delineati, non sussistono certamente nel caso di specie, con riferimento
agli atti di causa e al contenuto della sentenza impugnata.
Deve anzi rilevarsi che i primi due motivi di doglianza proposti, relativi a
violazioni di carattere processuale, sono tali che, anche se accolti, richiederebbero un
annullamento con rinvio con conseguente regressione del procedimento alla fase di
merito; regressione incompatibile, come visto, con l’immediata declaratoria della
prescrizione.
Quanto al terzo motivo di doglianza, lo stesso è inammissibile, perché riferito
alle valutazioni di merito contenute nella sentenza impugnata circa la responsabilità
penale e diretto sostanzialmente a proporre una ricostruzione alternativa dei fatti, a
3

atti in modo incontrovertibile tanto da non richiedere alcuna ulteriore dimostrazione in

fronte di una motivazione che risulta pienamente adeguata, laddove specifica che
l’imputato aveva piena cognizione del problema e non aveva mai affrontato i profili
organizzativi relativi alle modifiche da apportare all’impianto per rimanere nei
parametri stabiliti dalla legge.
Manifestamente infondato è, infine, il quarto motivo di doglianza, perché
relativo a una non meglio precisata questione di legittimità costituzionale, che avrebbe
ad oggetto la comparazione tra la disciplina degli scarichi e la disciplina delle acque

Si tratta del resto – come correttamente evidenziato dalla Corte d’appello e dal
Tribunale – di discipline che fanno riferimento ad ambiti fra loro diversi, essendo quella
di cui al decreto legislativo n. 152 del 2006 diretta a salvaguardare, non solo la salute
umana, ma anche l’integrità ambientale.
3.3. – Quanto alla prescrizione – oggetto dell’ultimo motivo di ricorso dall’esame degli atti risulta che il relativo termine complessivo di cinque anni è già
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o
ampiamente decorso prima della pronuncia della gen e sentenz trattandosi di
fatti che, secondo l’imputazione, risultano commessi nel novembre 2007, in presenza
di sospensioni del decorso della prescrizione per un periodo complessivo inferiore a
una settimana.
4. – La sentenza impugnata deve, dunque, essere annullata senza rinvio,
perché il reato è estinto per intervenuta prescrizione.
P.Q. M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, per essere il reato estinto per
prescrizione.
Così deciso in Roma, il 17 ottobre 2013.

destinate al consumo umano sotto il profilo della diversità dei valori limite fissati.

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